Full text of "Altrove"
Hi]
ALTROVE # 6
Comitato scientifico
e di redazione:
Claudio Barbieri,
Gilberto Camilla,
Massimo De Feo,
Maria Teresa Dolfin,
Roberto Fedeli,
Marco Margnelli.
Direttore
scientifico:
Gilberto Camilla
Coordinamento
editoriale;
Claudio Barbieri
Impaginazione:
Marco Bailone
Redazione:
ALTROVE
C/o SISSC
Casella Postale
10094 Giaveno - To
Quest! test! non
sono sottoposti ad
alcun copyright.
Febbraio 1999
NAUTILUS
r P1T11
10100 TORINO
soc/etA
/TAL/ANA
RER LO STUD/O
DEGL/ STAR
Di COSC/ENZA
Le fotografie
delle pagine 2-3
e 150-151
ritraggono dei
funghi-pietra
guatemaltechi
(1000 a.C. -
500 d.C.).
ALTROVE (annuario della SISSC) pubblica lavori riguardanti I’antropo-
logia, la botanica, I’etnologia, la farmacologia, la neurologia, la psicologia e
la storia delle religion! con particolare attenzione al campo in cui opera la
Societa Italiana per lo Studio degli Stati di Coscienza, cioe agli stati di co-
scienza ed ai mezzi, chimici e non, in grado di modificare tali stati. Esce, al
presente, annualmente e pubblica articoli, rassegne, document! di partico¬
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sti su una sola facciata di fogli di formato A4 (30 righe a pagina per 60
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stampa; non possono essere accettate eccessive modifiche al testo.
/ND/CE
Marcello Bersini: Coscienza e intelligenza artificiale
18
Maurizio Romano: Los Graniceros
39
Eugeni Porras Carrillo: Pewatero
50
Marco Margnelli: Ricerca psicodinamica con Ayahuasca
V
62
R. Strassman: Panoramica sulla ricerca con DMT
75
Chimica e farmacologia dell’Amanita muscaria
78
Italo Sanguineti: Le porte della percezione
85
V
m
Kamchadali e I’Amanita muscaria
86 <»•
Gilberto Camilla: I misteri di Samotracia e il culto dei Cabiri
100
Ezio Albrile: Montano e I'estasi frigia
109
Rosamaria Susanna Barbara: La danza del vento
122
La danza della Taranta
124
Gilberto Camilla: Lo sperma del sole
136
Mirella Castigli: L’altrove della chimica di sintesi
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La Societa Italiana per lo Studio degli Stati di Coscienza e stata fondata a
Rovereto nel dicembre del 1990. Essa si propone come sede aggregative e
di diffusione delle informazioni che riguardano il vasto e multidisciplinare
campo di ricerca degli stati di coscienza; un campo in cui le tematiche pos-
sono spaziare dagli stati di possessions e di trance sciamaniche alia
neurofisiologia degli stati estatici, dai nuovi movimenti religiosi e filosofici
“psichedelici” alia storia del rapporto umano (tradizionale e scientifico) con
i vegetal! e i compost! psicoattivi.
II rapporto dell’uomo con i suoi stati di coscienza - siano quest! indotti
mediants tecniche sonore, di danza, di deprivazione sensoriale, di assorbi-
mento di compost! psicoattivi, sia con le diverse tecniche che I’uomo sco-
prira ed elaborera nel prossimo futuro - si perde nella notte dei tempi, quale
costante continuamente fondants il divenire umano.
Ben oltre le diffuse manifestazioni repressive da un lato, e le profanazioni
deculturate dallo stesso lato dell’inconsapevolezza umana, le attivita della
SISSC intendono apportare contributi informativi e di studio per una seria e
libera ricerca sugli stati di coscienza.
2 A partire dal 1999 la SISSC diventa Casa Editrice, affiancando al bollettino
d’informazione quadrimestrale (inviato gratuitamente ai Soci SISSC) e alia
redazione scientifica di Altrove, edita da Nautilus, una serie di pubblicazio-
ni autonome.
Sempre nel 1999 la SISSC attivera un sito Internet.
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COSC/ENZA
IN TEL LIGENZA
ARTIFICIALE
Marcello
Bersini
Parma
State lavorando alia tastiera del vostro futuribile computer Apple Junior.
Computer ipotetico naturalmente, perche Apple Junior rappresenta il figlio
di quel frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male che fu il
primo personal computer, battezzato appunto Apple, la mela proibita, dai
suoi inventor! Stephen Wozniak e Steve Jobs. AH’improvviso sul monitor di
Apple Junior appare il seguente messaggio: COGITO ERGO SUM. Come rea-
gireste? Rene Descartes, quando pronuncid la medesima affermazione,
venne preso sul serio. Credereste anche ad Apple Junior? Quale potrebbe
essere il significato di ‘penso’ e ‘sono’ per Apple Junior? Potrebbe questa
giovane creatura cogliere la coscienza di se? E corpo, e mente, o e entram-
bi? Generalizzando: pub una macchina pensare?
Pub una macchina pensare?
Ma cos’e eftettivamente una macchina? Se per macchina si intende ‘qual-
cosa’ che fa ‘qualcosa’ allora la risposta potrebbe essere si - infatti in que-
sto senso I’essere umano e una macchina. In realta perb quello che si vuo-
le chiedere b piu specifico: pub una macchina ideata daH’uomo avere fun-
zioni costitutive del pensiero? Esistono propriety astratte, formal!, struttu-
rali che possono esser implementate su un supporto fisico qualunque e
che possono essere caratterizzate come pensiero?
In questo caso, se potessimo rispondere affermativamente, il pensiero sa-
rebbe lo stato di un substrato strutturale. L’ipotesi forte dell’IA (=lntelligen-
za Artificiale - qui a definire il genere di disciplina e a indicare il campo
d’indagine) ponendosi su un piano decisamente filosofico e rispondendo
affermativamente alia domanda, argomenta un’idea che ritiene vera: II cal-
colatore non b semplicemente uno strumento per lo studio della mente ma,
piuttosto, quando sia programmato opportunamente, b una vera
mente;...ciob i calcolatori letteralmente capiscono e posseggono altri stati
cognitivi" (J. SEARLE).
Ovviamente siamo ancora nell’ambito del possibile. In questa prospettiva
riA si propone come una ricerca per rendere simpatici i computer, alluden-
10
Ren6 Magritte,
Le faux miroir,
The Museum of
Modern Arts.
N.Y.
do con questo all’attuale e problematica modalita di interazione che ancora
oggi deve procedere in modo esplicito e dettagliato (cioe antipatico).
L’ipotesi debole dell’IA si situa in posizione meno estrema, pensando al
modello nel senso dell’utilita, come uno strumento provvisorio e semplifi-
cato rispetto alle funzioni intellettive umane. Perb il suo pregio nello studio
della mente consisterebbe nel fornirci uno strumento potentissimo. Si vuo-
le rendere i computer schiavi piu accettabili e affidare loro una parte del
nostro lavoro mentale: e un atteggiamento che non impegna ne sul piano
filosofico, ne sul come si ottengono i risultati, che sono Tunica cosa che
conta. Una posizione decisamente utilitaristica che rischia di tarsi sfuggire
il motive fondamentale della ricerca.
Dal punto di vista antropologico, nelTartificiale Tuomo sfoga il desiderio di
ricreare Tintelligenza nel senso della sua essenza. Nella civilta greca gli Dei
venivano rappresentati come super uomini. Originariamente Galatea era una
statua creata da Pigmalione. Ad opera finita Tautore se ne innamord (e si
innamord di se stesso attraverso Topera); allora Afrodite la rese una donna
vera. Gli egiziani costruivano statue con sistemi idraulici in grade di muo-
verle (animarle). Per questo le statue incutevano paura e riverenza. Ed ef-
fettivamente tutta la storia degli automi e plena di amore-timore: bambole
meccaniche, Faust, Frankestein; quest’ultimo e emblematico della paura
delTincontrollabile.
Molti sono convinti che TIA incoraggi Tidea alienante che Tuomo non sia
altro che una macchina. Gia nel secolo scorso si e dimostrato che la mac-
china per certi aspetti poteva sostituire Tuomo, ed e appunto quando essa
diventa importante che sorge la paura. Infatti tutti i moment! di cambiamen-
to della storia moderna sono condizionati dalTidea di che cosa sia una mac-
china. NelTottocento il treno era il mezzo meccanico per eccellenza (in quel
contesto parlare di macchina significava usare il vocabolario del treno).
Oggi abbiamo disponibile il computer e percid utilizziamo un diverse voca¬
bolario: ci riferiamo semplicemente ad un diverse modello. Parlando di in-
telligenza penseremo al computer in quanto e questo che determine la no-
stra epoca. L’lA lo sceglie come strumento principe: il pensiero viene visto
come processo computazionale, ossia una manipolazione razionale di sim-
boli. La prospettiva antropologica sviscera il carattere ontologico del rap-
porto fra il soggetto e un oggetto che assume forme sempre piu complesse
e strabilianti.
Per la filosofia occidentale, quindi su un piano decisamente speculativo,
riA e una disciplina che vuole capire e definire I’intelligenza. E il problema
mente-corpo ereditato da Cartesio che interessa biologi, neurologi e psico-
logi (tutta la storia della psicologia e dell’IA pud essere raccontata come
una reazione a questa profonda intuizione e ai suoi potent! influssi): come
mente e corpo si influenzano? E piu precisamente: come il fenomeno men-
tale e irriducibilmente psicologico ed alio stesso tempo dipendente da una
base meccanica - cervello e sistema nervoso? II problema viene affrontato
dairiA nello studio dell’elaborazione di informazioni da parte di un proces-
sore che pud non essere biologico. Viene offerto, sotto sotto, come model-
lo di mente, una elaborazione di informazioni di tipo computazionale.
Quindi, I’ipotesi forte e:
MENTE : CERVELLO = PROGRAMMA : COMPUTER
Mente e programma.- software, manipolazione di simboli
Cervello e computer; decodificatori,
agenti che trasformano i simboli in azioni o funzioni
Le operazioni mental! sono operazioni meccaniche la cui natura non dipen-
de dalla struttura fisica che le rende possibili. Ma gia le prime conseguenze
all’idea dell’ipotesi forte sono inquietanti:
Visto che I’intelligenza e una serie di operazioni meccaniche anche il ter-
mostato e intelligente (considerandolo una forma primitiva di pensiero).
La coscienza come capacita di comprendere un modello di se stessi non e
il presupposto del pensiero ma un possibile, non necessario, risultato: quindi
anche nella macchina, come nell’uomo, sarebbero possibili divers! gradi di
coscienza (un computer molto potente potrebbe sperimentare un qualche
grado di coscienza).
Limpresa dell’IA di capire e definire Lintelligenza e ambiziosa e, nonostante
oggi prenda le forme di questo rapporto con il meccanico e I’artificiale,
appartiene ad un’antica tradizione filosofica: il riduzionismo, che nel nostro
secolo ha preso la forma del fisicismo. Questo paradigma afferma che tutte
le leggi sono riconducibili a quelle della fisica. L’ipotesi forte e percid fon-
data su un riduzionismo ontologico: tutto e materia. Ma in un isolamento
nomologico (r?omos = legge) dove le leggi della fisica sono spieganti ma
non spiegate, si va incontro a serie difficolta ontologiche, non si riesce a
inquadrare il significato: dal punto di vista materialista non sembra essere
intelligibile il rapporto fra manipolazione di simbolo e significato.
Nel 1936 il matematico inglese Alan Turing sviluppd le basi teoriche dell’in-
formatica, Introducendo in particolare un modello astratto di macchina cal-
colatrice programmata, detta appunto Macchina di Turing (MT). Egli prese
spunto da un'analisi del processo mentale di calcolo e, benchd il suo lavo-
ro fosse puramente matematico, Turing usd a piu riprese una terminologia
In alto il visore
Fakespace Push,
nella pagina a
fianco il nuovo
casco Dynovisor
per \'home
entertainment.
antropomorfa parlando di ‘stati mentali’ per riferirsi a configurazioni interne
della macchina. Pochi anni piu tardi incomincio ad accarezzare il sogno di
costruire fisicamente tale macchina, continue a usare I’analogia originaria
parlando del suo progetto come della costruzione di un ‘cervello’.
II suo problema era di definire il concetto di ‘computazione’ che fino ad
allora era sostanzialmente un concetto intuitive: un insieme di regole e
direttive atte a rispondere ad un date problema, cioe un ‘algoritmo’. Le MT
sono macchine manipolatrici di simboli in grade di risolvere algoritmi spe-
cifici. Dal concetto ‘intuitive’ di algoritmo riusci ad ottenere un risultato
operative ‘formale’.
A Turing stava a cuore I’evidenziazione dell’essenza del concetto di mecca-
nismo e, secondo la sua analisi, I’essenza e data dalle istruzioni che ‘muo-
vono’ un dispositive le cui parti sono inessenziali. Turing considerava
irrilevanti i livelli riduzionistici di spiegazione, quali ad esempio la fisica o la
chimica: soltanto lo ‘schema logico’ di questi stati poteva essere realmente
rilevante. L’affermazione era che qualsiasi cosa un cervello facesse, lo fa-
ceva in virtu della sua struttura in quanto schema logico. Era materialismo
ma non certo di un’identita stretta fra evento mentale e processo cerebrale,
poichd per lui I’evento mentale e un fenomeno fisico (non ulteriormente
specificate) logicamente strutturato.
La conseguenza empirica del lavoro di Turing 6 riassunta nella tesi di Church:
non esiste una funzione numerica che I’uomo e non una MT possa compu-
tare. Altri matematici hanno proposto indipendentemente altre definizioni
formali di algoritmo: sono tutte risultate equivalenti alia definizione di MT.
II concetto epistemologico di computabiliti, considerate in un certo sense
assoluto, ha incoraggiato il progetto di meccanizzazione dell’intelligenza.
Turing in questa direzione ottenne un altro risultato notevole: dimostro che
in realta ogni possibile MT puo essere ‘simulata’ da un’unica macchina, per
questo chiamata Macchina di Turing Universale (MTU).
Tale MTU e il Personal Computer che fu decisamente una innovazione di
dimensioni gutemberghiane (c’e chi afferma addirittura che la liberta per-
sonale in ogni Paese si possa misurare in base al numero di PC in posses-
so degli individui).
Che relazione pud avere una MTU con una definizione di intelligenza?
Supponiamo un problema ipotetico:
Pensiero: la ricerca della conoscenza
codificato in problema aritmetico
input
MACCHINA DI TURING UNIVERSALE
Output
decodificato: soluzione del problema aritmetico
Soluzione del problema della conoscenza.
Quesito: quando la MTU risolve il problema, pensa? Ha coscienza? E intel-
ligente? Turing risponderebbe che non esistono ragioni per negare il feno-
meno alia macchina quindi, se supponiamo di si, come discriminare I’intel-
ligenza?
Turing non era certo convinto che il linguaggio dei numeri natural! fosse
sufficiente per codificare ogni problema, ma il suo assunto fu certo un grosso
passo avanti nella possibilita di simulare artificialmente il pensiero. Lo stesso
atteggiamento non polemico ma propositivo lo ebbe nel trovare il metro di
misura per I’intelligenza, che in future queste macchine avrebbero dimo-
strato di avere. Nel “Discor-
so sul Metodo" (1637)
Rene Descartes aveva so-
stenuto che nessuna mac¬
china avrebbe potuto ri-
spondere tanto bene in
modo da trarre in inganno
facendosi credere una per¬
sona. Turing, ribaltando tale
tesi, propone di risolvere il
problema grazie ad un test
detto 'prova dialogica di
competenza'. Una macchi¬
na pud essere capace di
prestazioni confrontabili a
quelle umane se d in grado
di conversare con un uomo
13
14
A fianco:
F. Kelly Frears,
partic., per
Astounding
Science,
Marzo 1954.
Nello sfondo
fotografia di
microchip
ingranditi
enormemente.
senza che questo si accorga di conversare con una macchina. Per I’lA clas-
sica quindi non era di estrema importanza ne il materiale con cui e costru-
ita una qualsiasi macchina, che non ha a che fare con la funzione calcolata,
ne i particolari costruttivi dell’architettura funzionale dal momento che ar-
chitetture different! - sfruttando programmi diversissimi - potrebbero cal-
colare la stessa funzione ingresso-uscita. II percorso e stato tracciato, in-
calcolabile il contribute del visionario predigitale Alan Turing, ed ora la mu-
tante forma del nucleo teorico sta passando per la contrada del
connessionismo, che e poi la ripresa del vecchio paradigma cibernetico.
Quali prospettive per il future?
Nel mondo scientifico la cibernetica ha segnato I’importante passaggio dal
‘modello di spiegazione dell’energia’ al ‘modello di spiegazione dell’infor-
mazione’ (Timothy Leary sostituisce la formula einsteniana E=mc’ con
I’equazione cibernetica l=mc’ - dove I sta per Informazione). Filosoficamente
e interessante il salto concettuale, il passaggio da una scienza come la
fisica che descrive gli event! all’interno di sistemi chiusi, alia cibernetica
che li descrive nell’ambito di sistemi aperti: I’informazione circola e si
arrichisce. Abbandonata come modello negli studi sui comportamenti in¬
telligent!, la cibernetica fu ripresa negli anni ottanta dopo che la scienza
della computazione dovette ammettere che i suoi modelli (in sostanza le
MT) non riuscivano a progredire oltre certi limit!. I connessionisti facevano
rilevare che la MT era troppo lontana dal ‘modo’ in cui opera il cervello.
Ecco le differenze: il numero di neuron! dentro un cervello e enorme; quello
di unita funzionali dentro un calcolatore molto piu basso. I neuron! sono
dispositivi estremamente lenti; il passaggio delle unita di informazioni (bit)
nei computer e velocissimo. I neuron! usano pochissima energia; i compu¬
ter parecchia e mancano di attivita chimica. II cervello compie operazioni
analogiche ed elabora in parallelo; il computer opera sequenzialmente e
non fa operazioni analogiche.
La strada giusta per i connessionisti non e I’architettura funzionale delle
macchine manipolatrici di simboli; per svolgere I’impegnativo compito di
riprodurre I’intelligenza proposero ‘reti neurali’ che simulano i process! stessi
del cervello (modello cibernetico detto connessionista). Perfarlo imitano la
struttura del cervello con divers! processor! (esecutori di calcolo), altamente
interconnessi tra loro e in cui la programmazione consists nel migliorare le
connessioni giuste a scapito di quelle sbagliate, si da arrivare a risultati
cognitivi complessi. La capacita delle reti di apprendere dall’esperienza e di
tollerare le imprecision! della vita reale, e cio che li rende molto piu plausi-
bili biologicamente. Eppure per computare le funzioni matematiche non c’e
macchina connessionista che possa rivaleggiare con una MT. I livelli che
consideriamo di ‘bassa’ intelligenza (problem! inerenti la visions, il ricono-
scimento degli oggetti, I’orientamento, aspetti di comprensione del linguag-
gio) sembrano meglio simulabili con soluzioni connessioniste, visto I’enor-
me numero di informazioni che la realty richiede; meglio adatta alls MT 6
I’attivita intellettuale ‘alta’ (funzioni matematiche) che coinvolge un bassis-
simo numero di informazioni.
Filosoficamente il problema del connessionismo 6 di non essere in grado di
spiegare mediants un isomorfismo funzionale come si passa dal funziona-
16
BIBLIOGRAFIA
HOFTADTER D. e
DENNET D.,
1985, Lio della
mente, Adelphi,
Milano,
in partic.:
TURING A.,
“Calcolatori e
intelligenza":
HOFTADTER D.
“II test di Turing,
una conversazio¬
ne al caffe;
SEARLE J.
“Mente, cervelli
e programmi".
In alto: casco
Dynovisor in
versione
prototipale con i
sensori V-Trak
durante una
dimostrazione.
mento neurale (delle connessioni) a
process! mentali superiori.
Gli elaboratori simbolici (MT) fanno il
contrario: spiegano i process! mental!
supenor! ma non nescono a stab!l!re un
!somorf!smo funz!onale a Nvello de!
neuron! del cervello. Probab!lmente,
ragg!unto lo stallo def!n!t!vo, ultehor!
progress! s! otterranno con la comb!-
nazlone de! due modell! anche se per
ora non s! sa esattamente come. Forse
sarebbe necessar!o, come afferma
M!nsky, dare alle ret! neural! lo stesso
tempo Che d!amo agl! uomln! per arn-
vare alia maturlta Intellettuale. Oppure
prestare ascolto alle voc! de! v!s!onar! del slllcio che c! presentano futur!
alia Blade Runner con opzion! ancora Inconceplblll. C! dicono con una pre-
sunzlone da mistic! meccanic! che In un futuro prossimo la convergenza fra
tecnologle blologiche e Informatica fara della forma umana una questlone
d! scelta.
Due delle principal! categorlzzazlon! della forma umana saranno I’umano
come macchina e I’umano In macchina: II prlmo un Ibhdo-Integrazlone blo-
macchlna, I’altro una vita elettronica su ret! computer. II nostro apparato
neurale operera In slllcio proprio come In precedenza aveva operate sulle
strutture blologiche del cervello. II bruco organico dl carbonlo potra tra-
sformarsl nella farfalla dl slllcio Immagazzinando, digitalizzando memorle e
credenze, penslerl e Intelligenza umana, In strutture Informatiche, In forma
elettronica vivente? E necessarlo decostruire, mlnimalizzare e digitalizzare
ogn! stimolo sensorlale per potersi registrare nella cosclenza. Trasmettere-
mo su base datl la nostra personallta usando quelle che saranno le nuove
generazloni dl software psicoattivl, programmi che consentiranno dl Imma-
gazzlnare la nostra routine quotidlana. In futuro la lettura passiva delle no-
stre vlte verra sostitulta dalla riscrittura attiva, sicche sara possiblle rivivere
le esperlenze del passato. Oppure quegll stessi programmi verranno Imple-
mentatl In ‘creature dl Turing’, non plu Immoblll sopra le scrivanie, ma IbrIdI
llberl dl relazlonare sensorlalmente con la realta fisica (repllcanti?).
CIbernetIca deriva dal greco kubernetes che significa ‘pllota’. Cosi II
cibernauta e colul che e affascinato da tutte quelle InformazlonI necessarle
per una navigazlone autosufficlente della realta In cul vivlamo, e per pllota-
re le Idee e II penslero In nuovi spazi dimensional!. II ciberpunk e gla un
estremista Informatlco; sono talvolta paragonatl ad alchimisti adepti del PC:
dl fronte alio ‘specchio magico’ del computer si trasportano In mondl dl
fantasmagorle caleldoscopiche con 'simboll segretr e ‘parole dl potere’. II
linguagglo dl questi futurl primordlall sara Iconico e trasmesso digitalmente
tramite fibre ottiche lampegglanti nel ricevltorl occhlo-fonicl dl realty vlr-
tuale. II ciberpunk, o chlunque lo voglla, potra Incontrare altrl come lui In
dimension! evanescenti ma presenti, mondl virtual! su misura. Queste espe¬
rlenze extracorpgree saranno possiblll grazle alia tecnologla mutazlonale
del cibervestitl. E CIberla questo mondo In cul II cervello potr^ navigare a
placere. II ciberspazio quindl come una matrice allucinatorla: "...6 un’allu-
cinazione consensuale”, ci dice William Gibson, “come se con questi stru-
menti sia possibile mettersi d’accordo e condividere le stesse allucinazioni.
In etfetti stiamo creando un mondo. Non e in realta un posto. Non e in realta
uno spazio. E spazio nozionale, concettuale”.
Einstein, Heisenberg, Plank, Bolu e altri determinarono gli element! fonda-
mentali dell’universo, unita informazionali alle quali il fisico Murray Gellmann
diede il nome di ‘quark’ (termine preso in prestito da un romanzo di James
Joyce); piccole particelle -bit- subatomic! vorticanti che si raggruppano in
configurazioni momentanee provviste di logica geometrica, pezzetti di in-
formazione di tipo acceso/spento (yin/yang?), grappoli di informazioni quasi
pure congelate.
Cos! lo psicologo visionario Timothy Leary descrive tutto cio: “Pensate al-
I’aggiustamento da capogiro necessario per questo. L’universo descritto da
Einstein e dagii scienziati nuclear! e alieno e terrorizzante. Caotico. La fisica
quantistica e, in un senso del tutto letterale, un folle trip in acido! Ne e
postulato un allucinatorio universo da ‘Alice nel paese delle meraviglie’ in
cui tutto e in mutamento. Come hanno detto Heisenberg e Jimi Hendrix:
“nulla e certo tranne I’incertezza”. La materia e energia. L’energia e materia
con accelerazioni di vario tipo, Le particelle si disciolgono in onde. Non ci
sono le direzioni su e giu in un film quadridimensionale. Tutto dipende dal
vostro atteggiamento, cioe dall’angolo dal quale vi avvicinate ai mondi reali
della caotica”. La psicologia quantistica (o cicologia), forte della teoria
einsteiniana della relativita indicante che le realta dipendono dal punti di
vista, e in virtu del principle di Heisenberg che afferma esserci un limite
alia determinatezza oggettiva, esaspera il tema della singolarita del punto di
vista assegnando ai cervelli di ognuno la responsabilita della costruzione di
realty La lingulstica quantistica ci dice che nella determinatezza soggettiva
si creano i propri mondi spiritual!.
II cervello, questo computer digitale organico di un chilo (computer di car-
ne diceva Mynsky) che elabora cento milioni di volte piu informazioni del
resto del corpo che pesa cento volte tanto, che e fornito di cento miliardi di
centri micro informatici (neuroni), e ancora una volta nella possibilita di
subire I’attivazione del suoi complessi circuit! detti siti recettori: attivazione
cibernetica in ‘videolandia’.'
Poi, ancora, crionica, clonazione, nanotecnologia, macchine replicant! a
livello atomico nelle singole cellule biologiche, controllo evolutive della spe¬
cie, vite in ‘virus informatici’, ‘interfaccia mioelettrica e...insomma quale
diramazione dendritica di possibilita promette I’orizzonte artificiale. Para-
frasando Arthur Clarke, ad un certo livello evolutive la tecnologia risulta
indistinguibile dalla magia: 6 un fatto mistico. Digitale fa rima con spiritua-
le. Nelle possibility che le evoluzioni dell’IA e delle scienze cognitive e
cibernetiche permetteranno, un individuo potrebbe esistere sotto molte for¬
me simultaneamente’. “Che significato abbia la parola ‘io’ in una situazione
del genere", ci dice ancora Leary, “sary materia di studio per i filosofi. Noi
riteniamo che la coscienza persisterebbe in ciascuna delle forme indipen-
dentemente, inconsapevole dell’automanifestazione delle altre forme se non
in comunicazione con esse”.
HOFTADTER D..
“Livelli di
descrizione e
sistemi di
calcolo", in:
Godel, Escher e
Bach, cap. 10,
Adelphi, Milano.
PUTNAM H..
1987, “La natura
degli stati
mentali”,
“Filosofia e vita
mentale”,
in: Mente,
linguaggio e
realta, Adelphi,
Milano.
17
PUTNAM H.,
1985, Ragione,
verita e storia,
Saggiatore, in
partic.: “Cervelli
in una vasca"
CHURCHLAND
PM. e
CHURCHLAND
PS., 1996, “Pud
una macchina
pensare?” in Le
scienze quaderni
n‘’91. Sett.
1996: Filosofia
della mente
(a cura di
CORDESCHI R.)
TIMOTHY LEARY,
1994, Caos e
cibercultura,
Urr^
RENt
DESCARTES,
1637, Discorso
sul metodo
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con // tempo
Maurizio
Romano
Antropologo,
Parma
La medicina tradizionale in Messico
Alcuni anni fa, precisamente nel 1988, realizzai una ricerca antropologica
sulla medicina tradizionale, chiamata anche medicina popolare, in Messi¬
co. Scopo della ricerca, che effettuai principalmente nello Stato di Morelos,
era lo studio e la documentazione di pratiche di tipo terapeutico condotte
dai curanderos, ossia i guaritori tradizionali. Cio fu possibile grazie ad una
borsa di studio che mi venne offerta dal Ministero degli Affari Esteri
messicano, tramite I’lnstituto Nacional de Antropologia e Historia (INAH).
In Messico per curandero si intends chiunque operi nel campo della salute
fisica e mentals, utilizzando metodi, tecniche e conoscenze tramandate di
generazione in generazione. Seconds il dizionario Larousse, il curandero e
una "persona che cura senza essere medico”. Questa definizione rispecchia
I’atteggiamento poco rispettoso che la cultura dominants ostenta nei suoi
confront!. Cio non aiuta a riconoscere i giusti merit! che spettano a quests
persons, che molto spesso svolgono con dedizione e competenza la loro
pratica di medici tradizionali. I curanderos sono i detentori di un sapere
ancestrale, e I’efflcacia delle loro pratiche curative e attestata dal giudizio
popolare. Curandero non e sinonimo di ciarlatano, anche se alcuni di loro
probabilmente lo sono.
Nonostante I rapid! process! di cambiamento che sta attraversando il Mes¬
sico, ho potuto constatare come fossero numerosi i guaritori tradizionali
che svolgevano la loro attivit^, in citta come nei villaggi, ciascuno con un
proprio campo di intervento e con delle competenze ben definite. Uno stu¬
dio prellminare, svolto prevalentemente in biblioteca, mi consent! di
familiarizzare con ia medicina tradizionale messicana e mi aiutd a capire
chi 6 in realty II curandero e come lavora. In seguito si rese necessaria una
indagine sul campo per poter distinguere e classificare gli s\ess\curanderos
in base ai rispettivi ambiti di intervento, ai metodi di cura utilizzati, e all'in-
sieme di idee e credenze che sostengono le loro pratiche.
A sinistra
un'immagine di
TIdloc.
codice Borgia
Le origini; La medicina popolare degli aztechi.
20
AH’arrivo degli spagnoli, i mexica - popolazione di lingua nahuatl meglio
conosciuta con il nome di aztechi - esercitavano la loro egemonia politica e
culturale su gran parte del territorio mesoamericano. Nella societa mexica
la malattia era considerata come un intervento delle divinita, o meglio come
una normale reazione delle forze sovrannaturali nei confront! del compor-
tamento umano.
Secondo I’ideologia azteca I’ordine cosmico e retto da un intreccio di forze;
dentro a questa concatenazione I’individuo e chiamato al rispetto di alcuni
limit!, cosi come deve proteggere se stesso contro I’intromissione nella pro¬
pria vita di energie perturbanti. L’uomo, visto come individualita inserita in
un cosmo, costituisce una forza che partecipa ai process! universal!. Vive
producendo e consumando energia; con il suo cuore e il suo sangue ali-
menta gli Dei. La sua partecipazione al funzionamento dell’universo dipen-
de dalla quantita e qualita di questa forza che mette a disposizione vivendo.
Dei, esseri sovrannaturali di ogni sorta, uomini malvagi e una serie intermi-
nabile di entita e oggetti della natura dotati di una propria ‘volonta’, erano le
cause piu frequent! di malesseri di ogni tipo. Tutto quanto potevd trasmette-
re una propria energia, o anche essere la manifestazione di un altro essere
piu potente o il suo tramite per I’azione, era in grado di guarire oppure di
produrre un danno alia persona.
Se I’equilibrio rappresentava quindi salute, un disequilibrio poteva aprire le
porte alia malattia. La trasgressione di alcuni obblighi di tipo rituale, la vio-
lazione dei precetti religiosi, il mancato rispetto dei valori moral!, I’interven-
to di un fattucchiere impegnato in un’opera di stregoneria, producevano
un’alterazione nell’armonico rapporto con le entita sovrannaturali. Gli Dei
chiamati in causa intervenivano dispensando malattie agli esseri umani,
anche se la loro azione patogena era sempre orientata ad un mantenimento
dell’ordine supremo.
TIaloc, divinita della pioggia, dei fulmini e di tutte le acque celesti, provoca-
va disturb! che derivano dal freddo e dall’umidita, come i reumatismi, le
polmoniti, la gotta e alcuni tipi di paralisi. I piccoli spirit! delle acque che lo
assistevano, i TIaloque, dimoravano sulle vette delle montagne, nelle grot-
te, nelle sorgenti di fiumi e ruscelli, e costituivano un potenziale pericolo
per gli esseri umani che si avventuravano nei dintorni. TIaloc e i suoi aiu-
tanti sovrannaturali castigavano anche coloro che abusavano del pulque,
bevanda sacra e medicinale, inducendo paralisi facciale, disturb! agli occhi
e tremor! in tutto il corpo.
L’apparizione di certe malattie con I’inizio della primavera era legata all’av-
vento di Xipe Totec, divinita che consentiva la rinascita della vegetazione, e
quindi il cambiamento di ‘pelle’ della terra. I disturb! da lui dispensati erano
di tipo cutaneo, in particolare quelli in cui comparivano eruzioni e
suppurazioni; a questa divinita vennero assimilate persino alcune malattie
portate dagli spagnoli come la varicella e il morbillo, spesso mortal! per gli
indigeni. Xipe Totec era anche messo in relazione con le malattie degli oc¬
chi: non bisogna infatti dimenticare che ancora oggi esiste un gruppo di
congiuntiviti chiamate primaverili, e che si nota una magglore incidenza di
process! infiammatori agli occhi in questo periodo dell’anno.
La malattia poteva comparire anche come conseguenza del giorno partico-
larmente infausto nel quale e avvenuta la nascita dell’individuo. Come e
risaputo, gli aztechi erano in possesso di un elaborate e precise calendario,
Che scandiva lo scorrere del tempo In cicii di 52 anni ognuno. Questo ca¬
lendario, la cui manifestazione in pietra e giunta sino a noi con la magnifica
scultura chiamata Rueda del Sol conservata nel Museo di Antropologia di
Citta del Messico, e la risultante della combinazione di due divers! semi-
calendari: il tonalpohualli - che consisteva in un anno composto da venti
gruppi (chiamati segni) di tredici giorni (chiamate case) - e il toxiuh molpilia
- il cui anno era calcolato sul cicio solare e era formate da diciotto mesi di
venti giorni, piu cinque giorni considerati particolarmente infausti Ogni
giorno, segno e casa rimanevano sotto gli auspici delle rispettive divinita.
La combinazione di quest! due semi-calendari costituiva percib un cicio di
52 anni in cui, per ogni giorno, una casa si combinava con un segno, dan-
do luogo ad un esito che era sempre diverse da quelli che I’avevano prece-
duto. Al termine di questo periodo riprendeva un nuovo cicio uguale a quel¬
le passato.
Nella vita quotidiana del mexica ogni attimo rimaneva sotto il dominio degli
Dei; ogni ora del giorno e della notte, ogni giorno della tredicina e ogni
gruppo dei venti che compongono il tonalpohualli erano sottoposti al con-
trollo delle rispettive divinity Le case, i segni e le divinita che li presiedeva-
no potevano esercitare la loro influenza fausta o nefasta sugli individui, ac;
centuando particolari inclinazioni e predisposizioni nei confront! di alcune
patologie. Ben lontani dal possedere una visione fatalista dell’esistenza, gli
aztechi erano convinti che ogni uomo fosse padrone del proprio destine, e
che ogni individuo potesse agire nei confront! delle entita sovrannaturali
per modificare la propria condizione.
La trascendenza delle normal! condizioni dell’esistenza, se da un lato espo-
neva I’individuo al rischio della malattia e della morte, dall’altro consentiva
anche di acquisire delle forze particolari, permettendo all’individuo di inter¬
venire sul funzionamento del mondo da livelli sovrumani. Oltrepassare certi
limit! - per esempio nel corso di ritual! di magia, nei moment! di estasi o con
la morte -, poteva portare alia perdita della propria individualita per integra-
re I’uomo ai process! cosmic! accedendo ad altre dimension! dell’universo.
Percib se gli Dei e gli esseri sovrannaturali avevano la facolta di dispensare
malattie, anche gli uomini, con diverse modalita piu o meno volontarie, po¬
tevano provocare malesseri.
Le concezioni mexica in proposito presentano diverse analogie con le cre-
denze europee della medesima epoca. In Europa come in Mesoamerica si
credeva infatti che alcuni individui, in determinati moment! della loro vita o
per dot! innate, fossero in possesso di un forte potere che esercitavano
involontariamente su altri piu deboli. Un esempio in proposito e la credenza
nel mal de ojo (il malocchio), che si considerava provocato dallo sguardo
di persone particolarmente sovraccariche di energia. II mal de ojo si mani-
festava in una fase iniziale con dei sintomi molto diversi, per culminare con
un indebolimento generalizzato dell’organismo che portava alia morte della
vittima.
Altri individui, invece, si dedicavano intenzionalmente all’esercizio di prati-
che magiche con lo scopo di produrre malefic!. Queste persone mostrava-
no di possedere particolari poteri in seguito ad event! che li designavano
nel loro destino.
Panoramica della
zona nella quale
operano i
graniceros. Sullo
sfondo,
circondato da
nubi, si
intravvede il
vulcano
Popocatepetl
Ancora una volta il calendario svolgeva una funzione di rilievo, poiche colo-
ro che nascevano sotto il segno ce quiahuiti (uno pioggia) erano creduti
destinati ad apprendere le arti malefiche. Costoro venivano chiamati
tlacatecolotl, ossia uomini-gufo, e si dedicavano pertutta la vita ad esegui-
re malefici a richiesta. Molto temuti erano anche i teyollocuani, i mangiatori
di cuori, che catturavano e divoravano il teyoh'a, una delle entita animiche
della vittima.
Secondo le credenze dei mexica, in termini generali e possibile distinguere
due grandi gruppi di malattie: quelle in cui un essere o un oggetto estraneo
viene introdotto magicamente nel corpo della persona - una pietruzza, una
spina, un insetto o un’entita spirituals e quelle in cui il malato perde o
vede diminuire qualcuna delle proprie entita animiche. Praticamente tutti i
meccanismi d’azione dei piu diversi esseri sovrannaturali possono essere
fatti rientrare in quests due categorie.
Sfruttando le proprie conoscenze di tipo magico, il tlacatecolotl poteva in-
trodurre nel corpo dell’individuo un oggetto che avrebbe pregiudicato la
sua salute. Esistevano altresi degli specialist! che attraverso complicate pra-
tiche malefiche erano in grado di produrre un distacco di una delle entita
animiche dal corpo della vittima.
Gli aztechi credevano che il corpo umano contenesse tre principi di tipo
animico, il tonalli, il teyolla e il Ihiyotl, situati rispettivamente nel cervello,
nel cuore e nel fegato. Quests tre entita potevano uscire dal corpo per cau¬
se accidental!, come un improvviso spavento, oppure in seguito al castigo
divino, all’azione di uno stregone o all’intervento di una forza sovrannatura-
le. La perdita di una delle entita animiche era considerata un evento parti-
colarmente grave che richiedeva di essere prontamente diagnosticate, poi¬
che quando cid si verificava la persona soffriva debolezza e malesseri di
varia intensity, sino a ritrovarsi completamente priva di forze in prossimita
della morte.
Nonostante i loro poteri, quest! specialist! del maleficio conducevano una
vita povera e infelice, senza la pace che gli avrebbe consentito un normale
focolare domestico. Nella loro pratica quotidiana erano costretti a contrat-
tare continuamente il compenso per la loro prestazione, e spesso termina-
vano i loro giorni giustiziati dalla vendetta del popolo.
Un discorso a parte merita invece il nahualli, cioe colui che e in grado di
mutare il proprio aspetto e di trasformarsi in un altro essere. La pratica in
se non e una prerogativa umana: gli aztechi ritenevano che gli stessi Dei
potessero assumere sembianze umane o animali. Sembra pero che nel cor-
so del loro processo espansionistico, i mexica vennero in contatto con il
popolo huasteco, che adorava il Grande Mago Nahualpilli, divinita del sape-
re magico e della scienza occulta, e che venne accolto fra i loro Dei. Fra gli
aztechi, Nahualpilli conserve i suoi attributi di Re della Magia e venne assi¬
milate a TIaloc, il vecchio dio-giaguaro principe della pioggia. II sacerdote
preposto al suo culto, che si chiamava nahualli, o sacerdote giaguaro, con-
divideva misticamente gli attributi di grande saggezza che caratterizzavano
la divinita.
Per estensione, venne chiamato nahualli (o nagual come venne denomina¬
te in seguito) ogni individuo particolarmente esperto nelle conoscenze di
magia, e che attraverso questa potesse cambiare le proprie sembianze. II
mago nagual poteva percio trasformare il proprio corpo in quello di un altro
individuo, in animale - giaguaro, caimano, cane, pipistrello, gufo, tacchino,
serpente -, in fuoco, fulmine, o addirittura scomparire completamente in
caso di pericolo. Le caratteristiche straordinarie di questa saggia figura sono
state descritte dai cronisti dell’epoca coloniale, sebbene venga messa in
evidenza I’ambiguita del suo operate. Nel complesso la sua azione non era
necessariamente di tipo malefico; il potere di tramutarsi in un essere diffe-
rente poteva anche essere usato per scopi benefici, per esempio durante
alcune pratiche di guarigione.
Nelle descrizioni che ci sono state tramandate dai primi cronisti del XVI
secolo, emerge una chiara divisione fra coloro che, facendo uso di proce-
dimenti di tipo magico, si dedicavano a creare problemi e malattie, e quanti
si occupavano della salvaguardia del benessere della propria comunitl Fra
i secondi rientrava il ticiti, termine generico con il quale i mexica definivano
la figura del medico, e tutti coloro che per predisposizione o per volere
divino esercitavano la pratica di guaritore.
II medico, comunemente chiamato ticiti, godeva di grande rispetto e era
ovunque tenuto in grandissima considerazione. II ticiti era soprattutto un
mago che interpretava e trattava la malattia come un segno inviato da forze
sovrannaturali, e il suo intervento si presentava come una sintesi inestricabile
di religione, magia e empirismo. Uomini e donne erano considerati
egualmente adatti per praticare I'attivita medica, ma mentre per i primi I’at-
tivita poteva iniziare con I’eta adulta, per le donne solitamente la pienezza
delle facolta giungeva con il climaterio.
Generalmente le conoscenze mediche venivano trasmesse direttamente dagli
anziani ai giovani apprendisti, spesso appartenenti alia stessa famiglia o
lignaggio. Molto importante era perd la determinazione dei segni sovranna¬
turali che Indicavano la predestinazione del future medico. Poichd il guaritore
azteco era considerate come un tramite con le energie onnipotenti dell'uni-
verso, prima di dare inizio aH’apprendistato del giovane I guaritori piu an¬
ziani esaminavano gli indizi sovrannaturali che lo indicavano come un
Altare di un
anziano
granicero.
prescelto dagli Dei. II segno di nascita, la conformazione di una parte del
corpo Che si allontana dalla norma, un evento straordinario accaduto nel
corso della vita del giovane, potevano essere interpretati come segnali di
una chiamata delle divinitl
All’interno della professione si distinguevano numerosi specialist, ognuno
dei quali si occupava di un certa classe di disturbi oppure eccelleva in un
determinate tipo di terapia. Fra quest il tetlacuicuiliani estraeva il male dal
corpo del malato, il tetonalmacani era in grado di recuperare il tonal allon-
tanatosi dal corpo del proprio paziente, il tepatiani conosceva le misteriose
proprieta delle erbe, il teitzminqui praticava salassi, il teixpatiani si occupa¬
va dei disturbi degli occhi, il texoxotia utlizzava tecniche di tpo chirurgico,
e molt altri ancora.
Per stiare la propria diagnosi, il ticiti poteva ricorrere a metodi diversi,
anche se il tne ultmo rimaneva sempre quello di individuare le cause so-
vrannaturali della malattia. Solamente dopo avere identitcato la divinita of-
fesa, 0 lo stregone responsa-
bile della fattura, era possibile
dare inizio al momento
terapeutco vero e proprio. Fra
i metodi piu usat vi erano I’in-
terpretazione dei sogni o di
partcolari presagi, la consul-
tazione di amulet, dei grani di
mais, la legatura e lo sciogli-
mento dei nodi di alcune
cordicelle, la cui lettura pote¬
va fare luce sulle motivazioni
piu profonde del malessere.
Spesso il medico-mago inge-
riva sostanze che gli consen-
tvano di compiere in spirito
degli straordinari viaggi in di-
mensioni ultraterrene, per in-
contrare direttamente quelle
entita spiritual! che gli avreb-
bero rivelato le cause della
malatta. Le tecniche per la
modificazione dello state di
coscienza erano molto varie e
spaziavano dalla preghiera,
nella quale si invocava I’inter-
vento divino, all’assunzione di
erbe e altre sostanze vegetal!
psicoattive. Mediante I’inges-
tone 0 I’inalazione rituale di
quest! vegetal!, il medico
mexica poteva ‘vedere’ e rice-
vere informazioni da persone
tsicamente lontane o da enti¬
ty sovrannaturali, conoscere il
passato e pronosticare il future del proprio paziente. Un particolare tipo di
guaritore, il pay/?/, cioe messaggero, era a disposizione di chiunque lo con-
sultasse per rivelare cid che e abitualmente sconosciuto ai mortali. II payni
dope avere ingerito delle erbe nel corso di un elaborate rituale, viaggiava in
spirito al cospetto della divinita per sottoporgli le richieste del proprio pa¬
ziente. Una volta ottenuta risposta, faceva ritorno dall’individuo per offrirgli
le tanto desiderate informazioni.
Una delle piante sacramentali piu usate per questi fini era il tabacco (la
Nicotiana rustica L, chiamatop/c/ef/, e laNicotiana tabacum L, o quauhyetl’,
il loro composto veniva comunemente chiamatoyef/) il cui impiego era este-
so anche ad altri rituali religiosi. Fra le popolazioni della Mesoamerica, come
nella maggioranza delle culture di tutto il continente, il tabacco veniva usato
per inalazione, fumando le foglie secche arrotolate o macinate e introdotte
in canne. II fumo insplrato aveva anche proprieta terapeutiche, mentre quello
espirato serviva alia fumigazione di ambienti per allontanare le forze male-
fiche. Macinato e mischiato con calce poteva anche essere masticato e
mantenuto in bocca per un certo periodo di tempo sino ad alleviare fame e
fatica e, in casi estremi, produrre sensazioni di distacco dal corpo fisico.
Wpeyotl, Wteonanacatl, ilp/p//fz/>7fz/>7f//e soprattutto yololiuhqui e Wtlitliltzin,
erano gli altri vegetali dai forti effetti psicoattivi che gli aztechi utilizzavano
piu frequentemente nelle loro divinazioni. Fra questi il peyotl, meglio cono;
sciuto come peyote, e il teonanacatl, sono forse le sostanze enteogene del¬
la tradizione messicana piu studiate e sperimentate da ricercatori occiden-
tali. Degli aspetti botanici, chimici e sugli usi del peyote si e anche parlato
in maniera approfondita sul numero 5 di Altrove. II teonanacatl invece e
stato portato alia ribalta dagli insegnamenti di Maria Sabina, la sciamana
mazateca che ha rivelato al mondo occidentale I’uso dei funghi psicoattivi
nelle pratiche tradizionali del suo popolo.
Con il termine teonanacatl le antiche popolazioni nahuatl intendevano le
diverse specie di funghi usati a fini terapeutici e divinatori. II nome deriva
da Teotl, che significa Dio, enacatl, ossia came: letteralmente, quindi, ‘car-
ne degli Dei\ Secondo Wasson (1966) il significato specifico della parola
nanacatl, plurale di nacatl, e fungo. Come teonanacatl sono state identifi-
cate a partire dagli anni '30 - grazie soprattutto alle ricerche dell’lng. Ro¬
berto J. Weitlaner, Gordon R. Wasson e Richard E. Schultes - numerose
variety di funghi contenenti psilocibina e suoi derivati, fra i quali \oPsilocybe
caerulescens Murril, il Panaeolus campanulatus L e la Stropharia cubensis
Earle.
Per quanto riguarda il pipiltzintzintli, sebbene il suo uso ci venga conferma-
to dai diversi cronisti del periodo coloniale, non e stato possibile individua-
re con certezza la specie botanica di appartenenza di questa pianta. Wasson
propende per identificare il pipiltzintzintli con le hojas de la Pastora, oss\a
la Salvia divinorum E. & J., ancora oggi usata dagli indios mazatechi dello
Stato di Oaxaca, che bevono il liquido estratto dall’infusione delle foglie.
[lololiuhqui, una Convolvulacea denominata Rivea corimbosa L, 6 forse la
sostanza psicoattiva meglio conosciuta e piu usata nei nostri giorni fra gli
indios di tutto il Messico. Per la precisione, in nahuatl il nome ololiuhqui 6
riferito ai semi e non all'intera pianta. A differenza del teonanacatl, che cm-
sce solo in determinati periodi dell’anno, la pianta trattiene i suoi semi a
lungo; inoltre. una volta raccolti, possono essere conservati per parecchio
tempo senza problem!. Tradizionalmente i semi di ololiuhqui vengono as-
sunti dopo essere stati macinati e disciolti in acqua.
II tiitliltzin viene spesso confuso con \'ololiuhqui per via delle similitudini
nelle modalita di preparazione e di assunzione, oltre che per le analogie
nelle proprieta magiche delle due sostanze attribuitegli dai primi osservato-
ri spagnoli. Aguirre Beltran (1963) sostiene che il termine ololiuhqui, che
porta con se I’idea di ‘cosa rotonda’, mal si addice ai semi di Ipomoea
violacea L. i quali, presentandosi allungati e vagamente angolari, potrebbe-
ro essere il tanto declamato tiitliltzin. II suo uso e stato documentato anche
in tempi recent! fra i curanderos nelle comunita zapoteche dello Stato di
Oaxaca.
Queste piante misteriose erano, in una visione di tipo mistico, non solo il
ricettacolo di forze sovrumane, bensi la stessa personificazione di esseri
divini dotati di poteri straordinari. Veniva cosi a stabilirsi una identita fra il
vegetale e la pianta: la pianta era Dio. La sua ingestione assumeva percid
I’aspetto di un atto di cannibalismo rituale nel quale il medico-divinatore si
trasformava, temporaneamente, nella divinita assorbita. Incorporando la
divinita dentro di se, il medico mexica acquisiva le caratteristiche di poten-
za e onniscienza dello stesso Dio. Ma il fatto di mangiare Dio era un gesto
estremamente pericoloso e impregnate di rischi; solo un individuo iniziato
ai mister! della divinita poteva sopportare dentro di se la presenza di una
tale forza ultraterrena.
L’elevato livello di complessita raggiunto dalla civilta mexica nel campo del¬
le conoscenze mediche era dovuto al lavoro costante dei suoi medici-sa-
cerdoti che seppero conservare e ampliare un sapere ereditato dai loro pre¬
decessor!. La profondita nella visione dei problem! legati alia salute, nella
classificazione delle cause di malattia e nel loro trattamento, rappresenta
una conferma della preparazione e della competenza dei numerosi guaritori
che lavoravano nella societa azteca.
Con la conquista spagnola e la conseguente disgregazione dell’impero
azteco, vennero introdotte in Messico nuove tecniche e conoscenze di tipo
medico. Anche la forte repressione messa in atto dal Tribunale dell’lnquisi-
zione nei confront! di coloro che esercitavano pratiche ‘ispirate dal demo¬
nic’, contribui a modificare il sapere medico tradizionale, senza pero riusci-
re ad intaccare le sue radici ancestral!.
Eredi della cultura greco-romana, intrisa di influenza arabe e giudee, gli
spagnoli definivano se stessi gente de razon. La medicina che portarono
con se, basata sulla tradizione galenica e sulla pesante eredita religiosa del
Medio Evo, possedeva tutti gli element! razionalisti del pensiero scientifico
dell’epoca. Questa medicina accademica pero, nonostante fosse essa stessa
impregnata di element! emotivi e religiosi, si limito a soddisfare i bisogni
del gruppo dominante, I’alto clero e i governanti spagnoli, e a svolgere una
funzione di modello per le correnti mediche alternative. Infatti gran parte
dei primi immigrati, persone di modesta estrazione sociale, per i loro pro¬
blem! di salute ricorrevano alle pratiche della tradizione popolare dell’occi-
dente europeo.
Come e note nell’Europa del 1500 I’attivita terapeutica era svolta, oltre che
dai pochi medici di formazione accademica, da numerose figure non bene
definite che avevano appreso alcune tecniche curative attraverso il contatto
diretto con altri guaritori. Basti ricordare che all’epoca le estrazioni denta-
rie, i salassi e alcune rudimentali operazioni chirurgiche venivano eseguite
dai barbieri. I farmaci piu utiiizzati erano anche in Europa le piante medici-
nali, prescritte da erboristi legati alia tradizione contadina, che spesso si
prodigavano anche nella cura dei disturbi provocati da fatture, malocchio,
invidia, e altre cause di tipo magico. Questa medicina popolare, nella quale
i procedimenti scientific! e empiric! si mischiavano con preghiere e
esorcismi, presentava numerose similitudini con la tradizione indigene, e si
diffuse con una certa facilita nel Paese.
Don Alejo, un
granicero, alia
grotta de las
cruces in una
cerimonia
celebrata negli
anni ‘60
(foto di Alfonso
Munoz).
La confluenza di quest! divers! orientamenti nelle concezioni di salute e ma-
lattia, nella diagnosi e nella terapia, e la formazione di un nuovo gruppo
sociale nato dall’incontro delle due razze, i mestizos, porto alia comparsa
di un diverse approccio medico chiamato medicina tradicional. Combattuto
fra I’atteggiamento razionalista della culture occidentale e I’approccio natu-
ralista della culture indigene, il meticcio si trovo a dover ricercare un nuovo
equilibrio di valori. II padre spagnolo lo considerava gente de razdn e lo
avvicinava alia propria visione razionalista del mondo; la madre India, lo
attraeva nel proprio universe magico retto dall’unita indivisibile fra uomini e
cosmo. In questo processo sincretico il medico-sacerdote indigene scom-
parve per lasciare posto ad una nuova figure di guaritore meglio tollerata
dal potere spagnolo: il curandero.
La medicina popolare oggi
Come erede delle due principal! tradizioni cultural!, il curandero, sia uomo
che donna, divenne portavoce di questa nuova medicina tradicional, che
meglio si adattava ai bisogni del nuovo gruppo meticcio. Sin dalle origin!, il
curandero era consapevole della situazione conflittuale che si stava viven-
do, e era chiamato in prime persona a correre dei rischi. Per questo le pra-
tiche della nuova tradizione medica si presentarono da subito molto adattabili
alle esigenze delle diverse comunita local!, e nel
corso del tempo questa medicina si arricchi di
nuovi contributi apportati da gruppi stranieri o da
nuove tendenze cultural!. Fra quest!, particolar-
mente importante fu I’arrivo degli schiavi neri de-
portati dall’Africa durante il periodo coloniale. Le
conoscenze e le pratiche mediche che essi por-
tarono con s6 entrarono a loro volta nel bagaglio
di tecniche del curandero.
In tempi piu recent! i gruppi di impostazione
spiritualista, le filosofie e le religion! oriental! han-
no a loro volta arricchito il panorama della medi¬
cina tradizionale in Messico. Ancora oggi il
curandero raccoglie in s6 un sapere che gli viene
trasmesso da altri guaritori della sua comunita e
che. come lui, lavorano e hanno sempre lavorato
per la salute del proprio popolo.
Indio 0 meticcio, assorbe le sue conoscenze da
fonti diverse, e sebbene in lui predomini I’antica
sapienza mexica, non disprezza gli apporti della
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magia e della scienza occidental!. Per questo, anche se in termini general! e
possibile parlare di una medicina tradicional, occorre chiarire che essa si
presenta in una molteplice varieta di forme e espressioni.
Per via di questa specializzazione, i curanderos spesso si raggruppano in
organizzazioni, chiese, confraternite, associazioni, con una denominazione
che li identifica. Dove invece non esistono istituzioni di questo genere, il
curandero viene comunque individuato da un nome che ne specifica le com-
petenze. Cosi e possibile incontrare dei curanderos espiritistas - che prati-
cano riti di tipo medianico espiritualistas - raggruppati in vere e proprie
chiese, realizzano interventi terapeutici di tipo spirituale yerberos - che
prescrivono cure a base di erbe -,hueseros - cioe coloro che ricompongono
fratture parteras - le levatrici tradizionali brujos - che si dedicano ad
opere di stregoneria e cosi via. Ogni curandero e quindi in possesso di un
proprio sapere medico, che pud essere prevalentemente di tipo empirico -
come nel caso degli yerberos, degli hueseros, delle parteras -, o di tipo
magico - come per gli espiritualistas, gli espiritistas e i brujos -, anche se
spesso i due livelli sono compresenti nei process! curativi di OQn\curandero.
In genere quest! guaritori sono delle persone estremamente religiose; la
quasi totalita di essi si dichiara cattolica e partecipa alle attivita parrocchiali
del proprio villaggio, anche se la loro interpretazione del cristianesimo non
contraddice quanto ancora oggi rimane della tradizione religiosa mexica.
Proprio per questa spiccata devozione, nella sua pratica il curandero fa af-
fidamento sulla fede in Dio, un Dio che non esclude la presenza nel mondo
sovrannaturale di una molteplicita di spirit! di eredita preispanica. Per molti
di loro i poteri curativi fanno la loro comparsa dopo avere ricevuto dei se-
gnali di origine sovrannaturale, prova di predestinazione all’attivita di
guaritore e dimostrazione che il potere di curare viene conferito direttamen-
te da Dio, da un santo o da altre entita sovrannaturali.
La sua religiosita viene comprovata anche da una condotta di vita modesta,
che non prevede particolari eccessi, poiche un’esistenza dissolute porte-
rebbe alia perdita dei propri poteri. II curandero e sempre un individuo ben
conosciuto, temuto e rispettato dalla gente del villaggio.il compito che e
chiamato a svolgere lo porta ad essere una persona ben inserita nella pro¬
pria comunita. A volte pero pub accadere che, quando questa sua partico-
lare sensibilita viene gestita in maniera inopportune, possa essere consi¬
derate un brujo, o addirittura pazzo, e quindi evitato o relegate ai margin!
della societa. Cib nonostante la personalita del curandero non e anormale:
situate in questa zona di confine fra la salute e la malattia, fra il mondo
terrene e quello spirituale, possiede caratteristiche di adattabilita che gli
consentono di vivere e operare all’interno della societa.
Fondamentalmente il curandero pub accedere al sapere medico tradiziona-
le attraverso due ben distinte modalita: la trasmissione da ‘esperto’ ad ‘ap-
prendista’ e la rivelazione di tipo onirico o sovrannaturale. Ciascuna di que-
ste modalita pub escludere o coesistere con I’altra; il mode con cui una
persona acquisisce certe conoscenze dipende dalla propria sensibility, ol-
tre che dal contesto familiare e tradizionale.
Solitamente il curandero riceve i propri pazienti nella propria abitazione,
dalla quale si allontana solamente per recarsi in campagna a lavorare. op-
pure in un tempio come nel caso dei gruppi espiritualistas. All’interno della
Don Alejo,
accanto all’altare
Che ha allestito
nella propria
abitazione.
propria casa, ogni curandero possiede uno spazio allestito appositamente
per accogliere i propri pazienti. Queste stanze, spesso ricavate in case di
estrema poverta, colpiscono il visitatore per la quantita di oggetti religiosi
Che vi contengono. Statue e immagini di Cristo e della Vergine, croci di
diverse tipo e misura, can'dele e altri oggetti sacri di origine preispanica
sono disposti sopra ad un piccolo altare, un tavolino situate in un angolo
della stanza. L’atmosfera di religiosa solennita che si crea nel locale fa di-
menticare la poverta del quartiere o della casa nella quale ci si trova. L’am-
biente cosi carico di sacralita evoca nel paziente una sensazione di prote-
zione e sicurezza. L’individuo pud cosi abbandonarsi all’iniziativa del
curandero senza temere di subire del male. Naturalmente nei casi partico-
lari, come pud esserlo una situazione d’emergenza, il curandero si reca
personalmente sul luogo in cui si trova il malato.
L’atteggiamento che il curandero assume con i propri pazienti e legato al
proprio carattere, alle proprie caratteristiche umane. Alcuni comunicano fer-
mezza e decisione, altri dolcezza, altri ancora aggressivita oppure compas-
sione per i problemi del paziente e della sua famiglia. Nel corso della seduta
terapeutica, II guaritore entra In una relazione molto profonda con i pazienti,
che di solito appartengono al proprio villaggio o ad uno dei pueblos circo-
stanti. Frequentemente I’intera famiglia del malato collabora al processo
terapeutico, contribulsce all'acquisto di candele per I’altare del curandero e
partecipa agli incontri con il guaritore. Con loro parla del problem! quotidia-
ni, delle difficolta della vita di ogni giorno, e ascolta con estrema pazienza i
particolari di ogni situazione. Al termine del colloquio stila una sua diagno-
si, da dei consigli su come modificare una situazione problematica, e inter-
viene con le tecniche di sua competenza. Qualora esistano dei dubbi sulle
cause di un malessere o sulla sua gravita, il curandero pub anche ricorrere
a quelle tecniche diagnostiche, ereditate dai suoi antenati indigeni, che pre-
vedono I’assunzione di piante psicoattive per modificare il proprio stato di
coscienza e consentirgli di ‘vedere’ la malattia e le sue cause.
Sebbene cib venga ammesso con parecchie difficolta pertimore di incorre-
re in problemi con le autorita di polizia, molti curanderos riconoscono di
utilizzare nei loro rituali alcune piante, che appartengono alia tradizione
preispanica e il cui consume e oggi proibito dalle leggi del Paese. L’uso di
funghi psilocibinici, del peyote e dell’ololiuhqui per scopi religiosi e tera-
peutici e comunque documentato presso numerosi gruppi indigeni e metic-
ci contemporanei, come gli huicholes, i tarahumara, \ mazatechi, gli
zapotechi, ecc. Anche oggi, come avveniva nell’antichita, queste sacre so-
stanze consentono al curandero di entrare in contatto con le forze sovran-
naturali che svelano le cause della malattia e il loro superamento.
Una volta individuata la malattia, il paziente viene sottoposto ad un inter-
vento terapeutico che dipende in primo luogo dalla tradizione alia quale fa
riferimento il curandero e dal tipo di disturbo che e stato individuate. Inol-
tre, non bisogna dimenticare che ogni guaritore sviluppa con I’esperienza
delle proprie tecniche curative. Alcuni curanderos curano esclusivamente
con erbe, o con massaggi, altri mettono in atto delle rappresentazioni che
riflettono una visione di tipo magico della terapia.
In genere I’intervento si apre con la recita di preghiere e un’offerta
propiziatoria di fieri e candele agli spiriti perche aiutino il guaritore e il suo
paziente. Poi il curandero compie dei gesti particolari sul corpo del malato
avvicinando le proprie mani e soffiando sulla parte sofferente.
Altre volte il paziente, in piedi o sdraiato, viene limpiado, ossia strofinato
con un mazzo di erbe, oppure con due uova, con una croce o con altri
oggetti sacri. Di tanto in tanto il curandero spruzza dell’acqua benedetta o
dell’alcol sul malato. Questo procedimento viene chiamato limpia perchb
ha il compito di esercitare una sorta di pulizia delle cattive energie che ri-
siedono nel corpo.
In definitiva, nonostante i mutamenti politic! e social! intervenuti con la con-
quista spagnola e con la successiva indipendenza, il sistema medico dei
popoli indigeni e ancora alia base di quella particolare visione della malattia
e della terapia che contraddistingue il sapere di ogni curandero messicano
dei nostri giorni. Ancora oggi i numerosi curanderos che continuano a rea-
lizzare nella loro pratica quotidiana quegli insegnamenti che hanno eredita-
to di generazione in generazione, rivivono giorno dopo giorno i miti che li
legano alle loro origin! e rinsaldano I’identita culturale del popolo messicano.
I graniceros dello Stato di Morelos
Nel corso della mia ricerca sul campo, una serie di circostanze casual! mi
portb ad occuparmi di un particolare gruppo di guaritori, che si distinguo-
no nel vasto panorama della medicina tradizionale in Messico per le loro
caratteristiche decisamente particolari. Infatti questi curanderos, oltre a de-
dicarsi alia cura di alcuni disturb! psicofisici, sono ritenuti capaci di con-
trollare gli elementi atmosferici, e quindi di chiamare o allontanare nubi e
pioggia. Gli appartenenti a questo gruppo vengono comunemente chiamati
con il termine spagnolo gramceros, o in nahuatl, lingua degli antichi aztechi,
quiapequi, e anche con la definizione che loro stessi si danno: “los que
trabajan con el tiempo", ossia coloro che lavorano con il tempo.
I graniceros sono dei curanderos, organizzati in corporazioni ognuna delle
quali fa riferimento ad un suo luogo sacro, una grotta, da essi chiamata
tempio (tempio). II gruppo e molto ristretto e i suoi component! si differen-
ziano da altri guaritori per essere stati scelti 'desde Arriba', cioe dall’Alto.
Solamente coloro che vengono colpiti dal fulmine e vi sopravvivono, otte-
nendo particolari rivelazioni di tipo spirituale e poteri magici, sono chiamati
a far parte dell’istituzione. Un rifiuto del predestinate lo condannerebbe a
soffrire per sempre le dolorose conseguenze del fulmine, sino a quando
non sopraggiunga la morte.
Tutti i graniceros da me avvicinati affermavano con decisione di avere in-
trapreso questo cammino non a seguito di una loro iniziativa, ma come
conseguenza di una chiamata da parte degli spirit!. Questi spirit! sono da
loro chiamati trabajadores temporalenos, ossia lavoratori del/col tempo',
presentatisi attraverso il fulmine. L’essere colpiti dal fulmine e segno di ele^
zione; chi vi sopravvive dovra collaborare con queste forze operando nel
mondo degli esseri umani, chi muore svolgera la propria attivita fra gli spi¬
rit! del tempo.
La designazione del prescelto da parte di entita sovrannaturali e uno dei
tratti ricorrenti in diverse tradizioni sciamaniche di tutto il mondo. Malfor-
mazioni, malattie, segni di sofferenza psicologica, vision!, incident!, sono
segnali di ‘elezione’ da parte delle divinita. Fra questi segni, si ritrova con
una certa ricorrenza presso svariate popolazioni la designazione attraverso
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diato con le divinita celesti. Nel suo incomparabile lavoro, Eliade (1951)
cita il caso degli antichi Buriati, dei Camciadali e dei Soyoti della Siberia,
degli Iglulik delle zone artiche, dei Nubiani del Sudan e di alcune tribu India¬
na del Nord America, dove lo sciamano viene designate attraverso il fulmi¬
ne. A queste tradizioni sciamaniche, per quanto concerne i metodi di ele-
zione del future sciamano, possiamo senza dubbio accomunare quella dei
graniceros.
Sebbene i graniceros siano stati una vera e propria istituzione nel panora¬
ma culturale del Messico, non e mai stata svolta una ricerca approfondita
nei loro confront!. La loro tradizione ha origin! antichissime, preispaniche.
I primi cronisti del periodo coloniale gia ci parlano di maghi che controllano
I’andamento delle nubi, di stregoni che scagliano fulmini e grandine, di sa-
cerdoti che venerano le divinita della pioggia. Cid nonostante, gli unici studi
specific! degni di essere menzionati sono quelli effettuati da Roberto
Weitlaner negli anni ’30, e quelli di Guillermo Bonfil Batalla, realizzati nel
1967-68.
Attualmente la presenza dei graniceros e documentata nella zona setten-
trionale dello State di Morelos, al confine con il Distretto Federale e lo State
di Mexico, nei villaggi ai piedi dei cerros che vanno da Cuernavaca, Tepoztian,
sino alle pendici del Popocatepetl e deH’lztaccihuatl. La popolazione che vi
abita e mestiza di lingua spagnola; solo pochi abitanti conoscono il nahuatl
mentre la maggior parte ne conosce solamente qualche parola. L’economia
della regione, chiamata Altos de Morelos, e basata essenzialmente suH’agri-
coltura, nonostante le difficolta che derivano dalla mancanza di una rete di
irrigazione dei campi. Non esistono fiumi ne sorgenti nella zona, per cui
I’acqua necessaria alle coltivazioni e dispensata dalla pioggia. Inoltre si av-
vertono gravi difficolta anche neH’approvvigionamento idrico degli abitanti
(I’unico pozzo di una certa importanza si trova nel municipio di Tlayacapan),
e la distribuzione di acqua alle abitazioni e limitata a poche ore la settimana.
Le attivita di competenza dei graniceros si raggruppano in due distinti cam-
pi d’azione: il controllo della pioggia e dei fenomeni atmosferici, e la cura
delle malattie che ad essi sono simbolicamente correlate. Come ‘maghi della
pioggia’ sono chiamati a proteggere i campi dalla grandine e a invocare
I’acqua durante i period! di siccitl Come curanderos sono specialist! nella
cura dei disturb! causati da aires, una sorta di aria, di soffio non sempre
direttamente percepibile ma portatore di malanni. Nella tradizione popolare
\'aire e un ‘vento’ che segnala la presenza di alcuni spirit!, ma pud anche
essere inviato da un brujo che desidera causare un maleficio. Un aire pud
catturare e spingere lontano la sombra (ombra) di una persona, una delle
principal! entita animiche che ciascuno possiede dentro di sd.
Quando un individuo perde la propria sombra sente mancare la necessaria
forza Vitale e si indebolisce sempre piu. Grazie alio stretto rapporto che
mantengono con gli ‘spirit! del tempo’, i graniceros sono in grado, attra¬
verso degli elaborati rituali, di andare alia ricerca della sombra del proprio
paziente e di restituirla al legittimo proprietarlo. Le tecniche a loro disposi-
zione per diagnosticare un aire sono svariate, ma d comune I’usanza di
desumere la malattia attraverso I’osservazione del contenuto di due uova
che sono state preventivamente strofinate sul corpo del malato. Molto pra-
ticata a scopi diagnostic!, soprattutto nei tempi passati, era I’interpretazio-
ne dei sogni, e il dialogo con gli spiriti indotto da funghi psilocibinici e
dall’ololiuhqui. La terapia si basa soprattutto su limpias, che consistono
nello strofinamento di particolari oggetti sul corpo del paziente per assor-
birne il male, oltre che su altri rituali piu complessi e elaborati.
II viaggio iniziatico di Don Luis
Nel corso delle mie peregrinazioni nei villaggi de los Altos de Morelos, in-
contrai un anziano granicero, che per convenzione chiamo don Luis, con
cui ebbi un colloquio estremamente interessante. II curandero, molto noto
in tutto lo Stato per i suoi poteri, riconobbe di essere uno degli ultimi espo-
nenti di una antichissima tradizione, condivisa ormai da pochi altri rappre-
sentanti. Durante la nostra chiacchierata, don Luis accenno ai poteri che gli
vennero concessi in dono. Senza eccessiva vanagloria, affermb testual-
mente che “a/ giorno d’oggi pochissimi so no in grado di controllare gli
element! atmosfericr, tanto che “non esiste piu nessuno che sappia come
si‘spara’un fulmine”\
Don Luis sostenne con decisione che ogni conoscenza da lui appresa gli
era stata trasmessa da entita spiritual, e di non avere mai avuto alcun mae¬
stro ‘umano’. Cio che lui conosceva gli era stato insegnato dagli spiriti, per
poter aiutare la sua gente; percio dovette viaggiare per tre anni con i
trabajadores del tiempo. Ma procediamo con ordine riassumendo il suo
racconto, nel quale narra I’esperienza iniziatica da lui vissuta dopo essere
stato colpito dal fulmine.
Un giorno di parecchi anni or sono, don Luis si trovava, come di consueto,
sui monti a pascolare il suo bestiame. Erano le prime ore del pomeriggio
quando, aH’improvviso, vide una palla luminosa e colorata che si avvicina-
va cadendo dal cielo a velocita vertiginosa. La sensazione che ebbe in quel
momento era cosi piacevole che non si preoccupo di quanto stava acca-
dendo, anzi allungo le braccia verso quella palla luminosa. Ad un tratto perb
tutto divenne nero, e perse conoscenza. Si risveglid dopo alcune ore con
una fame tremenda, notb I’erba bruciata attorno a se e si rese conto di
essere stato colpito dal fulmine. In quel momento fu assalito da una paura
terribile di poter essere colpito di nuovo, ma siccome c’era un sole bellissi-
mo per riprendersi rimase seduto qualche minuto su una pietra.
Poi torno al villaggio e non appena entro in casa, sua moglie gli chiese dove
era stato, tanto forte era la puzza di bruciato. Poichd la donna era incinta,
don Luis non le disse nulla per non spaventarla. Quel giorno egli mangio
abbondantemente, ma da quel momento stette molto male, la fame scom-
parve e rimase due settimane senza toccare cibo. Divenne cost debole da
non riuscire piu a camminare, e da allora, per tre anni, non fu piu in grado
dialzarsi dalletto. Lo portarono da diversi medici ma nessuno seppe come
curarlo. II suo stato di salute sembrava non dovesse piu migliorare.
In quel periodo, mentre si trovava immobile nel letto, don Luis ricevette la
visita di alcune entita spiritual, che lo chiamavano e gli chiedevano di se-
guirli Allora disse ai suoi parenti che non voleva essere piu disturbato.
perchb se il corpo stava soffrendo il suo spirito si era risvegliato, e era
partito per un viaggio. Quel viaggio che fece con gli spiriti del tempo sareb-
be durato tre anni.
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Durante quei tre anni in cui rimase disteso sul suo letto, mangiando lo stretto
necessario per mantenersi in vita, il suo spirito imparo a lavorare con il
tempo. II primo anno lo trascorse viaggiando fra le nubi, volando sopra
terre lontane, e imparo a governare fulmini e temporali. Dalle sue mani ve-
deva uscire dei raggi luminosi che comandavano la direzione dei fulmini.
Nel secondo anno lavoro sulla terra, imparando a riconoscere le proprieta
delle erbe e delle piante commestibili, i loro semi, e la loro coltivazione.
II terzo anno venne portato a conoscere tutti i lavoratori del tempo e le en-
tita spiritual! che li guidano.
Alla fine del terzo anno avvenne un fatto estremamente importante: I’incon-
tro con tutti gli spirit! delle persone che lavorano con il tempo, e con le loro
guide. Durante uno dei suoi viaggi in spirito giunse in una valle molto am-
pia, nella quale si trovavano riuniti tutti i lavoratori del tempo e le guide
spiritual!. II panorama era stupendo e le montagne erano molto affollate per
la presenza di una molteplicita di esseri. In mezzo alia valle stava, seduto su
una roccia, il ‘pastore di tutti i pastori\ con una lunga barba bianca e un
bastone sulle ginocchia. Don Luis proveniva dal fondo della valle, ma quan-
do il 'gregge' si accorse della sua presenza tutti quanti si fecero da parte
per lasciarlo passare.
Una volta giunto al cospetto del supremo pastore, quest! lo guardo profon-
damente negli occhi e gli diede il benvenuto, ricordandogli che si trovava in
quel luogo grazie alia volonta di Dio. Poi gli chiese se davvero voleva per-
correre il cammino sino in fondo. Egli rispose di si.
Allora il supremo pastore gli indico un sentiero, e gli disse di ritornare dopo
averlo percorso per intero. Cosi riprese il suo viaggio, sino a giungere in
una piccola valle con una montagna sul fondo che sbarrava il cammino.
Al termine del sentiero stava una croce con Cristo che lo osservava; Gesu
sembrava unito ai legni dalla sua propria volonta perche non c’era-
no chiodi che lo mantenevano appeso. Ad un lato c’erano tre
grand! casse molto ben chiuse e una persona che le vigilava.
Don Luis si avvicino alia prima, e colui che la sorvegliava
chiese se voleva vedere cosa conteneva. Egli rispose in
maniera affermativa e allora il custode apri la prima area.
Dentro e’era un’acqua cristallina che scorreva tranquil-
lamente. Uno spruzzo lo raggiun-
se in volto e alcune gocce gli ba-
gnarono la fronte. Don Luis com-
prese che si trattava del li-
quido del bene.
Anche la seconda
venne aperta; q
conteneva un liquidotor
bido, color cenere, che
formava mulinelli e
gettava schizzi con-
tro le pareti.
in questa occasio-
ne alcune gocce
gli caddero sul
viso. A quel pun-
to il guardiano delle arche chiese se era certo di voler aprire anche I’ultima
delle tre, avvisandolo che avrebbe dovuto assistere ad uno spettacolo terri-
ficante. Decise allora di aprire anche la terza e ultima cassa e, non appena
il guardiano sciolse la chiusura, un violento mulinello scaglib per aria il
coperchio. Egli riusci a gettare uno sguardo sul fondo, ma dovette ritrarsi
immediatamente. Dentro vivevano animali orribili. Serpent! e altri rettili mo-
struosi si muovevano in un liquido denso e oscuro compiendo baizi in su-
perficie, tentando di morderlo con le loro bocche velenose. A quel punto
don Luis si rese conto che la ricerca si era conclusa e decise di ritornare
dal ‘pastore di tutti i pastor!’.
Si avvio lungo il sentiero che aveva gia percorso all’andata e ritrovb il su¬
premo pastore nel luogo in cui I’aveva lasciato. Ancora una volta egli lo
accolse con un benvenuto, lo chiamo a se e gli disse che tutto quanto a cui
aveva assistito era stato possibile grazie alia sua intercessione. Per questo
ora gli chiedeva di rispettare la sua volonta: ritornare al suo luogo d’origine
e accogliere ogni essere umano, per aiutarlo ad orientarsi verso la luce
dello spirito.
Nell’ascoltare questa richiesta don Luis disse di provare un grande sgo-
mento; come poteva ritornare nell’inferno terrestre dopo avere vissuto nella
gloria dello spirito per tre lunghi anni? Nonostante il disgusto accetto la
missione, chiedendo in cambio di potere contare sulla sua presenza duran- •
te il lavoro che lo attendeva sulla terra. II supremo pastore annul, dicendo
che da ora in poi avrebbe avuto il suo aiuto e quello di altre forze apparte-
nenti al mondo spirituale. Ritorno, quindi, a questo mondo, e a poco a poco
si riprese fisicamente attraverso la vita nei campi, lavorando la terra e rac-
cogliendo le erbe che gli venivano indicate dagli aiutanti spiritual!. Inizio
cosi a curare le persone malate, e a proteggere i campi allontanando la
grandine e dirigendo i fulmini con le sue mani.
Conclusione
Addentrarci in interpretazioni di tipo mitologico o psicoanalitico del raccon-
to di don Luis ci porterebbe trpppo lontano. Potremmo riconoscere nel sim-
bolismo della narrazione deli’anziano granicero I’espressione ora dell’in-
conscio culturale, ora dell’inconscio collettivo. La storia e estremamente
ricca di simboli, e possiede una struttura iniziatica molto marcata.
Restera comunque per sempre ignota la conoscenza delle condizioni
psicofisiche di don Luis durante quegli anni, e neppure possiamo oggi ipo-
tizzare una definizione dello stato (o meglio degli stati) di coscienza da lui
sperimentati. Indipendentemente da tutto cio, il racconto di don Luis risulta
sicuramente avvincente e emozionante. Per questo, personalmente mi sono
sempre avvicinato con il dovuto rispetto a quella softerta esperienza, e ai
suoi contenuti. che hanno cambiato la vita di un uomo e della comunita alia
quale b appartenuto.
Durante quel periodo di ricerca sul campo raccolsi altre testimonianze da
graniceros della stessa zona appartenenti ad altre congregazioni. Devo ri¬
conoscere che nessuna di queste testimonianze mi apparve cosi toccante
e COSI dettagliata come quella di don Luis.
A fianco:
cerimonia alia
grotta de las
cruces: dona
Santa abbellisce
con tiori
e candele una
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COOK DE
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Nonostante cio, le analogie che riscontrai fra i diversi racconti erano tanto
forti da non potere passare inosservate. In particolare:
- tutti \ graniceros con i quali entrai in relazione hanno affermato di avere
avuto contatti con entita spirituali, spesso descritte con sembianze simili,
legate al mondo degli elementi atmosferici, dopo essere rimasti folgorati -
ciascuno di loro ha confermato che queste entita spirituali hanno chiesto
una collaborazione nella gestione'degli elementi atmosferici, offrendo in
cambio alcuni poteri di tipo straordinario, legati alia capacita di curare e di
controllare gli elementi atmosferici.
- tutti hanno sostenuto di essere guariti dalle ustioni e dagli altri effetti del
fulmine dopo avere accettato la missione, e di avere ottenuto i poteri a loro
promessi.
Sorprende la somiglianza dei vissuti e dei contenuti dell’esperienza visio-
naria. La domanda nasce spontanea: quali possono essere i motivi di que¬
ste somiglianze? Personalmente confesso di non essere in grado di fornire
una risposta certa. E perd possibile avanzare alcune ipotesi; fra queste,
due in particolare mi sembrarono degne di attenzione:
a) E evidente che la folgorazione produca delle modificazioni biochimiche
nel corpo umano. Questo cambiamento dello state biochimico potrebbe in-
fluenzare nello stesso modo I’attivita cerebrale dei diversi soggetti, con una
conseguente produzione di contenuti visionari somiglianti. Praticamente av-
verrebbe qualcosa di simile a quanto accade durante il consume di sostan-
ze psicoattive, dove e stata riscontrata una somiglianza negli effetti visionari
che sperimentano soggetti, anche appartenenti a contesti culturali diversi,
sotto I’effetto della stessa sostanza (p.es. e stata documentata la ricorrenza
delle vision! di serpent! e giaguari in chi assume ayahuasca, piccoli uomini
in chi assume funghi psicoattivi, ecc.).
b) I contenuti delle vision! dei folgorati potrebbero essere la risposta, cultu-
ralmente determinata, alio stress subito. Nei villaggi in cui ho effettuato le
ricerche chiunque (donne, uomini e bambini, e non solo i graniceros) co-
nosceva e condivideva il sistema di credenze legato agli spirit! del tempo.
Per cui questo tipo di vision! sarebbero la risposta difensiva, piu o meno
consapevole, alia quale ricorrono le vittime della folgorazione per ricevere
cure, attenzioni, e contemporaneamente dare un senso alia loro sofferenza.
A margine di tutto cio, aggiungo che ogni qualvolta una persona veniva
colpita dal fulmine, si chiamava immediatamente un granicero per interve¬
nire terapeuticamente. Inoltre I’ingresso ufficiale del folgorato nel gruppo
veniva sempre sancito con un particolare rito. Event! comuni nell’esperien-
za iniziatica di ogni granicero, trovo strano che don Luis non menzioni que¬
st! particolari, tutt’altro che irrilevanti, nella sua storia.
Personalmente sono propenso a credere che quest! due fattori, presi indivi-
dualmente, non siano comunque sufficient! per fornire una spiegazione com-
pleta del fenomeno. Se si considera invece possibile il concorso di piu fat-
tori, allora queste due ipotesi andrebbero viste come delle forze comple-
mentari che concorrono a modellare le visioni dei graniceros. Alio stato
attuale, vista la scarsita della documentazione bibliografica disponibile, non
sono in grado di spingermi oltre. Certamente allora trovai significativo il
ripresentarsi di contenuti simili nell’esperienza visionaria di queste perso-
ne, molte delle quali portano ancora evidenti sul proprio corpo le cicatrici
delle ustioni provocate dal fulmine. Per poter approfondire ulteriormente la
mia ricerca avrei avuto bisogno della collaborazione di una equipe
multidisciplinare, e prolungare il mio soggiorno in Messico. Tutto cio anda-
va ben oltre le mie possibilita di borsista.
Oggi purtroppo la figura del granicero sta attraversando una crisi, a mio
giudizio irreversibile, conseguenza delle mutate condizioni economiche e
social! della regione. I graniceros da me incontrati erano tutte persone an-
ziane, e non mi risulta che esista una disponibilita nelle giovani generazioni
a mantenere viva questa tradizione. Attualmente i ragazzi disertano i lavori
agricoli (solitamente sono i contadini che, lavorando nei campi lontani dal
villaggio, corrono II rischio di essere colpiti dal fulmine), e si sentono mag-
giormente attratti dal modello di vita di tipo gringo piuttosto che da quello
tradizionale del campesino messicano. Le rare persone che oggi vengono
colpite dal fulmine rifiutano di collocare la loro esperienza nel contesto ideo-
Cerimonia alia
grotta de las
cruces: don Felix
benedice gli
strumenti del
granicero,
la scopa e il
ramo di palma.
LEMOINE
ERNESTO.
“Materiales para
la Geografia
Histdrica de la
Regidn Chalco-
Amecameca", in:
Revista
Mexicana de
Estudios
Antropoldgicos,
Vol. XIV, Mexico,
1954-55, pp.
289-295.
FOSTER GEORGE
M., “Sierra
Popoluca
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Beliefs",
University of
California
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American
Archaeology and
Ethnology, Vo I
42. n. 2.
University of
California Press,
Berkeley and Los
Angeles, 1945,
pp. 177-249
logico tradizionale (quello della chiamata sovrannaturale), e ricorrono alle
cure del servizio sanitario anziche rivolgersi ad un granicero.
Per concludere, vorrei ancora una volta esprimere la mia riconoscenza a
tutti i graniceros per quanto hanno voluto condividere con me. A distanza di
anni continue ad avvertire I’esistenza di un vincolo che mi unisce a quelle
persone (alcune delle quali saranno certamente gia decedute); legame che,
nonostante lo spazio e il tempo, mi fa sentire vicino a loro. Non posso per-
cid fare a meno di provare tristezza oel pensare che con la loro morte, forse
scomparira anche una forma di conoscenza millenaria. La mia intima spe-
ranza (e ora e I’uomo che parla e non piu I’antropologo), e che qualche
sciamano, da qualche parte sulla terra, abbia saputo conservare un contat-
to con quelle ‘forze’ che hanno guidato i graniceros nel tempo attraverso i
secoli, poiche ogni forma di conoscenza che scompare dal pianeta costitui-
sce inevitabilmente una perdita per I’intera umanita.
ZYLBERBAUM J..
Los chamanes
de Mexico, Alpa
Corral, Mexico,
1987.
ROJAS TERESA.
“La ceramica
contemporanea
de Tlayacapan,
Morelos,
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Anales de
Antropologia,
Vol. X,
Instituto de
Investigaciones
Flistdricas,
Universidad
Nacional
Autdnoma de
Mexico, Mexico,
1973,
pp.241-264.
Particolare
dell'altare di
Don Alejo.
REW/KTERO: a.ppunti su//sl
cosmo\/is/one e su//3
medicina^ tradiziona/e
fra / WAR I JO
Presentazione
Questo breve articolo e parte delle attivita concernenti un lavoro che do-
vrebbe concludersi con una monografia su una delle quattro etnie indigene
che abitano la Sierra Tarahumara nello Stato di Chihuahua, i warijio, o come
loro stessi si denominano, warijo.
Piu che portare nuove o particolareggiate informazioni sulla medicina tra-
dizionale indigena e sui suoi specialisti, il lavoro vuole innanzitutto divulga-
re alcuni aspetti della cultura di questo popolo che, fra le altre cose, incom-
prensibilmente non e stato inserito nel passato Censimento Nazionale del
1990, in un chiaro esempio di ‘genocidio statistico’, senza che ci fosse una
causa giustificata di cid (se si esclude I’incompetenza di coloro che hanno
redatto il censimento). In effetti, secondo il documento ufficiale che riporta
chi e quanti siamo, non vi era a quella data una sola anima che si conside-
rasse warijo.
Le informazioni, i dati e le persone che andremo a presentare nella nostra
breve esposizione provengono da due fonti:
a) dalla scarsa bibliografia e dai document! manoscritti o pubblicati sui
warijo',
b) dalle interviste e dalle osservazioni sui campo effettuate con student!
della ENAH - Unidad Chihuahua, come parte delle attivita accademiche del
corso di antropologia, e della consulenza prestata da chi scrive durante
I’anno 1995 per la Commissione degli Affari Indigeni del Honorable Congreso
del Estado de Chihuahua.
Eugeni
Porras
Carrillo
Etnologo,
Escuela Nacional
de Antropologia
e Historia,
Chihuahua,
Mexico
Dati etnografici
Sono scarsi i dati in nostro possesso relativi alia composizione e alle carat-
teristiche socio-culturali dei warijo durante la Conquista e la colonizzazione
del Messico settentrionale. Cid nonostante gia nel 1588 si parla di questo
gruppo come parte del complesso di tribu che popolavano un esteso terri-
torio compreso fra i monti limitrofi ai fiumi Mayo e Fuerte e la Baja
Tarahumara. Tubares, guazapares, chinipas, conchos tehuecos, guailopos,
hi'os, yecuaromes e altre ‘nazioni’ erano sicuramente sia denominazioni di
etnie distinte sia riferimenti a popolazioni o localita all’interno di uno stesso
gruppo etnico-linguistico. Molti di quest! gruppi scomparvero nel corso del
processo di colonizzazione, portato avanti soprattutto dal Gesulti, e altri si
fusero sino a formare il panorama etnico esistente oggi.
Relazione
presentata al
“// Encuentro de
Medicina
Tradicional del
Norte de Mexico”
Monterrey
(Nuevo LePn),
7-11 Novembre
1995
Traduzione dallo
spagnolo di
G Camilla e
M Romand
Pagina a fianco;
donna
Tarahumara.
40
La risposta dei warijo nei confronti delle incursioni religioso-militari (attra-
verso le Missioni di Nuestra Senora de Uarojios, fondata nel 1626, e di
Santa Ines de Chinipas, fondata nel 1627), oscillo fra I’accettazione o I’ap-
parente sottomissione pacifica e indifferente, e la ribellione e opposizione
violenta contro gli invasori. Insieme ai guazapares parteciparono alia rivolta
armata del 1632 che provoco la ritirata dei missionari per un periodo di
circa trent’anni, ma anche lo sterminio e la concentrazione degli indios ri-
belli nella zona di Sinaloa.
II gran vuoto di informazioni storiografiche pub solo essere riempito da al-
cune ipotesi, come quella che vuole che fin dal 1770 si sia prodotta la se-
parazione fra i warijo di Sonora e quelli di Chihuahua. Molti di questi ultimi
vennero assimilati dai tarahumara delle barrancas (profonde valli scavate
dai fiumi, n.d.T.), mentre i primi si trasferirono nelle regioni montuose dove
ancora oggi vivono e dove finirono al servizio dei possidenti e proprietari
terrieri che nel corso del XIX secolo acquistarono o ottennero grand! esten-
sioni di terra. E solo negli anni ’30 del nostro secolo che i warijo furono
‘riscoperti’ grazie agli studi di Howard S. Gentry dello Smithsonian Institute.
Oggi i warijo abitano una parte della regione di confine fra gli Stati di Sono¬
ra e di Chihuahua, la cui linea divisoria corrisponde con una certa precisio-
ne al corso del rio Mayo. I warijo di Sonora sono stanziati in una piccola
regione a nord-est del territorio di Quiriego e in un’altra zona piu ampia a
nord di Alamos, mentre la maggior parte dei warijo di Chihuahua si trovano
in alcune localita dei territori di Uruachi e di Chinipas e, in misura minore,
nel territorio di Moris. Si tratta di una regione orograficamente molto acci-
dentata, con temperature estreme, con terre poco adatte all’agricoltura e
all’allevamento del bestiame. Tutto cio, unitamente all’assenza di vie di co-
municazione, rende la regione uno dei luoghi piu poveri e dalla forte
emarginazione sociale.
Rispetto alia popolazione indigena che abita lo Stato di Sonora, attraverso
vari censimenti svolti da diverse istituzioni tra il 1989 e il 1994, si conta che
il numero dei warijo sia compreso fra i 985 individui segnalati dall’lnstituto
Nacional Indigenista nel ‘Censo de poblacion e vivienda del grupo etnico
guarijio' del 1990, e i 1040 stimati dal progetto SILOS-Guarijio sulla base
dell’analisi dei divers! censimenti.
Per quanto riguarda il numero di warijo nello Stato di Chihuahua, i dati di-
sponibili riferiscono di una popolazione maggiore. II progetto di cui sopra
parla di 2.000 individui e Julio Artalejo del 'Consejo Supremo Guarijio', uno
dei nostri principal! informatori, calcola che vi siano circa trecento famiglie
warijo, il che sembrerebbe confermare la cifra stimata. Le comunita piu
important! sono le seguenti: San Ignacio (48 famiglie), Silaybo (72 indivi¬
dui), Mocorichi (circa 150 individui), Palmaritos (98 famiglie), Chagaybo
(35 famiglie). La Barranca, Chiltepin, San Juan, La Mesa de Ceriachi (per
complessive 115 famiglie), Pacaybo, Arechuybo nel territorio di Uruachi;
nel territorio di Moris si trovano La Finca, Cieneguita, El Gavil^n, Sicachi,
Guamuchi e altre fattorie minor! (complessivamente circa 160 famiglie):
per quanto riguarda il territorio di Chinipas, abbiamo Loreto (con 88 fami¬
glie), Guazaremos (25 famiglie) e Santa Ana (70 famiglie).
Le localita e le fattorie citate si trovano in luoghi molto isolati per cui i con-
tatti e le relazioni fra gli abitanti sono scarsi.
Le principal! attivit^ produttive e di sussistenza che forniscono i mezzi di
sopravvivenza in luoghi tanto ostili sono costituite da:
42
- agricoltura, essenzialmente stagionale, quasi esclusivamente basata sul-
la coltivazione di mais, fagioli e zucche, sufficient a ciascuna unita familia-
re (alcune di queste possono contare anche su un minimo di ortaggi e qual-
che albero da frutta)
- allevamento, poco sviluppato, soprattutto di bovini e in alcuni casi di ca-
pre destinate al consumo familiare o alia vendita
- raccolta di frutta, piante e radici selvatiche, secondo la stagione
- artigianato, con prodotti derivati dalla lavorazione della palma (cappelli e
stuoie), poco praticato
- migrazioni stagionali nelle piantagioni di Sonora e Sinaloa, e nei centri
urban!
- aiuti offerti da istituzioni governative, sotto forma di derrate alimentari,
capi di bestiame e beni material!, completano le risorse della maggior parte
della popolazione warijo.
Solo la lingua (appartenente alia famiglia uto-azteca, imparentata diretta-
mente con il raramuri o tarahumara e parlata dal 30% della popolazione
complessiva), i miti e le feste tradizionali, distinguono i warijo dai loro vicini
yoris o mestizos, poiche per il resto la vita quotidiana e molto simile ed e
difficile tracciare division! fra culture, o individuare un forte senso di appar-
tenenza e di identita etnica in un gruppo o nell’altro. L’assenza di insegnanti
in lingua warijo, per lo meno nello Stato di Chihuahua, insieme al disprezzo
di cui sono oggetto coloro che la parlano, fanno si che questa lingua si trovi
in reale pericolo di estinzione, e sono sempre meno i giovani e i bambini
che la imparano.
II problema della salvaguardia della lingua, insieme alia scarsa attenzione
medica che ricevono i warijo, mostra il grado di emarginazione e lo scarso
appoggio che questa cultura riceve da parte dei responsabili dell’attivita
indigenista. Cib si spiega con il fatto che nelle region! warijo non vi sono
grand! risorse natural! da sfruttare a basso costo, come invece e avvenuto
nello sfruttamento forestale di altre zone della Sierra Tarahumara.
II grande isolamento nel quale sono vissute sino a poco tempo fa le comu-
nita warijo di Chihuahua e stato anche la causa di un altro fenomeno che ha
contribuito alia disintegrazione culturale del gruppo. Infatti fra la fine degli
anni '80 e I’inizio degli anni ’90 la coltivazione di stupefacenti ed il narco-
traffico giunsero in varie region! montuose di Chinipas, Uruachi e Moris,
portando con se una scia di omicidi, ingiustizie e cattiva fama di alcune
localita come Arechuybo. L’inaugurazione di una strada sterrata che colle¬
ge questo abitato con Uruachi nel 1994 e il recente tratto (ottobre ‘95) fra
Chagaybo e San Juan, hanno parzialmente contribuito a restituire una rela¬
tive calma a questa regione, facendo presagire veloci trasformazioni socio¬
cultural! nelle locality indigene. Questo potrebbe anche portare ad una
rivalutazione della cultura e delle tradizioni warijd.
Miti e feste
Come si e detto in precedenza, e soprattutto a partire dallo studio e I’analisi
delle pratiche rituali, delle cerimonie, dei miti e delle leggende che possia-
mo avvicinarci ai tratti piu tradizionali e genuini della cultura warijo. Attra-
verso questi elementi si trasmette la memoria storica del gruppo, mediante
I’esercizio dell’oralita, I’uso della lingua e della gestualitl Tutto cio serve
inoltre a segnare le differenze rispetto ai mestizos e agli altri gruppi etnici,
facendo sempre riferimento ad essi per riconoscere una identita che nella
vita quotidiana stenta ad affermarsi per lo scarso contatto esistente fra le
diverse comunitl
Le feste sintetizzano e condensano la maggior parte dei simboli, dell’etica e
della cosmovisione indigena, essendo I’aspetto della cultura di cui si sen-
tono piu orgogliosi, di cui tutti parlano. Gli stessi warijo ne esprimono il
bisogno, lamentando il fatto che oggi le feste quasi non si celebrino piu.
Questo denota una crisi profonda, o per lo meno transitoria, nelle forme
dell’organizzazione sociale, nelle varie gerarchie, funzioni e compiti che si-
curamente un tempo erano parte della cultura warijo.
Cosi, per esempio, nelle comunita da noi visitate, erano ormai pochi i
cantadores che sapevano dirigere le cerimonie e le danze, pochissimi colo-
ro che conoscevano i miti degli anziani e degli antenati, e ancor meno quelli
che sapevano suonare la chitarra, il violino e I’arpa, i tre strumenti base del
warijo di Chihuahua. D’altra parte neppure i giovani mostravano grande in-
teresse nell’apprendere queste pratiche, con la scusa che queste cono-
scenze non li avrebbero aiutati a sopravvivere e ad affrontare un mondo
dominato da un’altra lingua (lo spagnolo), dalla mentalita della competizio-
ne, dai valori materiali e dal profitto economico.
Le cerimonie piu importanti che tuttavia continuano ad essere celebrate in
alcune comunita warijo di Chihuahua, anche se saltuariamente, sono le
velaciones e il tuburi. Le prime ruotano intorno alia figura di un santo che
viene vegliato per tutta una notte con preghiere e invocazioni, e al quale si
richiedono favori, sia individuali (come la guarigione di una persona mala-
ta), sia collettivi (come I’abbondanza di acqua e buoni raccolti). A volte le
veglie si concludono con una processione del santo attraverso la comunita
0 le terre coltivate. Le principal! immagini venerate sono quelle di San Isidro
Labrador (patrono dell’agricoltura), San Juan, il Santo Nino de Atocha, la
Vergine di Loreto e quella di Guadalupe. Queste sacre figure, di solito in
ritratto, si vedono molto spesso in alcune case poiche le chiese nella zona
dei warijd e I’attenzione religiosa da parte dei sacerdoti cattolici sono oggi
praticamente inesistenti.
II tuburi 6 una cerimonia molto complessa che dura tre notti e contempla
moltissimi elementi, anche se i motivi per la sua realizzazione sono simili a
quelli delle velaciones. Solitamente si celebra nel cortile della casa anfitriona,
ed ha come simbolo centrale una croce di legno collocata fra il luogo dove
opera il cantador e quello in cui si mettono le donne che si apprestano a
danzare, una a fianco all'altra, con un lento e ritmico battere alternato del
piedi per terra. In altri momenti, seguendo il racconto del cantador, le don¬
ne inscenano azioni di animali o di vita quotidiana, provocando le risate di
tutti i present!.
A lato della postazione del cantador danzano i pascoleros, di fronte al mu-
43
Panoramica della
zona in cui
vivono i Warijd,
Stato di
Chihuahua.
sicisti, con un ritmo piCi rapido e agitando le loro chairigoras, sonagli di
bozzoli di farfalla ripieni di pietruzze, legate alle caviglie o, a volte, alia vita.
Gli insegnamenti che il cantador impartisce ai partecipanti, i pasti ed il con-
sumo di tesguino, sono gli altri momenti indispensabili della cerimonia.
II tuburi si basa sui miti di creazione del mondo e delle genti propri della
cosmogonia wariio. Attraverso di essi ciascun narratore fa suo il passato
indigene, impone ad esso caratteristiche particolari (variano le forme ma
non il contenuto), va a concepire il presente come una attualizzazione del
passato, rende possibile la continuita del tempo e stabilisce un punto di
contatto fra il sacro e il profano, fra il naturale e il soprannaturale, fra il
sociale e il cosmico.
Si parte cosi da un principio in cui tutto era un grande lago e Dio, Tata Dios
0 mono, colui che e padre, si mise a cantare per tre giorni e tre notti duran¬
te i quali formo il mondo, spargendo davanti a se un pugno di sabbia estrat-
ta dalle acque. Per assicurarsi che la terra ormai si fosse consolidata, invid
varie specie di uccelli a controllare, sino a quando la colomba ritornd a Lui
senza ZOQUETE nelle zampine. Fu allora che discesero Jesucristo, e la Luna
e il Sole, e quest! iniziarono a ballare il tuburi affinchd la terra si compattasse,
ed in quel momento Dio spiegd ad ogni cosa esistente a che sarebbe dovu-
ta servire e quale sarebbe stato il compito di ciascuno in questa vita.
Ugualmente si narra che cred gli uomini da tre figurine di fango prelevato
dal fondo della terra, soffiando tre volte sopra di esse. Dalle figurine che
presero I’aspetto della cenere nacquero gli yoris o mestizos, da quelle di
terra rossa sorsero gli indigeni, dal resto tutte le altre razze. Una variante
del mito parla del diavolo come di un imitatore di Dio che creo tutti quegli
animali che sono considerati dannosi, malevoli o pericolosi (come le vipe-
re, i ragni, I millepiedi, gli scorpioni...). Un’altra variante dice che anche i
bianchi sono figli del diavolo. Un’altra ancora narra come il canto fu appre-
so da una grande pietra liscia e rotonda, colpita da altre pietre che gli ante¬
nati le scagliarono addosso all’inizio del tempo, prima che si incominciasse
a ballare il tuburi come si fa ora ...
11 pewatero
Pewatero 0 pewatelo e il nome che i warijo di Chihuahua danno alcurandero
0 medico tradizionale. Questa denominazione non compare nella bibliogra-
fia consultata sullo Stato di Sonora, dove viene chiamato iyowiame. Alcuni
pewateros sono tali dalla nascita, e nel corso della loro vita la missione si
fortifica. Altri ricevono gli insegnamenti da pewateros piu anziani, ed ap-
prendono attraverso lo studio e la pratica quotidian!. Altri ancora diventano
pewateros in eta adulta, in seguito a rivelazioni ricevute durante una malat-
tia 0 ad una crisi vitale. Cio nonostante \ pewateros non sono numerosi: nel
corso delle nostre ricerche abbiamo trovato un solo individuo che si defini-.
va tale, anche se abbiamo incontrato varie persone che conoscevano alcu-
ne piante medicinal!, che sapevano curare, SOBAR o che occasionalmente
esercitavano come levatrici, attivita queste fra le piu frequent! nella poco
diversificata medicina tradizionale praticata dai warijo. A parte quest! inter-
venti specific!, la maggior parte degli adulti conosce alcuni rimedi terapeu-
tici 0 alcune piante medicinal!, e in famiglia solitamente e la madre che
applica queste conoscenze nella cura dei familiari.
I rimedi terapeutici tradizionali provengono dal medesimo ambiente in cui si
svolge la vita sociale dei warijo. Vengono soprattutto usate piante come il
chanate, il chuchupate, il gordolobo, la manzanilla, il paio mulato, il laurel,
il guamuchil, il mezquite, la vinorama, il tabaco silvestre (per scopi
diagnostic!), e altre piante ancora. Si parla anche dell’impiego di argilla, di
tango, di COPAL e di alcuni animali o parti di essi, come la vipera, lo scor-
pione (contro gli avvelenamenti provocati dalle punture di quest! stessi ani¬
mali), il MOCHOMO (gli escrementi del quale vengono usati per lavare le
ferite infette), ecc.. Di solito la medicina domestica combina quest! ele¬
ment! local! con alcuni prodotti provenienti dall’esterno, come I’aspirina, gli
analgesic!, I’alcool, le iniezioni, il vicks vaporub, ecc..
Per quanto concerne le malattie che necessitano dell’intervento di un
pewatero troviamo i tipici disturb! dei bambini, come la CAIDA DE MOLLERA,
il malocchio, la diarrea, il morbillo; quelle che sono frequent! prima, duran¬
te e subito dopo il parto, come la minaccia d’aborto, il mal posizionamento
del nascituro, le emorragie, I gonfiori degli arti, i dolori addominali; le frat-
ture ossee, colpi, lussazioni, ecc.; e tutti quei males puestos provocati dal-
I’azione di un’altra persona o da uno stregone nel confront! del malato, o
dall’influenza di una pianta o di un determinate luogo. Per quanto riguarda
le tecniche di guariglone, esiste una certa uniformity nell’uso di piante e
nella manipolazione di ossa e muscoli.
Per il resto, ogni pewatero utilizza delle modality diagnostiche personal!,
46
cosi come individuali sono gli ‘strumenti’ di lavoro. In parecchie occasion!
il pewatero esercita anche le funzioni di cantastorie e di sacerdote, essen-
do egli una persona di riconosciuto prestigio e al quale, per il suo sapere, si
richiedono costantemente opinion! intorno a decision! important! di natura
sociale che coinvolgono I’intera comunita. Alio stesso tempo e una delle
persone che meglio conoscono I’idioma warijo, le tradizioni e la storia miti-
ca del gruppo. Tutto cio lo autorizza ad utilizzare numerosi rimedi simbolici
nelle sue cure, durante le quali stabilisce una comunicazione da un lato con
il ‘cielo’, il ‘sopra’ o Dio (forza o provenienza ultima del potere con il quale
egli cura), e dall’altro con i pazienti.
Quella che segue, e la testimonianza che ci e stata offerta nell’agosto ’95
da un rispettato pewatero warijo di Chihuahua:
...lo sono don Juan Septimo, soprannominato Aristeo, pewatero
della Barranca che in warijo e chiamata Warerere, sparviero. Sono
nato ottantuno anni fa, e a quindici anni contemplai la scomparsa
del sole mentre ritornavo portando rami di palma con don Juan
Renteria...
...Iniziai a lavorare nella cura delle persone a quarant’anni, il gior-
no in cui venne un signore malato di questa zona della Mesa [di
Seriachi). Poi, una volta, salii al monte, mi addormentai e in sogno
mi dissero di tagliare un pezzo di legno dall’albero che avevo gia
usato per costruirmi un cappello, e con questo strumento avrei
dovuto curare la gente. Ho anche trovato questa pietra (un enor-
me quarzo) con la quale ‘limpio’ e accudisco i malati. Piu tardi,
quando ancora non sapevo se ero un pewatero, Vicente, un
curandero e SOBADDR che non abita in questa zona ma piu in
alto, mi lascid queste altre due pietre (due grandi biglie CANICAS)
e mi disse che dovevo andare per i villaggi a curare le persone.
...Con questa pietra devo SOBAR tutto il corpo, sopra e sotto,
sino a quando risulta chiaro che cosa ha il paziente, e si scopra il
‘mal puesto’ (maleficio) in base al colore che segnala, se c'e feb-
bre (verde), come se fosse un termometro, oppure se si tratta di
un ‘susto’. Allora, quest'altra pietra si mette su questa parte del
corpo e si incomincia a succhiare con la bocca sino a quando esce
il ‘verme’ che ha dentro, assieme alia gente che lo sta controllan-
do, e con questo si guarisce il malato, anche se a volte si deve
lottare parecchio.
...Una persona si ammala di ‘mal puesto’ quando qualcuno non gli
vuole bene, quando non e in buoni rapporti o non e simpatico a
qualcuno. Allora, per curarlo, solo Dio sa come fare, lo lo chiamo,
la in alto, in cielo, ed e la che si indice una riunione nella quale Dio
discute il caso, e al Suo cospetto portano il malato e quello che gli
ha fatto del male. II responsabile del maleficio non viene lasciato
libero, lo trattengono incarcerato e lo castigano, in accordo con
le scelte fatte da Dio, mentre il malato viene lasciato libero. e
ritorna con me, guarisce e vive tranquillo. Ci sono anche degli ani-
mali che recano danni al corpo di una persona, non per loro stessa
volontd, ma perch6 questa persona non 6 simpatica a qualcuno. il
quale gli mette quell’animale nel corpo. nella testa, nella spalla.
nel cuore o nello stomaco. Per questo quando la gente viene punta
da un animale. bisogna verificare se e state un animale qualsiasi a
ferirla oppure se e state per causa di un'altra perscna.
...Ic ccncscc scic tre medicine di erbe e radici. Una si chiama
salvia, I’altra e il jejcte cimarron, e I’altra e una grande pianta
chiamata jece. Allcra le faccie bellire in un litre di acqua sine a
quandc ne rimane mezzc litre, pci ne dc’ un bicchiere al paziente
affinche espella quel male che ha nellc stemace c nel cerpc. He
sele tre medicine di piante, a parte quelle che mi vengcnc indicate
in scgnc, perche mi viene dettc di quali he bisegne, se si trcvanc
su un mente e ceme le devc raccegliere e pertare cen me.
...Die e il piu petente che e’e lassu. E una persena che sta cen
altre cinque c sei che gli stance effrende il Icrc petere, e tutti
assieme sene quelli che fanne venire la gente da quel pcstc.
E il piu petente perche e una persena grande, cen il velte grande e
Donne e bambini
Tarahumara.
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CAMARA
BARBACHANO
FERNANDO,
Warijios, IN AH
(dattiloscritto),
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Bulletin 186,
1961.
TORRES
LUCIANO
Entrevistado por
Eugenio Porras
en julio,
Transcripcidn de
Guadalupe
Fernandez y
Rosa Maria
Tamariz, 1995.
largo. Mi hanno chiamato lassu in sogno ed ho parlato con Lui, che
in spagnolo si dice Jesucristo ed in warijo si chiama mono, ossia
un padre che e Dio. Egli conosce ogni cosa e la racconta, purtrop-
po io sono un po’ sordo e I’udito non mi aiuta, anche se Jesucristo
mi ha gia dato alcuni consigli, mi ha dato dodici parole ed ora
conosco meglio quello che devo fare.
Quando moriamo la nostra casa rimane qui sotto, ci seppelliscono
con la nostra bara, con la casa o il corpo, e Tunica cosa che va
lassu e Io spirito, Tanima. In warijo si chiama 'arewa', la ‘macchi-
na’ che ora sta lavorando, poi esce e lassu la raccolgono. Ma se
abbiamo fatto molti errori, o se siamo stati violent!, o ladri o cat-
tivi allora non saliamo. Questi non salgono, restano gib, piangendo
nel vento, e sino a quando non li raccoglie Jesucristo vagano pian¬
gendo quaggiu. Per questo bisogna fare una festa al defunto, reci-
targli il rosario, riunire famigliari e parenti, fratelli, zii, papa. Uc-
cidiamo un capretto, offriamo tamales e pozole (cibi tipici della
zona n.d.T.) al cantador, e con questo pub salire, non rimane qui
con noi, viene accolto lassu da sua madre o suo padre.
...Qui ci sono due signori che possono rimanere quando io me ne
andrb. Ho un figlio che perb vive nello State di Sonora, ed un ra-
gazzo che ora sta qui ma e un tipo duro, non riesco a controllarlo,
ha altri pensieri per la testa e non vuole stare con me. Perb nei
miei sogni Io sto accompagnando lassu, siamo quasi arrivati e ci
manca solo di essere ricevuti dal nostro Jesucristo, e allora Lui
decidera dove bisogna andare. Perb non sono certo che mi resti
ancora molto tempo da vivere, e pub darsi che mi ammali e muoia
prima di lasciargli il compito di curare la gente.
...Nel 1910, quando i porfiriani andavano facendo la guerra, pas-
sarono di qui alcune persona che stavano recandosi ad uccidere il
signor Saenz de Arechuybo. Poi si diressero verso Chinipas e da li
a Cerro Prieto, da dove vengono gli indios yaqui ed i mayo. E in quel
luogo scese Jesucristo e gli disse: "Se voi continuate a litigare,
qui finisce tutto". Poi diede un colpo ad una spalla di un altro ed
anche a lui disse: “Se non vi calmate, se non vi mettete d’accor-
do, allora morirete tutti, ma il mondo non finira, solo le persons
scompariranno". Allora quelli che stavano andando da una parte
alTaltra e quelli che venivano da la verso di noi si salutarono pro-
prio in quel posto chiamato Cerro Prieto, dove e’e un grande san-
to che si chiama Virgen de Guadalupe, e smisero di azzuffarsi, si
calmarono e ritornarono a casa. Perb ora tutti stanno litigando,
gettando bombe, e il mondo non finira anche se la gente muore
quaggiu, e scomparira tutta, se continue a bisticciare. Questo e
quello che so.
Conclusione
La medicina tradizionale e uno degli strumenti culturali e materiali piu im-
portanti di cui dispongono i warijd di Chihuahua. La sua realty b fondata su
una conoscenza specifica del contesto ambientale e delle propriety specifi-
che di piante, terre e animali. Inoltre b strettamente legata alia lingua, alle
cerimonie e ai miti e ai racconti che condensano la tradizione orale tra-
smessa dal gruppo. Nel pewatero o curandero warijo convergono tutta una
serie di attributi che lo presentano come una idealizzazione dell’essere, del
pensare e del sentire del gruppo per il quale interviene. Nello stesso tempo,
in accordo con le tecniche, le procedure e la cosmovisione di cui si avvale,
si presenta come un interessante modello di evoluzione dello sciamanismo,
nel quale si ritrovano molti elementi cristiani, ed il cui studio pud accresce-
re le nostre conoscenze sui fenomeni di sincretismo e di contatto culturale.
II limitato sviluppo e la scarsa conoscenza che abbiamo della medicina tra-
dizionale warijo riflette I’attuale situazione di emarginazione ed isolamento
(in parte desiderate ed in parte subito) che predomina in questa popolazio-
ne indigena. Inoltre evidenzia la necessity di realizzare programmi e ricer-
che nell’area da loro abitata per sistematizzare le informazioni in loro pos-
sesso e rivalorizzare la loro cultura, le forme autoctone di organizzazione
sociale e le loro proprie concezioni di sviluppo. Tutto questo nel rispetto
delle diversity umane, per evitare che I’etnocidio statistico dei numeri arrivi
a coincidere con la realta di came ed ossa.
ARTALEJO JULIO
Entrevistado por
Eugenio Porras
en abril,
Transcripcion de
Rosa Maria
Tamariz, 1995.
SEPTIMO
ARISTEO
Entrevistado por
Eugenio Porras
en julio,
Transcripcion de
Alberto Rivera,
1995.
Pianta
di Tabacco,
Nicotiana
Tabacum L
BANISTERIOPSIS Caapi
(Spruce ex Griseh) JVtortorv
PSICODINAMICA
CON A YAHUASCA
Nel 1992-93 la SISSC decise di condurre un lavoro sperimentale sugli ef-
fetti dell’ayahuasca. Uno del soci fondatori, Antonio Bianchi, medico ane-
stesista, spesso in viaggio nelle regioni amazzoniche e andine, era venuto
in contatto con numerosi curanderos che facevano uso di questa bevanda,
nota anche come “vino dell’anima” o “liana della morte” (in lingua guacha
“anima” e “morte” sono la stessa parola) e, successivamente, era venuto
in contatto con i membri della Uniao de Vegetao, una setta sincretista, mol-
to diffusa in Brasile, che usa la bevanda come strumento iniziatico/evolutivo.
Bianchi era rimasto molto impressionato dalla costanza e dalla predittivita-
degli effetti della bevanda e poiche questa non era considerata una “droga”
e si poteva importare liberamente, propose che la SISSC iniziasse delle
ricerche addirittura in collaborazione con la Uniao de Vegetao.
Lidea piacque all’allora Comitato direttivo e si fecero varie riunioni per met-
tere a punto il progetto e poi tre sedute sperimentali nel corso delle quali
vari Soci volontari ingerirono la bevanda e si sottoposero ai test che erano
stati decisi.
I risultati di queste ricerche furono comunicati al II Congresso Internaziona-
le per lo Studio degli Stati Modificati di Coscienza a Lerida nel 1994, con il
titolo: '"Preliminary results of a study on the psychodynamic effects of
ayahuasca” a firma di Maria Clotilde Rossi, Antonio Bianchi, Bianca Braggio,
Gilberto Camilla, Francesco Festi e Marco Margnelli.
Considerati i mezzi a disposizione e le possibilita operative, era stato deci-
so di studiare gli effetti psicodinamici della bevanda e poiche questi abi-
tualmente vengono valutati con dei questionari somministrati dopo I’espe-
rienza, si discusse a lungo sull’opportunita di aggiungere alia letteratura
gi^ pubblicata un doppione di effetti gia noti. Si desiderava fare qualcosa di
meglio se non qualcosa di originale e innovativo.
Alla fine nacque I’idea di paragonare tra loro due test di Rorschach, sommi¬
nistrati alio stesso soggetto, uno prima dell’esperienza e I’altro al picco
degli effetti della bevanda. In tal modo, il primo test veniva a costituire una
sorta di condizione di riferimento, mentre II secondo avrebbe rivelato le
variazioni indotte dagli alcaloidi deH’ayahuasca.
Come 6 noto, il test di Rorschach, detto anche “test delle macchie d’inchio-
stro", 6 un test proiettivo che consiste in 10 tavole (sulle quali ci sono effet-
tivamente delle macchie d’inchiostro) che vengono presentate in un ordine
prestabilito e che il soggetto deve interpretare seguendo la sua immagina-
zlone e cioe dicendo cosa vi vede e quali associazloni le figure gli fanno
venire in mente.
Marco
Margnelli
Presidente della
SISSC.
Neurofisiologo,
Milano
Banisteriopsis
Caapi, uno degli
ingredienti
principal!
deH’Ayahuasca.
Illustrata da
EW Smith
II test e in uso clinico da piu di mezzo secolo e percid e stato tarato su
migliaia di soggetti. L’interpretazione delle risposte viene fatta dopo una loro
classificazione in categorie (animali, persone, situazioni, colore, movimen-
to, eccetera) ciascuna delle quali ha un provato significato psicologico.
II test rivela principalmente I’abilita (ma anche la capacita e la fantasia) nel
costruire immagini mentali partendo dalle figure delle tavole che, in realta,
sono proprio macchie informi di inchiostri colorati. II tempo e la pratica
hanno fatto attribuire a ciascuna tavola un nome, perche la media delle
risposte delle migliaia di soggetti che hanno subito il test cadeva in una
precisa area di significati.
Ciascuna tavola contiene dei messaggi subliminali che si riferiscono alle
autodifese che ciascuno di noi costruisce per difendersi da quanto lo ango-
scia, perche non lo ha capito o perche lo ha traumatizzato. L’idea che aveva
suggerito di confrontare tra loro i risultati di due test uguali ma subiti in due
stati diversi della coscienza era che mentre i test a questionario indagano
su “c/?e cosa succede" questa procedura poteva permettere anche qualche
ipotesi sul “come e perche” succede.
In altre parole, se in stato di coscienza ordinaria, nella tavola che ricorda i
genital! femminili il colore rosso viene ignorato perche innesca sgradevoli
associazioni con il sangue mestruale o perche innesca sgradevoli ricordi
autobiografici con la violenza del parto e invece, al picco dell’effetto
dell’ayahuasca, il colore rosso diventa oggetto di profonda attenzione e di
accurata elaborazione significa che sono cadute delle barriere, che si e creato
un coraggio introspettivo che prima non c’era e che si e creata una disponi-
bilita a rielaborare esperienze problematiche che nello stato di coscienza
ordinaria venivano differite o trasposte.
Queste dinamiche psicologiche, se vere, potrebbero giustificare sia il signi¬
ficato iniziatico che gli sciamani amazzonici attribuiscono agli effetti
dall’ayahuasca, quanto giustificare la funzione evolutiva che I’uso
dell’ayahuasca avrebbe sulla psiche individuale come sostengono gli adep-
ti 6e\yUniao de Vegetao. Nel primo caso, diventare coscienti dell’origine di
conflitti “incoscienti” che hanno “bloccato” la libera vita psicologica, as-
somiglia al processo catartico dell’esperienza psicoanalitica oppure alia “il-
luminazione” che pub essere raggiunta attraverso un processo autoanalitico
0, anche, all’accettazione di pulsioni aggressive o fortemente affermative,
che la coscienza ordinaria non pub accettare, mentre quella “modificata”
accetta come variant! di una realta potenziale o come opzioni di una realta
piu ampia e impersonale di quella che la miopia dell’egoicita aveva impedi-
to di vedere e che offre vie di fuga, percorsi alternativi o insperati compro-
messi salvifici, con la ricchezza e la fantasia proprie della migliore creativi¬
ty. Nel secondo caso, I’uso sistematico della bevanda, proprio grazie a tali
meccanismi psicodinamici permetterebbe una crescita interiore costellata
di problem! interiori piccoli e grand! affrontati e superati fino al loro esauri-
mento.
Layahuasca che il gruppo sperimentale aveva a disposizione era stata for-
nita da uno dei dirigenti brasiliani 6e\\'Uniao de Vegetao. Era conservata in
un bidoncino di plastica e purtroppo non si riusci a fame dosare il contenu-
to dei principi attivi.
Le sedute sperimentali avvennero in ample case di campagna messe a di¬
sposizione da una volta con I’altra da uno dei membri del gruppo.
Si osservarono alcune regole dietetiche ed igieniche suggerite in tali casi,
quale quella di ingerire il vino dell’anima a digiuno da almeno otto ore, dopo
essersi astenuti dall’alcol almeno da un giorno, essere ben riposati e cosi
via. I primi eftetti deH’ayahuasca, infatti, sono piuttosto sgradevoli.
Si vomita, si diventa molto inquieti o angosciati, si hanno attacchi violenti di
diarrea o ci si ritrova con I’addome gonfio di gas che I’intestino fatica ad
espellere. Sono eftetti che durano circa due o tre ore e vengono minimizzati
(ma non aboliti) dal digiuno o dalle altre precauzioni igieniche di cui si e
detto. In totale parteciparono all’esperimento circa 20 volontari che bevve-
ro una dose di ayahuasca corrispondente a circa due bicchieri.
I risultati dell’esperimento furono molto netti se non addirittura superior!
alle aspettative. In generale sotto I’effetto dell’ayahuasca I’interpretazione
delle tavole divenne piu ricca, piu dettagliata e piu creativa di quanto era
avvenuto nel test preliminare. I soggetti tendevano a sostare su ogni figura
molto piu a lungo delle medie abituali, sia ricordando I’interpretazione che
avevano dato nel primo test che arricchendola e correggendola, sia dando
nuove interpretazioni. L’aderenza formale alle tavole era conservata, nel
senso che ogni tavola continuava a evocare il significato recondito che,
come si e detto, gli e stato riconosciuto dalle migliaia di individui sottoposti
nel tempo al test cosicche le interpretazioni e le associazioni concettuali
erano coerenti con il significato generico di ogni tavola. Era pero piu ricco.
Nel 90 per cento dei test di picco comparvero contenuti biografici primari
profondi, come ricordi delle relazioni con i genitori, traumi psicologici,
pulsioni aggressive nei confront! dei padri o delle madri, esperienze emo-
zionali represse e cosi via, proprio come se I’ayahuasca avesse dissolto
delle barriere censorie e quest! contenuti fossero stati lasciati liberi di dila-
gare nella coscienza senza causare angoscia o malessere.
Quest! contenuti, nei primi test erano comparsi in percentuale assoluta-
mente minore. Per esempio, alia seconda tavola (che evoca il tema della
separazione/differenziazione) un soggetto, nel primo test aveva detto che
gli faceva venire in mente “due persons asessuate” mentre nel test di picco
disse “due peni rossi. Mestruazioni esplosive", passando da un commento
cauto (ma centrato sul tema) ad una percezione intensa della differenziazione
sessuale maschile/femminile.
Un altro, sempre alia seconda tavola, nel primo test commento “Una ma-
schera", nel secondo “Una faccia triste che piange; i bianchi tra i rossi
sono gli occhi; sotto c’e la lingua, anche perche e rossa; oppure e qualco-
sa che viene vomitato”, passando da una percezione impersonale e affetti-
vamente poco pregnante ad una ad alto contenuto empatico a sfondo
depressivo. Ad un terzo soggetto, la stessa tavola indusse un’esperienza
simile e mentre nel primo test disse: “Una maschera grottesca”, nel secon¬
do vedeva “nel rosso un gioco geometrico che si espande e diventa occhi,
occhi che esprimono molto dolore”.
Non sempre Tayahuasca sblocca le difese, come del caso di un soggetto al
quale prima dell’assunzione della bevanda la tavola faceva venire in mente
“Un muso di gatto“ mentre nel test di picco disse:7/spef/o a prima mi attira
molto; ci vedevo la faccia di un gatto; adesso proprio no; bella la punteg-
Qiatura rossa sul nero, senza significato ma bella; sfumatura con punti ros-
53
si; infinitipunti rossi in un nero profondo” dimostrando una difesa dal con-
tatto con contenuti angosciosi mediante una elaborata verbalizzazione de-
scrittiva.
II carattere estetico delle associazioni sembra proteggere I’io da un’elabo-
razione su contenuti piu emozionali. Alla terza tavola del Rorschach, che
rappresenta la relazione e quindi i ruoli, I’identificazione sessuale e il vissu-
to rispetto ai genitori, alcuni soggetti reagirono in modo altrettanto psico-
dinamicamente modificato. Un prinfio soggetto (di sesso maschile), al test
preliminare, vide ‘'due donne che cucinano” mentre nel test di picco vide
“due negre tettute; scavano nel cervello di quaicuno; esce qualcosa”, sug-
gerendo il passaggio da una percezione stereotipata del femminile, legata
alle funzioni nutritive (bisogni orali) ad una piu arcaica istintiva-regressiva
(seno come allattamento) ad una creativa, torse alludente alia procreazione
(dal cervello esce qualcosa).
Questa interpretazione, come quella che segue, sono molto interessanti,
perche segnalano un fenomeno psicodinamico in parte inatteso, e cioe
I’emersione di ricordi/associazioni/vissuti sul parto e sulla nascita, e costi-
tuiscono uno dei risultati piu interessanti della ricerca.
II secondo esempio di tale dinamica profonda e la risposta alia terza tavola
di un soggetto che al primo test aveva 6e1Xo\"donne piegate su un vassoio,
oppure danzatrici negre; potrebbero battere un tamburo; potrebbe essere
anche un vaso" mentre nel test di picco b\sse’"primo impatto, sempre quelle
gia descritte; poi un alieno, quasi come se volesse proteggersi; due occhi
scuri; poi quest! occhi scuri, questo cuore incredibile; e bello, e convin-
cente per questo rosso; le due donne che prima battevano il tamburo ora
afferrano la maschera di un uomo e se la contendono: la lacerazione di
Dion iso; questa maschera ha un’espressione distaccata; e poi c’e questa
cosa che esce ed e il messaggio del gigante; mi place un sacco; il parto;
un messaggio”.
II passaggio psicodinamico da una elaborazione genericamente estetico/
difensiva ad una simbolica su temi piu emotivamente coinvolgenti pub es¬
sere paragonato a quello del soggetto precedente, ma I’allusione al parto e
troppo diretta per passare inosservata.
La rimozione delle censure nei confront! di temi psicologici delicati e stata
comunque sempre molto evidente, indicando con chiarezza che anche
I’ayahuasca possiede i cosiddetti “effetti psicolitici” di molte sostanze
psicoattive, effetti che vari psicoterapeuti hanno proposto di sfruttare per
rendere le terapie piu rapide e profonde. Molto significative in tale direzione
sono le interpretazioni alia quarta tavola del Rorschach che evoca il tema
del padre, dei rapporti col genitore, dei rapporti con I’autorita e dello svi-
luppo dell’identita virile. Oppure un terzo che vedeva “uno scimmione” e
poi, sotto I’effetto dell’ayahuasca dice: “emerge la potenza virile tallica ed
io mi sento schiacciato; sara mio padre che mi somiglia”. II primo e il terzo
ricordano padri autoritari, ma mentre il primo sembra non aver superato II
rapporto di sudditanza, il secondo riconosce in s6 la stessa potenza che
vedeva in suo padre.
Un quarto soggetto, che nel primo test vedeva “un signore visto dal basso
con un pene enorme”, nel test di picco elabora completamente la dinamica
di riconoscimento/competizione/demolizione della figura paterna: Vedo lo
stesso signore di prima; la coda non d un pene, ma una coda; il pene non
ce rtia, e appoggiato con dei piedoni su una lastra di vetro; io sono sotto la
lastra, forse e appeso; impiccato; rtio visto cosi, da piccolo, mio padre, da
sotto in su, lo vedevo enorme; ora e sbudellato; rottami appesi; vestiti,
non vedo bene la faccia, potrebbe essere legato ad un tronco\
Disegno di Yando
de Rios. 1977.
sulle visioni
ayahuasca
durante una
t.rrimonia
curativa
Le stesse dinamiche, riassunte in poche parole, si riconoscono nelle inter-
pretazioni di un soggetto che prima vede "'un mefisto” e poi “t;/? uomo im-
palato; Dracula con stivali, pene floscio, esaurito”.
Oppure: “gatto Silvestro” e poi “gatto Silvestro schiacciato sotto un rullo
compressore". In un altro caso, I’ayahuasca fa emergere seri problemi di
sviluppo dell’identita maschile e una presenza ancora forte della compo-
nente femmminile. Al test prelinfiinare, il soggetto dice: “vedo una foglia
secca; non so cos’e questa parte superiore; e un condotto di qualche cosa;
lo scarico di tutto o I’inizio di quaicosa" e poi nel test di picco dice: ""mi
aveva colpito questa parte in alto: vedo che tutte (le tavole) hanno in co-
mune due meta; tutte in comune il simbolismo di un fiore in sezione o di un
fallo femminile. Prima avevo visto la foglia secca; ora non mi colpisce piu
particolarmente”.
L’indebolimento delle censure o la comparsa di rimossi avveniva anche per
altri temi psichici delicati, quali il sesso o la morte. Nella sesta tavola, un
soggetto, nel test preliminare vede “un filetto di merluzzo spiaccicato” e
poi “un morto; la morte qui; (la tavola) mette alia prova lo spirito di osser-
vazione: prima non vedi, poi guard! e guardi; basta, ho visto troppo”.
Alla settima tavola, “due void che uriano" diventano “due falli eretti uno
contro I’altro". Sempre nella settima tavola, un soggetto prima vede “due
teste di bambina con le trecce" e poi viene “colpito, come nelle altre tavo¬
le, dal la giuntura, dove convergono le due immagini. In tutte c’e un punto
di fusione e di separazione insieme, con aspetti cromatici bellissimi, inten-
si". Nell’ottava tavola un altro soggetto vede prima “degli animali” poi “un
animate che divora tutto; divorare e il suo destino".
Nella nona, “una pianta; un cactus" e poi “folletti con riso sardonico; un
organo sessuale femminile con gam be aperte”.
Come si diceva piu sopra, I’emersione di ricordi/associazioni e vissuti ri-
guardanti il parto o il momento della nascita e stato un risultato parzialmen-
te inatteso, da una parte perche nei test di Rorschach questi contenuti sono
rari, dall’altra perche Grot aveva gia segnalato un tale tipo di spinte
psicodinamiche sia come effetto della LSD, che come effetto della respi-
razione olotropica (il metodo di terapia da lui messo a punto) che come
corollario abituale dei cambiamenti di stato di coscienza.
Nel materiale di questi esperimenti con I’ayahuasca risposte di tale tipo nei
test di picco si sono avute in ben il 50 per cento dei soggetti. Per esempio,
nella prima tavola, al test di base, un soggetto vede: “un muso di animate;
una maschera minacciosa; due uomini che ballano; un animate che vola;
un profile maschile con nasone; una dea” mentre nel test di picco, coglie:
“la dea di prima; un demone che vuol fare paura ma non ci riesce; anzi, ha
preso delle legnate in testa; non avevo notato le manine e la vulva tra le
manine; esce....bacino del sesso femminile, si apre verso il basso e quai¬
cosa esce . la nascita e un momento tremendo; I’asse centrale d impor-
tante, ma non so perche".
Un altro, nella sesta tavola, aveva visto: “una pelle distesa ad asciugare;
organ! sessuali maschili e femminili; una scultura" mentre nel test di picco
dira (ridendo): “e un uomo piccolo, piccolo con i piedi bianchi; brava la
bernarda che lo libera".
Un terzo, sempre nella sesta tavola, prima vede “una spada conficcata nel-
la roccia” e poi ""due piedi che provocano una lacerazione per uscire di
qua” (indicando un punto della figura).
Mentre in alcune elaborazioni si e notata una certa continuita tra le associa-
zioni durante il prime test e le elaborazioni nel corso del secondo, I’emersione
di questi contenuti pub avvenire anche solo nel secondo test e costituire
un’interpretazione della tavola univoca e monotematica, come nel caso di
questo soggetto che, nel test di base vede nella sesta tavola “una fata; un
folletto che danza; due void di lupi", mentre nel test di picco la stessa tavo¬
la gli fa venire in mente “I’ingresso di un’apertura, ia fessura e lunga e
stretta; questa e una profondita (indica un punto della figura); potrebbe
essere opprimente se i muri si incontrassero, ma non s’incontrano; se si
incontrassero non avremmo piu via di scampo; poi la croce (indica di nuo-
vo un particolare della tavola); si pud morire o ci si pud salvare; I’apertura
ricorda I’utero”.
Le associazioni riguardanti il parto e il momento della nascita non venivano
evocate da una tavola in particolare, ma potevano essere innescate da tut-
te. Nell’ottava tavola, per esempio, una soggetto aveva visto: “due animair
mentre nel test di picco, gli stessi due animali diventano “animaletti che
spingono e una lacerazione; sono tutti in fase di lacerazione; c’e anche
qualcosa per raccogliere; ii tunnel e necessario per fare nascere questi
gattr. Anche un altro soggetto, nella stessa tavola, prima dell’assunzione
dell’ayahuasca vede “due animali alle estremita; potrebbero essere due
felini, ma non vorrei sbagliare; no, due lontre" e poi nel test di picco vede
“ie stesse cose di prima” ma con “un bell’impatto colorato” e viene “colpi-
to di piu dalla colonna centraie attraverso la quale passa, pud passare qual¬
cosa; scendere; uscire”.
Oppure dalla nona tavola, nella quale un soggetto al test di base vedeva “la
radiografia di un bacino” e poi 6\sse:"deve succedere qualcosa ali’interno,
come un calice che promette; come qualcosa in formazione; ora sta bene
Ii, poi dovra nascere; sono piu interessanti di prima (le tavole)”. Un’ultima
serie interessante di contenuti che I’ayahuasca sembra slatentizzare riguar-
da I’area magico-religiosa e spirituale. Anche questo risultato era parzial-
mente atteso: non a caso H vino dell’anima e usato dagli sciamani come
strumento professionale e dagli aderenti alia Uniao de Vegetao come po-
zione iniziatica.
Tuttavia, anche molte altre sostanze hanno tale potere stimolante, tanto da
essere state anche definite “enteogeniche”, ovvero “rivelatrici delle divinita
interiori”, cosicche poteva sembrare un effetto psicodinamico scontato. In
realta, come si vedra piu avanti, la comparsa di un alto numero di interpre-
tazioni/allusioni alle dimension! trascendenti nei test di picco, confermava
analoghe osservazioni di Stanislav Grof, non solo sugli effetti della LSD, ma
anche sulla sua ipotesi che le modificazioni dello stato di coscienza dareb-
bero luogo, obbligatoriamente, a quattro tipi fondamentali di esperienze:
estetica, autobiografica, simbolica o transpersonale. Tra gli esempi di que¬
sti avvenimenti psicodinamici si pud citare il commento alia prima tavola di
un soggetto che nel Rorschach in stato di coscienza ordinario vedeva “due
angeli che si incontrano” e nel secondo test disse: “bella; la prima cosa
che mi rimanda e un volto; un volto che mi fa capire che d possibile cono-
scere una persona soltanto partendo dagli occhi”.
57
Oppure, di quell’altro soggetto che nella quinta tavola vide "'una farfalla” e
poi, nel test di picco disse: ''un’immagine poetica di una farfalla notturna
che vive nelle caverne, che ha come momenta della propria vita la notte; ha
una sua dignita nel contesto In cui vive; ho gia avuto questa sensazione, di
sentire 11 mio volo nella notte silenziosa.
Con I’ayahuasca sento le cose in modo concrete, materiale; sento la soli-
Kiecksografia di ^ccomuna. La farfalla e ancorata a questo habitat,
Justinus Kerner, cosi anche I’uomo. Vlsta dall’alto la terra e un sasso. Perche separare la
1857. ’ farfalla daH’uomo? E tutto una cosa sola”.
0 anche I’evoluzione associativa dei commenti
all’ottava tavola di quel soggetto che nel pri¬
me test vedeva ""due orsi che si allontanano
dalla preda gia mezza mangiata, e’e 11 san-
gue" e nel secondo elabora: “giaguari, e cie-
lo in alto, che attrae, tocca I giaguari; manda-
rino, simbolo complesso da decifrare; ecco
perche iniziatica; storia dell’asse centrale; qui
nel verde (indica un punto della tavola) si vede
uno scheletro con uno strano pene".
L’innesco delle esperienze transpersonal! si
poteva accompagnare a una vaga sensazione
di smarrimento, cosi come potrebbe avvenire
quando i punti di riferimento abituali perdono
parte della loro potenza. Un soggetto diceva:
“vediamo se riesco a perdermi; e ricco di sug-
gestione, e un mondo mitico; so che sto Im-
maginando; questo angelo potrebbe essere
un extraterrestre calato nel nostro mondo; in
questo momenta mi sento parte della terra;
se un globulo sanguigno si immaginasse di
avere una vita propria, con I’ayahuasca siren-
derebbe conto di essere parte di un tutto”.
0, per finire, il commento alia decima tavola
di un soggetto che nel test di base vedeva “un
guerriero samurai; la faccia” e nel test di pic¬
co vedeva “cose bellissime; armonia; slmme-
tria in sintonia con le forme natural!, come se
vedessi cose da vicino; un torero; fiori; da vi-
cino; troppo da vicino; diventano altro.... non
so... ora...”.
Al di la delle possibili critiche metodologiche
0 della preliminarieta dei risultati, questa ri-
cerca sugli effetti psicodinamici dell’ayahua-
sca rappresenta una delle migliori iniziative
della SISSC. L’idea di utilizzare il test di
Rorschach prima e al picco degli effetti della
bevanda e molto originale e meriterebbe di
essere raffinata e perfezionata in modo tale
da diventare un metodo corrente per lo studio
delle sostanze psicoattive o di altri stati modificati di coscienza. Raffinarla
significherebbe, nel caso deirayahuasca, aumentare il numero dei soggetti
sperimentali, tenerli all’oscuro degli scopi dell’esperimento (dicendo solo
Che assumeranno la pozione, ma non dando spiegazioni sul perche do-
vranno subire il test di Rorschach ne sul suo significato), elaborare accura-
tamente, punto per punto, tutte le dinamiche e i temi che compaiono nei
singoli test; elaborare statisticamente i dati; richiedere interpretazioni cro-
ciate con altri esperti di Rorschach all’oscuro deH’esperimento; confronta-
re questi con eventuali altri test eseguiti in stato di coscienza ordinaria, e
cosi via.
Perfezionarla significherebbe standardizzare tutta la procedura, rispettando
le regole della ricerca scientifica (per esempio, istituendo anche un gruppo
di controllo), dosando il contenuto in beta-carboline e DMT, paragonandola
con altre sostanze, e cosi via, mediante un lungo e faticoso lavoro che ri-
chiederebbe impegno e continuity Infatti, seppure preliminari, i risultati di
questa ricerca hanno dimostrato che I’ayahuasca possiede un potente ef-
fetto psicodinamico, tale da giustificare e confermare la fama di strumento
iniziatico/evolutivo che le popolazioni amazzoniche e gli aderenti al Santo
Daime o diiyUniao de Vegetao le attribuiscono.
Queste capacita riportano all’attualita I’idea di usare sostanze psicoattive
come adiuvanti nelle psicoterapie. Gia negli anni ‘60-70 Timothy Leary e
Richard Alpert avevano proposto I’uso della LSD e successivamente altri
quello del DMT o addirittura della ketamina. E stata chiamata lerapia
psicolitica” e le poche esperienze disponibili dimostrerebbero che molte
sostanze hanno gli effetti psicodinamici dimostrati dell’ayahuasca in que¬
sta ricerca.
Al di la delle difficolta politiche e pregiudiziali che la terapia psicolitica su-
scita, e chiaro che rappresenterebbe I’uso pratico degli stati modificati di
coscienza in terapia, un metodo che le popolazioni tribali praticano da se-
coli (anche se non e possibile parlare di psicoterapia) con risultati proba-
bilmente soddisfacenti, visto che non I’hanno abbandonata.
E ben vero che forse non hanno di meglio, sia culturalmente che chimica-
mente, ma non sarebbe la prima volta che I’esperienza empirica delle me¬
dicine primitive insegni qua'lcosa di “nuovo” alia medicina scientifica occi-
dentale. Come si e piu volte accennato, vari risultati di questa ricerca erano
in parte attesi. Studiando piu di cinquemila protocolli di seduta con la LSD,
Stanislav Grot, infatti, si e convinto che tale molecola pub dare luogo a
quattro tipi diversi di esperienza:
1) estetica, che consiste nelle allucinazioni colorate e nelle trasformazioni
psichedeliche degli oggetti della realta esterna che tutti conoscono e che
hanno ispirato il conio del termine “psichedelico”;
2) autobiografica, che consiste nell’emersione e nel rivissuto di memorie
personal! profonde riguardanti traumi, relazioni primarie, event! affettivi, lutti
e cosi via;
3) simbolica, nel corso della quale singole immagini assurgono al ruolo di
messaggi plurivalenti, densi di significati reconditi sulla struttura della mente,
su problemi psicologico/filosofici, suH’essenza delle cose e cosi via;
4) transpersonale, e cioe di contatto con dimensioni trascendenti, con il
mito, con i piani ultraumani e con il significato religioso della vita.
Nelle singole sedute si possono vivere tutte e quattro le esperienze mischiate
tra loro oppure una sola o due, con un grado di variabilita individuale legato
principalmente a fattori personologici e psicodinamici.
Le esperienze autobiografiche sono spesso consistite in memorie straordi-
nariamente precise degli eventi del-parto e della nascita, con un evidente
transito nell’esperienza simbolica.
La frequenza di questi ricordi era altissima, tanto che se un soggetto inge-
risce piu volte la sostanza, prima o poi ha questo tipo di esperienza. La
memoria degli eventi e prodigiosa: in molte occasioni Grot ha controllato la
verita di dettagli troppo precisi e inusuali per poterli ritenere allucinatori o
inventati, interrogando le madri di coloro che li avevano avuti e spesso que¬
sts si sono meravigliate che i figli potessero sapere particolari del parto
che esse non avevano mai loro raccontato.
Su tali basi, Grot sostiene che il parto e la nascita costituiscono una fonte
di spinte psicodinamiche estremamente potenti, che agiscono per tutta la
vita. Ogni fase del parto pud dare origins a vissuti traumatici molto vividi
che finiranno per funzionare come cause occults per angosce, malesseri e
vari disturb! psicologici collegati simbolicamente agli incident! avvenuti in
una delle fasi del parto. Quests sono quattro.
Nella prima, che viene detta anche “nirvanica”, il feto, che vive in uno stato
beatifico, cullato nel liquido amniotico, nel buio e nel silenzio, nutrito e ri-
scaldato, galleggiando leggero nel nulla, pud essere disturbato da eventi
chimici (scariche di adrenalina, intossicazioni materne, asfissia o penuria
di ossigeno), meccanici (traumi) o altri meno chiari che vengono (ardita-
mente) ipotizzati sulla base di una presunta comunicazione tra madre e feto
che avverrebbe per canali misteriosi, ancora da scoprire.
La seconda fase del parto e quella nella quale, all’lmprovviso, lo stato
nirvanico viene interrotto e iniziano le contrazioni del travaglio. II feto si
sente scacciato, schiacciato, e (forse) rifiutato. La minaccia di morire stri-
tolato lo induce a cercare una via d’uscita e a impegnarsi con tutte le sue
risorse in una fuga difficilissima e faticosissima.
Nella terza fase si verifies il passaggio attraverso il canale del parto, che
viene ricordato spesso come il transito attraverso un “tunnel” angusto e
interminabile, con la sensazione che il passaggio possa interrompersi da
un momento con I’altro e si rest! imprigionati fino a morire.
La quarts fase, quella finale, dopo I’espulsione del feto, e caratterizzata dal
primo respiro, dal freddo, dai rumori, dal taglio del cordons ombellicale e
dalla sensazione che da li in avanti occorrera cavarsela solo con le proprie
forze. Tutto il parto e caratterizzato da un rapporto di alleanza/assistenza
che la madre con la sua abilita e serenita nel partorire, trasmette misterio-
samente al feto. Grot ha chiamato le quattro fasi “mafr/c/ basali perinatair
e ha ricostruito fase per fase una presunta influenza dei vissuti soggettivi in
ognuna di esse sullo “stile” psicologico, le tendenze, I comportamenti e i
disturb! degli individui. E una teorizzazione ardita, che la psicologia acca-
demica rifiuta sdegnosamente e che, comunque, non ha ancora ricevuto
un’adeguata conferma sperimentale. Nella ricerca suirayahuasca. quindi, i
ricordi e i comment! sulla nascita e il parto sono stati molto important!, sia
perche hanno confermato le osservazioni di Grot, sia perche dimostrano
Che anche altre sostanze possiedono lo stesso drive psicodinamico e per¬
che rendono piu credibile la teorizzazione successiva di Grof sulla struttura
deirinconscio.
Infatti, poiche gli stessi tipi di esperienza si verificano anche in seguito alle
sedute di “respirazione olotropica”, un metodo per provocare nfiodificazioni
dello state di coscienza che Grof ha sviluppato per poter fare a meno di
innescatori chimici, Grof ha pensato che ogni modificazione dello state di
coscienza sfoci obbligatoriamente in una delle quattro possibili esperienze
scoperte con la LSD. Anche questa e un’idea che dovra essere sottoposta a
verifica sperimentale e cio richiedera tempo, impegno, lavoro e “fede” nelle
intuizioni di Grof. In ogni case, gli esperimenti con I’ayahuasca di cui si e
riferito giustificano le credenze sulle sue proprieta iniziatico/evolutive e sul¬
la sua potenza psicodinamica.
Disegno di
Yando de Rios
raffigurante un
felino, figura
ricorrente
durante le
esperienze con
ayahuasca.
RANORAM/CA SULLA
R/CEHCA CON DMT
Rick J.
Strassman
M.D.
Dipartimento di
psichiatria,
Universita del
New Mexico,
Albuquerque.
62
Articolo
originariamente
apparso su;
/WAPS, vol 8(3),
1998: 4-11.
La redazione di
ALTROVE e la
SISSC ringrazia-
no il dr. Strass¬
man e lo staff di
/WAPS per la
gentile conces-
sione alia
versione italiana.
MAPS. 2105
Robinson Ave.
Sarasota
Florida
34232
WWW maps.org
Preludio: le prime session!
Nel Novembre del 1990 somministrammo a Philip la prima dose di DMT del
nostro progetto di ricerca. In quel primo caso la somministrazione avvenne
per via intramuscolare (IM). Diversamente da quanto facemmo in seguito.
Come si vedra, gli effetti del DMT IM furono scarsi, e dopo quella prima
seduta passammo alia somministrazione per via endovenosa (EV).
Quando iniziai il progetto DMT, Philip era un uomo di 45 anni, di statura e
corporatura media, barba e occhiali, psicologo clinico di fama internazio-
nale, psicoterapeuta e conduttore di workshop.
Philip aveva in precedenza gia fumato il DMT, ed io ero contento che lo
avesse fatto. Lui e Nils, il nostro secondo volontario, lo avevano fumato
circa un anno prima, a casa di Philip. Fu il giorno dopo che uno sciamano
peruviano, o guaritore tradizionale, condusse una cerimonia religiosa uti-
lizzando piante contenenti DMT. La pozione in questione e conosciuta come
ayahuasca o yage, la famosa “liana dell’anima” o “liana dei morti”. I due
furono entusiasti di questa forma oralmente attiva di DMT, ed erano curiosi
di fumare la sostanza il giorno successivo, quando alcuni partecipanti al
workshop I’avrebbero resa disponibile. I due volevano provarne gli effetti in
modo piu rapido e intense. L’esperienza di Philip e di Nils col DMT fumato
fu quella tipica di molti individui. Incredibile rapidita degli effetti,
caleidoscopica apparizione di visioni e sensazione di separazione della co-
scienza dal corpo fisico. E, piu curiosamente, un sentimento dell’a/fro in
qualche modo all’interno del mondo allucinatorio al quale il DMT permise
loro I’accesso.
Anche se non incoraggio I’abuso di psichedelici, soltanto chi ha esperienza
con queste sostanze e un potenziale candidate per la nostra ricerca. Ci6 6
dovuto in gran parte a motivi di “consenso informato".
Si pub veramente sapere cosa accade con questo tipo di ricerca senza aver
avuto la propria personale precedente esperienza?
Era difficile credere che fossimo pronti a somministrare il DMT. II processo
per ottenere I’autorizzazione e i fondi necessari che durb due annI e che
credevo non avesse mai fine, era finalmente alle mie spalle. Se da un lato
eravamo arrivati a un giorno storico, il fatto che stavamo per somministrare
a Philip il DMT per via intramuscolare (IM), mi aveva gia proiettato al dopo.
Pensavo che il metodo IM fosse troppo lento e morbido rispetto alia droga
fumata. Quello che avevo letto sul DMT IM mi indicava che la sostanza avreb-
be impiegato piu di un minuto ad agire, molto di piu che col fumo, quando
gli effetti sono avvertibili fin dalla prima inalazione. Ma poiche tutte le pre¬
cedent ricerche sul DMT pubblicate, eccetto una, si riferivano al metodo
IM, fui costretto ad iniziare in questo modo.
Valutai che 1 mg di DMT per chilogrammo di peso corporeo, vale a dire
circa 75 mg, sarebbe stata una dose moderatamente alta, basandomi sulla
letteratura medica precedente. Erano ormai passati cinque anni dalla mia
ultima iniezione IM, e mi sentivo un po’ nervoso nel somministrare per que-
sta via la prima dose di DMT. Cosa sarebbe successo se avessi sbagliato?
Probabilmente la mia ultima IM fu di aloperidolo, un farmaco antipsicotico,
eseguita su un paziente psicotico in stato di agitazione. Pazienti di questo
tipo sono spesso stati precedentemente bloccati alle braccia e alle gambe
dal personale psichiatrico o dalla polizia per impedire che le loro condizioni
disorganizzate e spaventate possano tradursi in atti di violenza. Tutto cid
comporta che il braccio del paziente si trovi in una posizione relativamente
stabile per praticare un’iniezione.
Anche se cio accadeva alcuni anni or sono, potevo ancora ricordare la si-
curezza con cui facevo le iniezioni IM, avendone fatte centinaia durante un
periodo di circa dieci anni. Mi piaceva fare iniezioni. II segreto stava nel
pensare alia siringa come ad un dardo. Alla scuola di medicina ci era stato
insegnato ad immaginare di scagliare un dardo nel muscolo rotondo della
spalla di un paziente, o nel grande gluteo, che comprende la maggior parte
della massa della natica. Un singolo e fluido movimento, tale da permettere
all’ago di entrare nel muscolo, di solito da ottimi risultati. La pratica veniva
fatta su di un pompelmo. Ma Philip non era un pompelmo, e nemmeno un
paziente psicotico inviatomi per essere sedato. Era un collega, un amico,
un volontario con la nostra stessa preparazione in molti campi. Philip stava
per essere I’esploratore.
Eseguivo la tecnica neH’aria, prima di entrare nella stanza di Philip. Spiegai
quello che stavamo per fare: “Strofinero la tua spalla con dell’alcool. Pren-
diti tutto il tempo necessario per rilassarti. Poi introdurro I’ago nella spalla,
aspirerd per assicurarmi di non aver perforate nessun vaso sanguigno, poi
spingerd lo stantuffo della siringa. Forse sara un po’ doloroso, forse no.
Dovresti sentire qualcosa dopo un minuto o anche meno. Ed io non so di
cosa si tratter^i".
Philip aveva gli occhi chiusi, gid pronto ad avventurarsi In territori scono-
scluti, territori che solo lui avrebbe percepito, lasciandoci a vegliare sulle
sue funzioni vital!. Aveva bisogno di un po’ di tempo per rilassarsi e prepa-
rarsi. Chluse di nuovo gli occhi e disse: "Sono pronto”. L’iniezione fu fatta
senza II minimo Intoppo.
Dopo circa 60-90 second! Philip apri gli occhi, incomincid a respirare piu
profondamente e appari "alterato". Le pupille erano dilatate, si lamentava, i
lineament! del viso si ammorbidirono. Chiuse gli occhi mentre Robin, la
sua compagna, gli stringeva la mano. Alzd gli occhi su di lei dopo circa 25
minuti. Le sue prime parole furono; “Avrei potuto fare di piu”. Tutti noi ti-
rammo un sospiro di sollievo. Quaranta minuti dopo I’iniezione incomincio
a parlare con voce lenta e incerta, nel suo tono pacato. “Sono stato nel mio
corpo”, disse, intendendo dire di aver mantenuto la consapevolezza del suo
“se fisico pertutta la seduta”. Ha poi aggiunto: “Rispetto al DMT fumato la
visione e stata meno intensa, i colon meno profondi, le geometrie non ave-
vano la stessa velocita”.
Cercd le mie mani in segno di conforto. Le mie mani erano sudate per la
tensione e Philip rise di gusto della mia ansia, che era, chiaramente, mag-
giore della sua!
Quando si alzd per recarsi in bagno era abbastanza malfermo sulle gambe.
Al ritorno prese del succo di frutta e un po’ di yogurt mentre compilava il
nostro questionario. Si sentiva “fuori posto” mentre ci recavamo in un altro
edificio dove io avevo da fare alcune commissioni. Volli accompagnarlo e
vedere come stava per le successive due o tre ore.
Ci salutammo nel parcheggio e gli dissi che Io avrei rivisto in serata. Quan¬
do ci risentimmo Philip mi disse che lui e Robin sarebbero andati a pranza-
re dopo aver lasciato I’ospedale. Si sentiva di colpo piu attento e concen¬
trate. Mentre Robin percorreva le quaranta miglia che li separavano dalla
loro casa sulle montagne attorno Albuquerque, Philip era euforico, e i colo-
ri gli apparivano piu luminosi. Al telefono mi sembrd abbastanza contento.
Dopo alcuni giorni Philip mi fece avere un suo rapporto scritto. Particolar-
mente significative fu il suo ultimo commento: “Mi aspettavo di raggiunge-
re un livello piu alto, di lasciare il corpo e la coscienza dell’lo, di raggiunge-
re Io spazio cosmico, ma non e successo”.
Philip non riteneva che gli effetti avessero oltrepassato la soglia che lui si
aspettava. Questa soglia, che abbiamo chiamato “soglia psichedelica” de-
gli effetti pieni del DMT, e superata quando vi e una separazione fra la mente
e il corpo, e la completa sostituzione dei contenuti mental! con gli effetti
della sostanza. Vale a dire un sense di meraviglia, di timore, un sentimento
di innegabile certezza nella realta dell’esperienza. Simile livello non fu rag-
giunto da Philip con DMT IM.
Da parte mia ero contento di aver qualcuno come Philip nel ruolo di “cavia
umana”. Era psicologicamente mature e stabile, familiare con gli effetti di
queste droghe, e poteva fornire chiari e comprensibili parallel! fra gli effetti
delle diverse sostanze. Mi sentii rassicurato sulla correttezza di inserire nel
nostro progetto di ricerca soltanto consumatori esperti di psichedelici.
II racconto di Philip non lasciava dubbi sul fatto die gli effetti del DMT IM
sono inferiori a quelli del DMT fumato. Avremmo potuto somministrare una
dose piu alta IM, ma non credevo che do avrebbe fornito il caratteristico
rush (il passaggio fulmineo dalla normalita alia realta psichedelica) del DMT
fumato. Forse il fatto che c’e cosi poco tempo per prepararsi al rush rende
gli effetti della sostanza cosi inusuali. Non c’e molto da fare, se non stare
fermi e guardare, e ricordare. Non c’e nulla da elaborare.
Poichd il nostro lavoro si focalizzava sugli effetti degli psichedelici cosi come
di solito vengono sperimentati dai consumatori, credevamo fosse impor-
tante riprodurre il piu fedelmente possibile gli effetti del DMT fumato, il modo
in cui 6 di regola assunto “nelle strade".
Oltretutto pensavo che, poich6 il DMT 6 prodotto naturalmente dall’organl-
smo umano, il modo migliore per determinarne gli effetti e il possibile ruolo
sulla nostra vita mentale, fosse quello di farlo giungere al cervello il piu
rapidamente possibile.
Fumare DMT al research unit era impossibile. A parte il terribile odore che
emana la combustione del DMT, simile a quello di plastica bruciata, non
sapevamo quali prodotti potenzialmente tossici prodotti dalla combustione
potevano svilupparsi e finire nei polmoni. E non eravamo neanche sicuri
che tutto il DMT sarebbe stato assorbito con il fumo. I fumatori di DMT
dicono che di solito ci vogliono 3-4 profondi “tiri” per ottenere effetti pieni.
Sapevo che quando viene fumato la stanza sembra esplodere in milioni di
cristalli e il corpo con essa. Stabilire se si sta inalando o no diventa abba-
stanza complicato, cosi come sapere se si e immesso nei polmoni suffi-
ciente vapore di DMT. Parlai col collega che aveva sintetizzato il DMT, prof.
David Nichols della Purdue University, un’autorita internazionale nei campo
delle droghe psicoattive. Egli ritenne necessario passare alia somministra-
zione per via endovenosa, ma disse di essere felice di non essere lui a
percorrere quella strada! Chiamai allora il medico supervisore della ricerca,
il quale disse cinque parole che contemporaneamente mi sorpresero, tran-
quillizzarono e terrorizzarono: “E lei I’esperto. Decida lei”. Era vero, ma le.
implicazioni del commento erano enormi.
La ripresa della ricerca psichedelica americana su esseri umani avvenne
proprio con questo progetto, con la mia ideazione e la mia guida attraverso
il protocollo durato due estenuanti anni.
Ora lo stavo mettendo in atto. Con la responsabilita provavo anche una cer-
ta incertezza. Ero preparato a tutto cio, indipendentemente dagli anni di
training? I dubbi e i rischi erano tanti. Ed ora, dopo la nostra prima dose di
DMT, mi trovavo a dover decidere di fare con la sostanza una cosa mai
provata prima: immetterla direttamente nella circolazione di un soggetto sano
attraverso la via endovenosa (EV).
La sola notizia sul DMT EV era in un rapporto pubblicato negli anni '50, che
analizzava pazienti sofferenti gravi forme di schizofrenia, la maggior parte
del quali non era in grado di'fornire elementi chiari sulla sua esperienza. II
medico supervisore consiglio: "Provi con 1/5 della dose utilizzata IM; que¬
sto probabilmente vi dara i livelli massimi di DMT nei sangue e nei cervello
minor! di quelli avuti via IM, e dovreste avere spazio di manovra”.
Philip e Nils furono entusiasti di sottoporsi a questa nuova e inesplorata
fase della ricerca, quella di stabilire un soddisfacente dosaggio di DMT EV
in volontari normal!. Poich6 entrambi avevano fumato DMT, avremmo potu-
to stabilire direttamente un confronto fra il DMT fumato e per via endoveno¬
sa; e, nei caso di Philip, anche per via intramuscolare.
Nils, che viveva in Arizona, si trasferi con un gruppo di amici nei New Mexico
per un mese, in modo da poter cominciare il lavoro col DMT. Quando inizid
aveva 36 anni, negli ultimi anni aveva utilizzato sia marijuana che “funghet-
ti" contenenti psilocibina. Aveva anche scritto, sotto pseudonimo, dei li¬
bretti underground suH’uso psichedelico del veleno del rospo del deserto di
Sonora, veleno contenente altl livelli di un composto molto simile al DMT, la
5*metossi-DMT.
Nils era allampanato, affascinante e buffo ad averci a che fare. Nutriva un
forte interesse verso gli psichedelici ed era perennemente alia ricerca di
qualche sconosciuto animale o pianta che potesse avere un effetto psiche-
li Bufo Alvarius,
rospo
psichedelico del
deserto di
Sonora, produce
un veleno
contenente
alti livelli di un
composto molto
simile al DMT, la
5-metossi-DMT.
delico. Era una miniera di conoscenze di chimica e di piante sconosciute,
aveva preso LSD molte volte, “perdendo il conto dopo la 150® volta”. Non si
pud dire che fosse estraneo agli psichedelici e ai loro effetti. Rimase forte-
mente impressionato dalla sua prima ed unica esperienza con DMT fumato,
I’anno prima a casa di Philip. Disse: “Mi ha dato forti sensazioni telepatiche
che mi hanno fatto stabilire legami mentali con le persone attorno. Tutto cio
era travolgente e disorientante. Mi emozionai tantissimo, come se una voce
interiore mi parlasse. Era il mio desiderio direttamente relazionato a me stes-
so. E stata I’esperienza piu intensa della mia vita. Non potevo alzare le brec¬
cia, e stato un viaggio duro. E una Mecca mentale, un eccellente punto di
riferimento per tutti gli altri psichedelici. Quelli attorno a me sembravano
insetti spaziali alieni”.
Nils ebbe 0,2 mg/kg di DMT EV una settimana dopo la prima dose IM di
Philip, nel Novembre 1990. Come nella somministrazione di DMT a Philip,
sebbene questa volta fosse una specie di punto di riferimento, sentii che si
trattava di un “giro a vuoto”, una prove per la dose vera e propria che cre-
devo sarebbe stata sopra i 0,2 mg/kg.
E questo il metodo della ricerca clinica: piccoli e lenti passi per assicurarsi
di non far danni. Sfortunatamente a volte e difficile ascoltare i propri am-
monimenti, come avremmo visto ben presto. La nuova soluzione di DMT
giunse all’Ospedale universitario in quantita scarsa, non piu di un cc, un
sedicesimo di cucchiaio. Cosi, al fine di controllare bene la quantita di dro-
ga da somministrare per non iniettarla tutta in una volta sola, aggiunsi 4 cc
di soluzione fisiologica.
Mentre cio avrebbe diluito il DMT in misura insignificante, mi permetteva di
somministrare la droga piano e delicatamente con un flusso costante di un
minuto o giu di li. Cynthia, la nostra infermiera, ed io ci sedemmo ai due lati
di Nils, steso nel suo sacco a pelo militare.
Lo ha portato con se ogni volta che ha viaggiato, sia quando ha viaggiato
on the road (sulla strada) sia quando ha fatto un “viaggio psichedelico”. A
meta dell’EV Nils disse; ”Si, ne sento il gusto”. Nils fu uno dei pochi volon-
tari che riuscirono a sentire il gusto del DMT mentre questo passava attra-
verso la bocca e la lingua diretto al cervello. Un gusto metallico, legger-
mente amaro.
Quando ebbi terminato I’EV notai, e ne fui sorpreso, quanto rapidamente la
soluzione di DMT fece la sua strada. Terminal I’iniezione lavando I’EV con
ancora un po’ di soluzione fisiologica, per esser certo che tutto il DMT fos¬
se passato in circolo. Le mie annotazioni relative agli effetti di 0,2 mg/kg di
DMT EV somministrati a Nils sono piuttosto scarne.
Forse perche Nils e un uomo taciturno, o forse perche disse che quella
dose era un terzo o un quarto di una dose plena, rispetto alia sua esperien-
za col fumo. Con un po’ di presunzione per la sicurezza con cui erano state
condotte queste due prime sedute, decisi di triplicare la quantita EV di Nils:
0,6 mg/kg. Ad un’analisi retrospettiva il passaggio a 0,4 mg/kg sarebbe
stato piu adatto. La mia sicurezza era prematura.
In un freddo e ventoso mattino di Albuquerque, nel Dicembre 1990, entrai
nella stanza di Nils che, infilatosi nel suo sacco a pelo, attendeva la prima
dose da 0,6 mg/kg. Cynthia aveva applicato al braccio un piccolo ago per
Iniettare la soluzione di DMT Era seduta alia destra di Nils, mentre io presi
posto alia sua sinistra, dove il tubo della EV pendeva dal braccio. Era pre¬
sente anche Philip, che avrebbe ricevuto la stessa dose piu tardi, se le cose
andavano bene con Nils. Sedette ai piedi del letto, curioso dell’esperienza
di Nils, e per provvedere ad un sostegno morale a tutti noi. Un po’ sospet-
tavo che avremmo avuto bisogno di lui anche per un aiuto fisico. Iniettai la
soluzione di DMT piu rapidamente della volta precedente, in 30 secondi
anziche 45.
Pensavo che un’iniezione piu rapida avrebbe prodotto una minor diluizione
del DMT nel sangue, e conseguentemente un picco maggiore nel cervello.
Dopo la somministrazione della droga e la pulitura dell’EV con soluzione
fisiologica Nils disse: “Posso sentirlo... Eccolo!”. Subito dopo aver parlato
comincio a tossire e a rivoltarsi nel sacco a pelo, poi si aizo di scatto: “Sto
per vomitare”. Ci guardo, intontito e confuso. Cynthia e io ci guardammo
I’un I’altra e ci accorgemmo di non aver nulla da dargli per vomitarci dentro,
non avevamo previsto questa necessity
Nils brontold: “Ma non ho fatto colazione... Non ho nulla da vomitare”. In-
comincid a rigirarsi, si copriva il viso col cuscino e col sacco a pelo. As-
sunse una posizione fetale tra noi e la macchina per misurare la pressione,
attorcigliando il tubo di collegamento, in modo che non fummo in grado di
misurare adeguatamente la pressione per 2-5 minuti, quando pensavamo
fosse all’apice degli effetti, e potenzialmente pericoloso. Nils cercd di scen-
dere dal letto, ma il suo tentativo sembro piu un movimento senza senso di
braccia e gambe. Le mani erano fredde e appiccicose, mentre noi Io rimet-
tevamo nel letto che ora sembrava troppo piccolo. Dopo 6 minuti vomito in
una bacinella che recuperammo dal gabinetto. Poichd per vomitare dovette
mettersi seduto, avemmo I’opportunita di riposizionarlo in modo da poterlo
osservare meglio e per poter misurare la pressione e registrare il battito
cardiaco. Si voltd verso Cynthia, cercando un contatto e le toccd le mani e
i capelli. Sembrd sul punto di afferrarsi ai capelli ma di colpo sembrd di-
menticare cid che stava facendo. Mi fissd e disse: “Ho bisogno di guardare
te adesso, non Philip o Cynthia".
Feci del mio meglio per apparire calmo e rispondere al suo sguardo: se mi
fossi rivolto a lui con serenity sarebbe andato tutto bene. Dopo 10 minuti,
quando finalmente riuscimmo a misurare in maniera soddisfacente polso e
A
pressione, questi risultarono sorprendentemente normali. Dopo 19 mi-
nuti si aizo sui gomiti e scoppio a ridere. Sembrava veramente “cotto”:
pupille dilatate, volto sfatto, borbottio incoerente. Alla fine disse: “Penso
che la dose ottimale sia fra 0,2 e 0,6”. Tutti noi ci mettemmo a ridere e la
tensione si fece minore. Nils aveva ancora le sue facolta mentali, almeno
in quel momento. Continuo: “C’era il movimento del se, mi spiace sia
finito. Era una tavola calda di colon. Una sensazione familiare. Si, sono
tomato. Loro erano la e ci siamo riconosciuti”. Gli chiesi “Chi?”. “Nes-
suno 0 niente di identificabile in quanto tale”. Sembrava essere sotto
effetto, non volevo pressarlo. Ha proseguito: “Scendere dall’alto era co-
loratissimo, ma era niente paragonato a quello che era il picco. AH’apice
mi accorsi di essere tomato dov’ero stato I’anno scorso quando fumai il
DMT. Era triste abbandonare quel luogo. Credevo di stare veramente male.
Sentivo la vostra presenza sopra di me, come se stessi per morire e voi
che cercavate di resuscitarmi. Ho sperato che andasse tutto per il me-
glio. Cercavo di afferrare quello che accadeva dentro”. Fece una pausa e
poi aggiunse: “Sono stanco, mi piacerebbe fare un pisolino, ma non ho
veramente sonno”. Oltre a questo Nils disse poco, se non che era spa-
ventosamente affamato, avendo (fortunatamente) saltato colazione. Man-
gio con gusto mentre compilava il nostro questionario. Cosi persino Nils
reputava che 0,6 mg/kg fossero troppi!
Rimasi qualche minuto nella stanza a riflettere. Dal punto di vista cardio-
logico la pressione e il battito cardiaco erano stati solo modestamente
coinvolti, anche se non possedevamo i dati di quello che era stato il
picco. Sembrava pertanto che la somministrazione di 0,6 mg/kg di DMT
EV non comportasse alcun danno fisico. Tuttavia non ero certo se la
scarsita del racconto di Nils dipendesse dal fatto che non ricordava cid
che era successo o se era nel suo stile tenere per se la maggior parte di
cio che provava.
Lo interrogai su “Loro”, con cui si era incontrato. Cosa significava “ci
siamo riconosciuti”? Perche era malinconico quando lascib quei “Loro”?
Pensava fossero amici ed era triste la separazione. Ero intrigato dal sen-
so di Nils della natura “abitata” della sua esperienza. Tutto questo era
differente da molti racconti che avevo sentito sugli altri psichedelici, come
USD 0 i funghi psilocibinici, ma combaciava con molte descrizioni degli
effetti del DMT raccolte mentre intervistavo i consumatori abituali di questa
sostanza alio scopo di mettere a punto il questionario. Avevamo chiara-
mente oltrepassato la “soglia psichedelica”. La rapidita e I’intensita della
salita degli effetti, I’irrefutabile natura dell’esperienza, il temporaneo (e
forse troppo prolungato) disorientamento all’inizio del suo resoconto. la
natura “abitata” dell’esperienza, tutto fa pensare ad una dose piena di
DMT. Ma era troppo oltre la “soglia psichedelica”? Nils, come si autodefini,
era una “testa dura”, e richiedeva dosaggi piu alti di altre persone per
ottenere gli stessi effetti. Come sarebbero andate le cose con Philip?
Nils ora stava bene, ero contento di vedere le sue condizioni cosi buone
poco dopo essere stato spinto giii da una specie di scogliera psichica.
Chiesi a Philip se fosse sicuro di volere la stessa dose, e mi rispose
immediatamente di si. lo non ero cosi sicuro, speravo che rifiutasse
un’esperienza come quella di Nils. Forse avrebbe scelto un dosaggio di
0,5 0 0,4 mg/kg, abbastanza semplice
da somministrare, un po’ meno della
siringa plena di soluzione di DMT. Cre-
devo inoltre che questa dose fosse fi-
sicamente innocua, che gli effetti men-
tali si sarebbero rivelati a noi con mi¬
nor incertezza di quanto non avvenne
con Nils.
\ G^Ni'rigMi
Ma Philip si ritenne pronto per i suoi
0,6 mg/kg.
Questa tendenza del nostri volontari ad
andare avanti anche col rischio di
un’esperienza psichedelica annichilente era molto marcata. Cio fu ancora
piu evidente nel nostro studio sulla tolleranza, quando nessun soggetto,
per quanto stravolto, rifiuto la quarta ed ultima dose di DMT in un solo
mattino. Mi trovavo di fronte un dilemma scientifico, personale ed etico.
La mia preparazione mi consigliava di prescrivere sempre il meno possibile
di un farmaco per valutarne gli effetti tossici, per essere in grado di ricono-
scerli in varie circostanze. Questo vale ancora di piu quando si ha a che
fare con una nuova droga sperimentale.
Avrei dovuto dire a Philip che non intendevo ripetere con lui I’esperienza
con 0,6 mg/kg di DMT. Questo era in mio potere, in qualita di direttore del
progetto di ricerca, ma Nils stava bene, ed era stata la prima e sola persona
ad aver avuto un simile dosaggio di DMT. Philip viveva lontano da
Albuquerque, e costringerlo a rifare il viaggio per 0,6 mg/kg qualora 0,4 o
0,5 mg/kg non fossero stati sufficient! lo avrebbe infastidito. Inoltre Philip
mi piaceva e lui voleva i suoi 0,6 mg/kg. Quanto ha influito la nostra amici-
zia a farmi fare cio che richiedeva? Mi augurai di aver preso la decisione
giusta mentre mi apprestavo a somministrare a Philip i fatidici 0,6 mg/kg.
Philip e io raggiungemmo Cynthia e Robin nella stanza. La stanza, spoglia e
sterile, aveva il pavimento di linoleum brillante, le pareti rosa salmone e tubi
per I’ossigeno, per aspirare le secrezioni, per I’acqua, dietro il letto. Philip
aveva appeso un poster di Avalokistevara, il santo della compassione
buddhista dalle cento braccia, sulla porta di legno del bagno che fronteg-
giava il suo letto. Un televisore attaccato con un groviglio di fill al soffitto
guardava dall’alto il letto meccanico dalle leggere lenzuola dell’ospedale.
Uaria condizionata emetteva un forte brusio. Philip indossava pantaloni e T-
shirt, si distese sul letto e si mise nella posizione piu confortevole possibi¬
le. Cynthia inseri con abilita il laccio nella vena per iniettare il DMT. II brac-
cio aveva gia il cavo del misuratore di pressione. L’altro braccio aveva una
EV piu grande per prelevare campion! di sangue e quantificare la concen-
trazione di DMT nel sangue una volta iniettato. Questa EV era attaccata ad
un contenitore di plastica che portava soluzione fisiologica nella vena, in
modo che il sangue non si coagulasse nel passaggio. Cynthia e io ci se-
demmo ai lati di Philip, non sicuri di cosa aspettarci alia luce della prece-
dente esperienza. Robin prese posto ai piedi del letto.
Philip, ancora fresco dell’esperienza di Nils, avvenuta solo un’ora prima,
ebbe bisogno di poca preparazione, sapeva che saremmo stati pronti ad
aiutarlo in caso di bisogno. Chiuse gli occhi, si distese, respirp profonda-
mente un paio di volte e poi disse “sono pronto”. Vedevo la lancetta del
second! dell’orologio a muro avvicinarsi al 6, avrei quindi finito I’iniezione
in 30 second!, quando la lancetta segnava le 12, quella che m! sembrava
r”ora zero”. Erano quasi le died del mattino.
Avevo appena inserito I’ago della siringa di DMT nell’EV e stavo per spinge-
re lo stantuffo quando ci fu un forte e insistito bussare alia porta. Mi fermai,
tolsi I’ago dall’EV e mi alzai. II dr. Davis, il medico del laboratorio del Centro
Ricerche, era fuori dalla porta. Ci mettemmo a passeggiare nel corridoio,
per non fare! sentire dalla stanza. Disse bruscamente, e in un modo che nel
mio stato di allerta mi sembrd un po’ troppo ad alta voce, che i precedent!
campion! di sangue per le analisj del DMT erano stati raccolti in maniera
non corretta. Gli risposi che avremmo modificato la tecnica. Tornai nella
stanza di Philip e mi misi di nuovo seduto vicino al letto. Sembrava non
essersi accorto dell’interruzione, avendo gia iniziato la concentrazione che
gli avrebbe permesso I’ingresso piu dolce possibile nel regno del DMT. Per
lui, in questo senso, il “viaggio era gia iniziato”.
Respirai profondamente e mi scusai per I’interruzione. Cercando di scher-
zare gli dissi: “Dov’eravamo rimasti?”. Mi rispose con un borbottio, apri gli
occhi e con un cenno del capo mi disse di andare avanti. Tolsi il cappuccio
della siringa e inserii I’ago nell’EV. Anche Cynthia mi fece un cenno col
capo, per dirmi che poteva procedere se io ero pronto.
Cominciai delicatamente e a meta dell’iniezione il respiro di Philip risuono
nella gola, come un colpo di tosse che non riuscisse ad uscire. Piu tardi
avremmo capito che ogni qualvolta questo rantolo seguiva una forte dose
di DMT eravamo su un terreno pericoloso. 25 second! dopo che I’EV fu
terminate Philip incomincid a lamentarsi: “Amo. Amo...” La pressione sali e
il cuore raggiunse i 140 battiti al minuto, molto superiori ai 65 che regi-
strammo prime. Questo aumento di pulsazioni e piu o meno quello che si
ha dopo tre o quattro piani di scale, ma nel nostro caso, Philip non si era
mosso. A un certo punto si aizo, guardd Cynthia e me con gli occhi spalan-
cati, le pupille fortemente dilatate. I movimenti erano automatic!, a baizi,
come quelli di una marionette. Sembrava non ci fosse nessuno a comanda-
re i movimenti di Philip. Si piegd verso la sua compagna e si aggrappo ai
capelli: “Amo. Amo...” Per due volte, nella stessa mattinata, un nostro vo-
lontario, in stato alterato, si era aggrappato ai capelli di una donna. Nils a
quelli di Cynthia, Philip a quelli di Robin. Forse rappresentavano la piu po-
tente immagine di esistenza, vivente, organica, familiare, disponibile quan¬
do ci si guarda intorno, in uno stato fortemente psichedelico, in una triste
stanza di ospedale, come quella in cui si trovarono oggi Philip e Nils. Con
nostro sollievo Philip si ridistese da solo senza aiuto. La pelle era fredda e
appiccicosa, come lo era state quella di Nils, il sangue affluiva poco dalla
vena a causa di un pronunciato vasospasmo.
Questo si ha quando, per un alto tasso di adrenaline, i minuscoli muscoli
che coprono le vene si stringono, riducendo I’afflusso del sangue alia pelle.
II corpo di Philip era nella classica reazione di “fight or flight” (lett. “com-
batti 0 scappa”): ipertensione, battito cardiaco accelerate, pelle fredda e
umida, afflusso del sangue agli organ! intern!, tutto questo anche se I’attivi-
ta fisica era ridotta quasi a zero. Dopo 10 minuti comincio a gemere: “Quanto
e bello, quanto e bello...” II suo viso era bagnato dalle lacrime. "Ora c’6
state quella che chiamiamo esperienza trascendentale: sono morto e sono
andato in paradise. C’erano meno effetti visivi ma piu sensazioni”.
Polso e pressione tornarono normali in trenta minuti. “Si volava neirim-
mensita, non esistevano spazio o forma relativa”. Gli chiesi: “Cos’hai sen-
tito quando il respire ti si e bloccato in gola?” “Ho sentito una sensazione di
freddo e di contrazione nella gola. Ho avuto paura; ho creduto mi si sarebbe
fermato il respire. II pensiero fu di lasciarmi andare, arrendermi. Tutto cio e
avvenuto in un baleno, poi il rush della droga ha spazzato via tutto quanto”.
45 minuti dope I’iniezione, mentre beveva un te, senza piu avere ulteriori
effetti della droga, disse di non ricordare di essersi seduto, di averci guar-
dato, ne di avere toccato Robin.
Lui e Robin tornarono a casa lo stesso giorno, e ci sentimmo la sera dope.
Aveva avuto un po’ di depressione, ma era riuscito a dormire bene. Fece dei
sogni “piu interessanti del solito” anche se non particolarmente strani, che
tuttavia non era in grade di ricordare. II giorno dope lavoro per 10 ore,
anche se non a pieno regime, tuttavia nessuno si sarebbe accorto che era
stance.
Curiosamente queste sono tutte le annotazioni che presi in quella seduta e
dal resoconto del giorno dope. Cio e fortemente in contrasto con le di solito
eloquent! descrizioni di Philip sulle sue esperienze con droghe. Forse il riu-
scire a superare indenne la seduta era I’informazione piu importante che
volevo avere da lui. Dopo la seduta con Philip, confortato dalle sue condi-
zioni e sapendo che Robin poteva occuparsi di lui, mi diressi verso I’uscita
nord dell’ospedale. Uscii da una porta secondaria dell’edificio costruito un
po’ alia volta negli ultimi trent’anni. Una brezza gelida colpi il mio vise, di-
stogliendomi dalle mie fantasticherie. Lancial un’occhiatina al sole e sospi-
rai, stance dell’attivita mattutina.
C’erano parecchie spiegazioni al fatto che Philip e Nils ebbero pochi ricordi
delle loro esperienze.
Una possibilita dipende da quanto si conosce con il termine di “memoria di
state specifico”. Con questo termine si fa riferimento a cosa avviene quan¬
do le cose percepite, sentite o pensate in uno state modificato di coscienza
non sono accessibili alio state normale. Questo avviene con sostanze come
I’alcool 0 la marijuana, con farmaci come il Valium o lo Xanax. Avviene
anche in stati modificati di coscienza non indotti da droghe come I’ipnosi,
nella cosiddetta suggestione post-ipnotica o nei sogni.
Un’altra possibilita e che Nils e Philip possano aver avuto un breve episodio
delirante, una “sindrome organico-cerebrale acuta”, o uno “state confusio-
nale acute”. II termine delirio proviene dal latino de (fuori da) e lira (solco),
letteralmente “uscire dal solco”. II delirio pub essere causato da un intense
stress psicologico, da fattori fisici quali febbre, mancanza di ossigeno,
Ipogllcemia.
Non sapevo quanto stress psichico contribui ai loro brevi episodi confusio-
nali 0 delirantl. Quanto era una reazione agli effetti della droga piuttosto che
un effetto diretto della droga stessa? In altre parole: salire una scala che
porta ad una visione di inimmaginabile valore emotive pub gettare una per¬
sona in uno state confusionale o delirante, ma non b la scala, bensi la visio¬
ne avuta sulla scala. la causa responsabile. Fu cib che videro di cosi stra-
no, cosi incomprensibile, cosi aberrante, che fece spegnere le luci per ri-
sparmiare loro lo shock di vedere cosa veramente c’b lagglu. Sfortunata-
mMi
72
Pipa utilizzata
per fumare DMT.
mente (o no) nessuno, ne loro ne noi, potra mai saperlo. In ogni caso o
troppa droga o troppa esperienza: la dose somministrata a quest! due sta-
gionati veteran! era troppa. Ph!l!p spenmentd per un mese o due de!
flashback, de! ntorn! de! s!ntom! della sua esperienza con 0,6 mg/kg.
Rlmanemmo !n stretto contatto per tutto questo perlodo, s!a per telefono
Che d! persona. Philip parlava della sua seduta come d! “un sofflo cosmico,
una tempesta d! color!, sconcertante, come se toss! stato scaraventato In
una bufera e restass! fuor! controllo, saltato via come un tappo d! bottiglla”.
Tornando a casa sulle montagne d! Albuquerque ebb! modo d! pensare. Ero
contento che entramb! gl! Intrepid! volontarl fossero tornatl dalle loro sedu-
te con 0,6 mg/kg san! e Intattl. IVta pensavo anche: “Qual’e la soglla dl DMT
che non comporta perdita dl memorla?”.
II prof. Nichols ed lo discutemmo dl nuovo II dosagglo, quale poteva essere
la minor alta dose? 0,5 mg/kg sarebbe stata solo 1/6 Inferlore, mentre 0,4
lo sarebbe stata dl 1/3. Era difficile decldere.
Avevo tante motivazloni conflittuall.
Non volevo ritrovarmi con del volontarl “fuorl dl testa” pertroppo DMT. “Prl-
mo, non far dannl”, e I’asserzlone della medicina In generale e In partlcola-
re della ricerca su esserl umanl. Decisl dl utilizzare come dose massima
0,4 mg/kg nel corso della futura ricerca. Poco dopo, nello stesso mese,
ebbi I’occaslone dl parlare per telefono con II dr. Stephen Szara, lo psichia-
BOCOHINC
CRISTALLI t>l
QOti IL CALOI2E
IL I)MT oiveUta —
CHE SI IN^L^
tra e chimico ungherese che per primo inietto del DMT IM dope aver con-
statato che la sostanza e inattiva oralmente. L’esperimento ebbe luogo a
Budapest a meta degli anni '50. Poco dopo il dr. Szara emigro negli Stati
Unit! dove si dedicd con successo ad una trentennale carriera come ricer-
catore e amministratore al National Institute on Drug Abuse. Gli chiesi: “Le
e mai capitato di somministrare troppo DMT ai suoi soggetti?”. Ci pensd un
momento, poi col suo tipico accento dell’Europa orientale rispose: “Si, non
furono In grado di ricordare nulla. Non credevamo valesse la pena sommi¬
nistrare dosi del genere”. Dopo aver somministrato 0,4 mg/kg di DMT EV a
56 volontari oltre 100 volte, ho constatato che esiste una vasta gamma di
sensibilita different! a questo dosaggio di DMT. Alcuni soggetti dissero che
potevano fare di piu ma altri dissero che avrebbero potuto “sballare di brut-
to” con una quantita maggiore. Altri ancora, anche a basso dosaggio, non
furono in grado di ricordare cosa fosse successo al culmine degli effetti.
Sono contento di aver scelto piuttosto un ipodosaggio che una overdose,
come invece avvenne con Philip e Nils.
Emersero molti temi di riflessione, sia dai resoconti delle prime due forti
esperienze, sia dalle esperienze degli altri volontari:
^)La natura "abitata" dei regni del DMT. Chi o che cosa hanno incontrato i
nostri volontari? Dove stavano “loro” e qual’era la loro natura? Come defi-
nire quello che dicono o insegnano? Sono solo frutto della fantasia o rap-
presentano abitanti di indipendenti, autonome realta “alternative”?
2) II tema delTapprossimarsi della morte. Come accade che la gente crede
di morire o di essere sul punto di farlo quando assume una forte dose di
DMT? E una anticipazione dello stato incontrato al momento del trapasso, o
forse e una cosiddetta “esperienza di morte” la cui attinenza con la morte
reale e aspramente dibattuta? Personalmente ipotizzo che la ghiandola
pineale possa produrre, al momento della morte, DMT o altre triptamine. Se
cid fosse vero, potrebbe il DMT esogeno essere una specie di allenamento
sia per i morenti sia per chi e interessato al processo della morte?
3) llcarattere religioso-spirituale dell’esperienza. Gli stati prossimi alia morte
hanno molto in comune con le esperienze mistico-religiose, e queste a loro
volta sono simili alle esperienze psichedeliche ad alti dosaggi. I miei anni di
pratica e di studio con un’organizzazione buddhista mi hanno ispirato ed
aiutato a modellare il mio pensiero rispetto a questa ricerca. Ora che questa
specie di esperienza e stata fatta dai nostri volontari, come metterla in pra¬
tica? Molti studios! hanno diviso con me I’importanza delle loro esperienze
psichedeliche nel determinare la scelta di una vita meditativa o monastica.
Queste sostanze, chiamate tradizionalmente “intossicanti” o “vino di delu-
sione", potrebbero fornire esperienze e aiuto ai praticanti religiosi?
Se queste droghe sono da usarsi religiosamente, qual’e il modo migliore
per farlo?
4 ) Lelemento dipaura che accompagnd entrambi i nostri coraggiosi volon¬
tari nelTentrare nello stato alterato di coscienza. Limprovvisa, inaspettata
e imponente natura del cambiamento 6 yacid test deirabilitd a lasciarsi an-
dare. L'lncapaclt^ di molti a gestire questa transizione sembra essere la
1
causa principale di reazioni indesiderate sia al DMT sia, come avremo sco-
perto in seguito, alia psilocibina.
5) Le mie motivazioni nel somministrare il DMT. E questo un altro esempio
Che ricercare e in realta cercare se stessi? Col senno di poi avrei dovuto
iniziare con una dose piu bassa di 0,6 mg/kg. Tuttavia, come dicevo prima,
molti sentimenti conflittuali guidavano le mie scelte, non ultimo un mio
coinvolgimento personale con i volontari. Era stato aperto il vaso di Pandora?
Doveva rimanere chiuso? C’erano motivi egoistici e manipolativi che con-
trastavano quelli altruistici e assistenziali? Che effetto ebbe su di me I’aver
somministrato cosi tanto DMT a cosi tante persone: da un punto di vista
personale, psicologico, professionale, spirituale? Quale impatto ebbe sulla
mia famiglia?
6) II modello. Mentre la raccolta dei dati scientific! era il “sine qua non”
della ricerca, quanto questo modello coinvolse i volontari? Quali erano altri
modelli alternativi? La ricerca psichedelica e forse una contraddizione in
termini? In questa direzione, chi dovrebbe somministrare gli psichedelici e
come dovrebbe essere addestrato e preparato? Chi somministra droghe,
dovrebbe averne una propria personale esperienza diretta?
7) Queste sostanze sono buone o cattive? Cioe, qual e il loro reale benefi-
cio in rapporto al rischio? Ci sono piu persone che da queste hanno tratto
beneficio o persone danneggiate? Chi ha tratto beneficio, e chi e stato dan-
neggiato? Come sono definiti quest! termini? Possiamo prevedere un certo
tipo di risposta in un determinato individuo? Quanto e importante il set and
setting?
Se queste droghe posseggono una intrinseca utilita, e sufficiente star vicini
in tranquillita a chi e sotto effetto? Quanta preparazione, guida e supervisione
dev’essere assicurata? Seorientarsi verso un particolare tipo di reazione e
da incoraggiare, qual’e allora il ruolo che assume la droga stessa? Si ha
bisogno di una droga?
Non e stato certamente un lavoro semplice. Nemmeno lineare ed esente da
conflitti. Sono ormai trascorsi tre anni da quando lasciammo il New Mexico
e la ricerca fini. Anche con tutto questo tempo le risposte alle domande .
scaturite dal progetto non sono chiare come vorrei. Tuttavia stanno diven-
tando chiare le domande. E solo ponendo le giuste domande che il dibattito
sugli psichedelici si pud allargare adeguatamente per trovare le risposte
migliori. Nel presentare oggi ai lettori il mio libro in preparazione, DMT: the
spirit molecule, spero che la moltitudine di sentimenti, emozioni, scoperte,
stupore che hanno accompagnato la nostra ricerca sia stata, almeno par-
zialmente trasmessa.
CHIMICA
FAR MAC O LOG/A
!ir DELUAMANITA
MUSCAR/A
Considerata ancora
fino al secolo scorso
un fungo velenoso,
\'Amanita muscaria e
oggi totalmente ridi-
mensionata come
fungo tossico, men-
tre sempre piu assu¬
me rilevanza come
agente psicoattivo
per il ruolo avuto in
molte culture in con-
testo magico-religio-
so. Fino agli anni '60
si credette che il suo
composto principale e
piu importante fosse la mu-
scarina, scoperta nel 1869 da
Schmiedeberg e Koppe, respon-
sabile fra I’altro di una particolare sindrome causata da numerose specie di
Clitocybe bianche e da alcune Inocybe. La sindrome muscarinica e un’in-
tossicazione di tipo colinergico, che da luogo ad una sintomatologia a ca-
rattere parasimpaticomimetico, con miosi, ipersecrezioni sudorali e nasali,
lacrimazione, scialorrea e bradicardia. A questi sintomi si accompagnano
solitamente disturbi gastro-intestinali, vomito, diarrea, forti dolori addomi-
nali, oliguria, disturbi vasomotori e ipotensione. La muscarina perd ha un
effetto quasi esclusivamente colinergico, molto raramente di natura neu-
ropsichica, quindi diverso baW'Amanita muscaria. Oltretutto, pur essendo
presente anche in questo fungo, la muscarina lo 6 in percentuale assoluta-
mente irrisoria (0,0002-0,0003% del fungo fresco) e pressochd innocua.
Oltre alia muscarina sono presenti altre sostanze in quantity molto limitata:
dagli isomeri della muscarina (allo-muscarina, epi-muscarina, epiallo-mu*
scarina) alia colina, fisiologicamente Inattiva. Sono state rinvenute anche
a cura di
Gilberto
Camilla
75
Disegno dello
psiconauta
Matleo
Guarnaccia tratto
da un aftresco
dell'abbazia di
Plaincourault,
Francia
(cir Altrove
n 1 pp 32‘:
N
J^crt-coo
Acit>o »E07£.isiiCo
^^USc\rAO|^0
acetilcolina e tracce di R (-) 4 idrossi-pirroli-
done 2, un derivato dell’acido gamma-ammi-
noburritico, dalla peraltro poco nota attivita bio-
logica.
Alcuni Autori hanno inoltre segnalato tracce di
bufotenina, alcaloide indolico presente nella
secrezione ghiandolare di alcuni rospi, sostanza
allucinogena ma non oralmente. Negli anni '60,
infine, le ricerche condotte in contemporanea in Giappone, Svizzera e Gran
Bretagna, portarono all’individuazione del meccanismo psicotropo dell’Ama-
nita muscaria in due derivati issosazolici e in uno di struttura ossazolica, e
piu precisamente nell’acido ibotenico, nel muscimolo e nel muscazone. At-
tualmente si e sostanzialmente concord! nel ritenere che solo I’acido ibote-
yc nico sia presente nel fungo fresco (in proporzione variabile fra lo 0,3 e 1 g
per chilo di fungo), mentre il muscimolo e II muscazone deriverebbero da
modificazioni artificiose del primo durante la fase di preparazione e conser-
vazione del fungo, oppure durante il processo di isolamento chimico. II com-
posto maggiormente responsabile dell’azione psicoattiva sembrerebbe es-
sere il muscimolo, ottenuto dalla decarbossilazione dell’acido ibotenico.
Tanto I’acido ibotenico, sostanza molto instabile e il cui tenore diminuisce
man mano che il fungo e sottoposto ad essicazione, quanto il muscazone
svolgerebbero un’azione poco marcata.
II muscimolo invece si e dimostrato da 5 a 10 volte piu potente dell’acido
ibotenico e capace di produrre sperimentalmente stati confusionali, altera-
zioni della percezione visiva ed acustica, del senso del tempo e dello spa-
zio, perdita dell’equilibrio, rapid! cambiamenti dell’umore, da euforico a di-
sforico. Effetti riconducibili ad una sindrome psicotomimetica compaiono
da mezz’ora a tre ore dopo I’assunzione per via orale di 7,5-10 mg di mu¬
scimolo, e possono durare fino a 10 ore.
II tenore di acido ibotenico sarebbe maggiore negli esemplari estivi piutto-
sto che in quelli autunnali, in quelli giovani rispetto al carpofori adulti. L’acldo
ibotenico si presenta sotto forma di cristalli incolorl; anche il muscimolo
presenta le stesse caratteristiche fisiche; secondo Roger Heim (1978) sa¬
rebbe questa la sostanza che passa neH’urina dell’intossicato conferendo
ad essa le stesse prophets inebrianti del fungo, propriety conosciute da
lungo tempo dai popoli Siberian!. II muscazone 6 stato finora ricavato sol-
tanto dalle specie europee: si tratta di un amminoacldo neutro che in am-
biente acquoso produce dei cristalli incolori e, come I’acldo ibotenico, 6
otticamente inattivo e di carattere racemico.
Un
\
-c
V Kv
JL-cH-
9
coo
•^0
HUStAloME
NM
Amanita muscaria
Cappello: diametro da 6 a 20 cm e talvolta anche di piu; inizialmente globo¬
se, poi emisferico, convesso e inline spianato, spesso leggermente de-
presso al centre; margine brevemente scanalato-striato, soprattutto negli
esemplari adulti. La cuticola, facilmente separabile, e di un caratteristico
colore rosso-vermiglio, sbiadita assume tonalita arancione-rossastro, tal¬
volta tendente al giallo verso il margine, brillante. Inizialmente il cappello e
interamente ricoperto dal velo generale friabile, poi rimane cosparso di “ver-
ruche” bianche o biancastre (talora giallastre) anch’esse caratteristiche del
fungo. Queste verruche nella fase adulta del fungo possono anche mancare
per azione di agenti esterni, quali la pioggia o il vento.
Gambo: altezza12-25 cm, facilmente separabile dal cappello, cilindrico, no-
tevolmente rigonfio alia base, dapprima pieno, poi midolloso-cavo; colora-
zione bianca o leggermente crema, piu o meno fioccoso, ornate all’altezza
del bulbo da centri concentric! di verruche provenienti dal velo generale.
Anello ample, membranaceo, lievemente striato, bianco o giallastro pallido.
Lamelle: serrate, larghe e ventricolose, libere al gambo, bianche, raramen-
te crema-citrine, finemente dentellate al margine.
Spore: bianche, in massa, iaiine al microscopic. 10-12 x 6-7 micron.
Habitat: Specie tipicamente nordica o montana. Cresce alia fine dell’estate
airautunno inoltrato, principalmente sotto le betulle, ma anche sotto abeti,
pini, larici o altre essenze, sempre in relazlone micorrizica. L’area di distri-
buzione beWAmanita muscaria e vastissima: comprende I’Europa, gli Stati
UnitI, I’Africa australe e settentrionale, il Giappone, I’Australia, I’Uruguay.
In Italia e diffusa in tutte le region! ad esclusione della sola Sicilia.
II suo potehziale allucinogeno sembra dipendere da molti fattori, quali il
periodo di raccolta, la latitudine, I’altitudine, fine alle diverse parti del fun¬
go, variando le concentrazioni di principi attivi in base alle diverse parti del
carpoforo.
77
Esemplari adulti
di Amanita
Muscaria
inter\/ista. con
lta.lo Sa.nguineti
a cura di
Gilberto
Camilla
78
Italo
Sanguineti
Docente di
Clinica delle
Malattie Nervose
e Mentali
airUniversita di
Milano, Primario
Emerito di
Neurologia
airOspedale
“San Gerardo” a
Monza.
II prof. Italo Sanguineti e stato uno dei primi ricercatori italiani a condurre
sperimentazioni cliniche con LSD e mescalina. Ci siamo conosciuti quasi
per caso: e stato il prof. Sanguineti a contattarmi dopo aver letto un mio
breve articolo sulla terapia psichedelica pubblicato sul Manifesto il 18/11/
1997. Da allora ogni tanto ci incontriamo per pranzare insieme e chiacchie-
rare di LSD, di psicanalisi e di tante “umane passioni”. Durante questi in-
contri e nata I’idea di pubblicare la sua testimonianza.
Gilberto Camilla: Lei, prof. Sanguineti, e stato uno dei pionieri italiani nella
sperimentazione psichiatrica con LSD e mescalina. Mi racconta come in-
comincio a interessarsi delle sostanze psichedeliche e di come giudica la
ripresa negli ultimi anni della ricerca su queste sostanze?
Italo Sanguineti: E una cosa sulla quale riflettevo proprio in questi giorni.
In un recente articolo di Michel Jouvet sul tema “sonno-sogno", del quale e
uno dei piu autorevoli studiosi, I’autore denuncia la clamorosa diminuzione
d’interesse nel mondo scientifico per le ricerche di base e su quell’argo-
mento in particolare. Negli Stati Uniti le ricerche sul sonno sono in via di
estinzione come tutte le ricerche fondamentali prive di applicazioni dirette.
Su un migliaio di ricercatori degli anni 70 ne restano oggi meno di un cen-
tinaio. Questa notizia mi ha ricondotto agli inizi della mia vita universitaria,
quando mi ero interessato - correvano i primi anni '50 - a quelle sostanze
Che sarebbero presto diventate famose come allucinogeni ed incluse nel
vasto campo degli stupefacenti.
Forse e di qualche interesse come io ci sia arrivato ed anche chiedersi come
in tempi lontani e abbastanza calamitosi ci fosse tuttavia un interesse fine a
se stesso, indirizzato alia sola conoscenza, che mi sembra maggiore di
oggi, in tempi peraltro ben piu favorevoli.
Ero un appassionato lettore di Aldous Huxley e mi imbattei - non casual-
mente dato il titolo del libro - nel saggio “Le Porte della percezione" che
trovai in francese nelle “Editions de Monaco”. II libro 6 tuttora singolare ed
affascinante, ma soprattutto va inscritto in un indirizzo di ricerca allora agli
esordi, quello delle pattern psychosis, nel tentative di raggiungere in que-
sto tempo negletto qualcosa di piu di un semplice approccio fenomenologico.
Va detto a chiare lettere che la psichiatria, accoppiata nel bene e nel male
alia neurologia nella disciplina fondamentale di “Clinica delle Malattie Ner-
vose e Mental!” figurava come insegnamento complementare solo in qual-
che ateneo e non era proprio in cima agli interessi dei cattedratici.
La considerazione che il mondo delle psicosi maggiori non dovesse restare
eternamente confinato nell’ambito descrittivo, anche grazie al pensiero freu-
diano che certo non permeava I’ufficialita universitaria, cominciava tuttavia
a tarsi timidamente strada, cosi da ricercarsi la possibilita di entrare da
“sani e coscienti” nel mondo dello psicotico.
Tuttavia fino a quel momento erano comparsi in Italia solo due contributi
(Morselli e Ceroni), entrambi di autoesperienze con mescalina e ne ero ve-
nuto a conoscenza dopo la lettura del saggio di Huxley. Devo dire che il mio
maggiore interesse nell’affrontare il problema era piuttosto di ordine neuro-
fisiologico ed in questo senso la lettura non fu deludente.
Come accade, mi domandavo, che ad esempio la famosa sedia dipinta da
Van Gogh, abbia, come dire, una marcia in piu nel senso non solo tecnico
di pittura, ma come forza espressiva, ricchezza di estesia sensoriale, uni-
versalita del genere rappresentato, quasi da evocare I’archetipo platonico
della “seggiolita”, se cosi si pub dire? Con la lettura di Huxley mi era parso
possibile che ci fosse in taluni artist! un abbassamento della soglia percet-
tiva, cosi da ampliare gli input dei messaggi sensorial! e di arricchirli a di-
smisura.
Tuttavia quest! problem! non ebbero la meglio nelle mie preoccupazioni di
allora, cosi che finii per affrontare piuttosto il tema conoscitivo-terapeutico
dell’impiego dell’acido lisergico nei malati di mente ricoverati in manico-
Italo Sanguineti
nel suo studio.
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L’esploratore
psichedelico
Aldous Huxley,
mio, soprattutto schizofrenici. Ma la ricerca fu deludente. Sia pazienti in
fase processuale, sia pazienti cronici, non presentarono modificazioni sen-
sibili della loro sintomatologia, nemmeno a dosi massicce di LSD e nem-
meno come eftetti secondari. Trascurai cosi, e me ne duole, sia I’indagine
sui nevrotici, sia su volontari privi di apprezzabili aspetti psicopatologici.
In questo senso vedo con interesse i recent! tentativi terapeutici, non solo
nell’analisi delle psiconevrosi, ma anche come possibile supporto in quella
delle psicosi che - all’epoca di cui parlo - avveniva raramente e nell’assolu-
ta indifferenza del mondo accademico.
G.C.: L’LSD e le altre sostanze allucinogene hanno avuto perd piu importan-
za (o per lo meno piu risonanza) come droghe che come tarmac! psicotera-
peutici. Come visse allora questo risvolto, e come lo vive oggi?
I.S.: Devo dire che il fatto non mi stupi piu di tanto. Sono sempre stato
consapevole dell’inquietudine della mente umana: la vita e complicata, e
inevitabilmente la gente cerca di evadere dalle ansie quotidiane. L’evasione
dal quotidiano e sempre stata I’alcool, una droga devastante. Prima della
scoperta di Hofmann, alle droghe ricorrevano solo i ricchi, annoiati dalla
vita, ma a quei tempi era un fenomeno molto limitato. Quando USD e dive-
nuto accessibile a larghi strati di popolazione non ho avuto altro che la con-
ferma che il disagio esistenziale e di massa, che non pud essere ascrivibile
ad una sola classe sociale.
Oggi rimango sostanzialmente della stessa opinione.
G.C.: Tante persone, soprattutto artisti e giovani, sono state attratte dal-
I’esperienza psichedelica. Perche?
I.S.: Probabilmente per lo stimolo, per le fan-
tasie che liberano, per la possibilita di ampli-
ficare un discorso latente, un arricchimento
della percezione. Nel saggio di Huxley que¬
sto aspetto emerge con chiarezza: un mazzo
di rose non e solo “un mazzo di rose”, e qual-
cosa di molto di piu. Forse siamo in presenza
di un’affinita biologica tra gli psichedelici e la
chimica cerebrale; se cosi fosse e da ipotiz-
zare una radice organica dell’arte. Per dirla
in parole povere: non e vero che i “matti” sono
artisti, ma qualche artista e certamente “mat-
to”. II caso di Van Gogh e emblematico.
G.C.: Albert Hofmann, il padre delllSD, con-
cludendo la sua relazione al primo Congres-
so Internazionale sugli Stati Modificati di Co-
scienza, tenutosi a Gottingen nel 1992, si
auspicava I’istituzione, sul modello dei Mi¬
ster! Eleusini, di centri di crescita spirituale
in grado di creare i presupposti per una tra-
sformazione della coscienza, trasformazione
Che sarebbe il presupposto per una vita migliore. Al di la di questa visione
un po’ misticheggiante, lei crede che le sostanze psichedeliche possano
trovare un impiego diverse dal contesto rigorosamente terapeutico da un
lato e quello edonistico dall’altro?
I.S.: Non sento questo problema. Devo confessare che sono un po’ scetti-
co al riguardo. Forse e per la mia formazione freudiana, ma nel momento in
cui riconosciamo la pulsione di morte e la pulsione di vita, sappiamo che le
due funzioni convivono, e che la prima, forse per la coazione a ripetere, e
prevalente. Non credo sia possibile un miglioramento deH’umanita: non sono
pessimista, ma soltanto realista. Certo, e vero che vi sono contest! social!
migliori di altri: ad esempio e fuori di dubbio che quello della Svezia sia
meglio di quello dell’Afghanistan dei Talibani, ma questo non dipende certo
dall’uso 0 meno dell’LSD.
G.C.: Lei e uno psicoanalista freudiano. Penso quindi che viva la mia stessa
contraddizione teorica: da un lato la curlosita, I’interesse verso queste so¬
stanze come possibili coadkivanti terapeutici in grade di riportare alia co-
scienza con incredibile rapidita e maggiore “potenza” emotiva ricordi e vis-
suti inconsci; dall’altro la consapevolezza che deriva dall’esperienza pro-
fessionale che il processo terapeutico e il risultato di un lungo cammino di
introspezione guidata. Lo stesso Freud mise sempre in guardia dalle spe-
ranze di poter abbreviare il processo psicoanalitico.
I.S.: Questo 6 un punto importante. lo sono convinto che quello che dan-
neggia la psicoanalisi sia la fretta. L’analisi non e una terapia, per lo meno
nel sense stretto del termine, e piuttosto un work in progress. Non credo '
che la terapia psichedelica possa accelerare il processo terapeutico; chi lo
crede pud compiere degli error! molto gravl. Personalmente non utilizzerei
mai I’LSD per abbreviare I’lntero processo analitico.
6.C.: Perd lei parla anche di possibility terapeutiche delle sostanze psiche¬
deliche. Quali sarebbero?
I.S.: Credo alia necessity della sperimentazione in questa direzione. Vedo
Gli strani effetti
di una buona
dose di LSD
illustrati da
Andrea Pazienza
La chiesa di
Auvers com’e
nella realta e
come viene
trasfigurata dalla
potenza
visionaria di Van
Gogh (olio su
tela, Parigi, Jeu
de Paume.)
con molto interesse il lavoro che svolge la SISSC circa la documentazione
e I’informazione culturale rispetto a questo campo. Quando facevo ricerca
la letteratura non dava risposte. Oggi forse - e sottolineo forse - un uso
intelligente, particolarmente attento e dqsato di queste sostanze potrebbe
favorire una mobilitazione piu profonda. E un forse, ma varrebbe la pena di
sperimentare. Se le leggi lo consentissero.
G.C.: Nel suo “Studio Clinico-Biologico delle reazioni indotte dalla Mesca-
lina e dalllSD” condotto con Zapparoli e Laricchia nel 1956, concludeva
che “non e sostenibile I’utilita terapeutica nel campo delle nevrosi e delle
psicosi”. Oggi a oltre 40 anni da quello studio ha mutato opinione.
I.S.: Vero. Oggi non mi sento piu di affermarlo in maniera cosi drastica.
Ma vede, ai miei tempi non esisteva nessuna documentazione e nessuna
casistica: eravamo veramente dei pionieri. La stagione della sperimentazio-
ne terapeutica si ebbe in America, ma solo negli anni ’60-70.
G.C.: Se esuliamo dal campo puramente clinico sperimentale, la ricerca
sugli allucinogeni coinvolge inevitabilmente aspetti spirituali, come d’altra
parte tutta la ricerca sugli stati modificati di coscienza.. E un dato di fatto
che, almeno nella maggioranza dei casi, questo campo di studi e sempre
stato oggetto di interesse da parte di studiosi e ricercatori di Destra.
Come interpreta il monopolio della Destra su quest! temi? E ancora, come
si conciliano marxismo e stati modificati di coscienza? Come dovrebbe es-
sere una scienza marxista degli stati di coscienza?
I.S.: Ottimo interrogative. Non sono pero
del tutto d’accordo circa il monopolio
della Destra su quest! temi e su queste
esperienze. Molti letterati che fecero uso
di droghe leggere, penso a Baudelaire, a
Poe, alio stesso Huxley, non possono
certo essere considerati di Destra, nep-
pure oggi.
E comunque vero che la Sinistra, alme¬
no in Italia, ha sempre rappresentato la
“moralita”: ha sempre avuto la coda di
paglia: “non indaghiamo troppo, perche
altrlmenti possiamo scoprire che non
abbiamo poi tanto ragione...” Ricordo
che il mio amico Cesare Musatti, il pa¬
dre della psicoanalisi in Italia, era con-
vinto che in Unione Sovietica non esi-
stessero nevrosi.
Ma questa e una favoletta: in Unione So¬
vietica le nevrosi e’erano come in ogni
altra parte del mondo. II disagio non 6
prerogativa delle class! agiate, come di-
cevo prima, e non 6 neppure il risultato
di una society di classe. Eppure nei pae-
si socialist! Freud era il demonio. Mi sono sempre chiesto: ma come e pos-
sibile Che in Unione Sovietica non capiscano che Freud non era “di Destra”,
ma che, pur essendo figlio del suo tempo, aveva scoperto le radici della
dinamica psichica? Personalmente ho sempre cercato una “scienza mar-
xista” degli stati di coscienza, e non ho mai smesso di credere che per una
Sinistra intellettualmente onesta quest! siano argomenti da affrontare, da
discutere. Certo, non so come, ma non e un’utopia. Del resto il quotidiano
il Manifesto lo sta facendo.
G.C.: Torniamo all’LSD. Lei lo ha mai provato su se stesso?
6.C.: Un’ultima domanda. 0 per
meglio dire: tre parole chiave: la
guerra, la resistenza, il '68. Cosa
ml dice?
I.S.: Cosa dire? La guerra: come
rho vissuta? Male, molto male. Ho
sempre considerate gli eserciti il
peggio della society. Sotto il fasci-
smo mi trovavo nella posizione di
coloro che dicevano che il prime
dovere civico era quello di diserta-
re. Odio la violenza, ma confesso
che ero quasi contento quando le
I.S.: Personalmente non I’ho mai provato. Credo sia importante da sottoli-
neare, perche la cosa e certamente interessante e significativa. Ho sempre
glustificato il fatto con I’affermazione razionale che chi e osservatore non
pud e non deve essere influenzato dall’oggetto che osserva.
Ho sempre tenuto alia lucidita mentale, e confesso di aver avuto paura di
comprometterla. Forse non ho mai volute provare USD per paura. Sotto
I’aspetto conoscitivo ammetto che nel passato qualche interesse I’ho nutri-
to, ma poi non I’ho mai fatto. Sicuramente per paura. Perd vede, io sono
andato fuori gioco molto presto. Le ricerche con le sostanze psichedeliche
le portal avanti subito dope la docenza, e quando ho avuto I’incarico a Monza
non ho piu avuto possibilita di ricerca in questo campo. D’altra parte un’al-
tra ricerca che mi sarebbe piaciuta ma che non ho potuto attuare e sulla
Narcoanalisi. Una volta provai a interrogare soggetti in state ipnotico con
domande morali: paradossalmente le risposte date in questo state di co¬
scienza erano piu morali di quelle
date in coscienza normale. Mi chie-
devo: ma allora I’inconscio e piu
morale di quello che ci inculcano?
Purtroppo non ho proseguito nello
studio, peccato.
Mi auguro che anche in questo
campo prima o poi riprenda la ri¬
cerca che potrebbe rivelarsi frut-
tuosa.
‘'a ^ -
83
nostre navi erano affondate dagli alleati, perche ero convinto che il fasci-
smo sarebbe caduto solo dopo la disfatta militare italiana. Mi ricordo molto
bene gli anni che vanno dal 1948 al 1953, anni durante i quali presi la
docenza. Mi occupavo di Neurologia.
Cosa strana, perche io, che avevo sempre avuto dimestichezza con le lette-
re, mi sono trovato ad occuparmi di neurologia, la disciplina piu scientifica
della medicina.
Ma torniamo agli anni deH’immediato dopoguerra. Furono gli anni dell’in-
difterenza: la gente si adeguava ma c’era molto disagio. Sono gli anni del-
I’egemonia democristiana e dell’instaurazione di una specie di nuovo fasci-
smo.
Ho vissuto molto male quegli anni, intendo politicamente. Si assisteva ad
una sorta di rivalsa del vecchio regime, anche perche Togliatti voile mettere
una pietra sopra al passato, la stessa cosa che Violante vuole fare oggi. E
cosi nei vari Minister! continuavano a rimanere gli stessi fascist! di prima.
Siamo stati colpevoli? In un certo sense si, ma bisogna tener conto che il
paese era veramente affranto.
Come si faceva a dire alia gente che doveva fare la rivoluzione? D’altra par¬
te anche i compagni cominciavano a girare con la Topolino... Oltre tutto
sono convinto che gli Stati Unit! non avrebbero mai permesso I’affermarsi
in Italia di una sinistra di governo. Devo dire che dopo il 1953-54 le cose
sono un po’ migliorate. Poi venne il '68 e quella che lei chiama Rivoluzione
psichedelica". Considero quel periodo come esemplare della fragilita del-
I’essere, come dicevo anche prima. I giovani del ’68 sono stati i primi ad
avvertire consapevolmente il disagio esistenziale. Curiosamente erano an¬
che i figli della borghesia, ma cid non toglie nulla al fenomeno che e stata
un’epoca straordinaria, e che e fallita perche tutti i movimenti veramente
rivoluzionari sono destinati a fallire: il potere non si lascia fregare...
II tempo trascorre veloce in compagnia del prof. Sanguineti. Ma e bello
starlo ad ascoltare mentre racconta della sua giovinezza, degli anni tra-
scorsi in Francia, del padre letterato che ebbe rapport! d’amicizia con d’An-
nunzio e Apollinaire. Di quando, da piccolo il padre gli dava dei libri perchb
ritagliasse le pagine, di come Io gratificasse di un modesto compenso. Di
come ancora oggi gli sia grato per non avergli mai insegnato il valore del
profitto economico, valore che oggi e esclusivo e universale. Ma e ora di
andare. II sole sta per morire dietro ai palazzi di San Babila, la piazza della
Milano-bene, della Milano "da here". La piazza dell’usa e getta, la piazza
che negli anni W-70 fu teatro delle scorrerie neofasciste. Una stretta di
mano che e rispetto, stima, ma anche amicizia.
E un arrivederci alia prossima chiacchierata, e per un attimo anche la grigia
Milano sembra colorarsi di speranza.
/ KAIVJCHADAU
LAM ANITA MUSCAR/A
“Fra i funghi il velenoso agarico
moscario (in russo mukhamoor,
nella lingua dei Kamchadali
ghugakop) e tra i piu apprezzati.
Negli insediamenti russi questa pratica
si e perduta ormai da tempo. Tuttavia at-
torno al Tigil e lungo il confine Koryak essa e an-
cora estremamente viva.
Gli agarici vengono seccati, poi mangiati a pezzi
senza masticarli, dopo averli fatti rinvenire in ac-
qua fredda. Dopo circa mezz’ora la persona e
completamente intossicata ed esperimenta stra-
ordinarie vision!. I Koryachl e gli Yukagiri vanno
letteralmente pazzi per quest! funghi. Li amano a
tal punto da comprarli dai Russi ogni volta e ovun-
que sia possibile.
Coloro Che non possono affrontare il costo ele-
vato dei funghi bevono le urine di quelli che li
hanno mangiati, e come quest! ultimi si intossi-
cano, se non ancora di piu. L’urina sembra esse-
re ancora piu potente del fungo, e i suoi effetti possono tarsi sentire anche
sul quarto o quinto uomo.
Nonostante io abbla personalmente osservato questa pratica nel 1739, al-
cune persone hanno contraddetto la mia esperienza. Ho douto faticare pa-
recchio per dimostrare che cio che raccontavo era la verita. Resoconti di
persone la cui autorita non pud essere messa in discussione hanno poi
confermato le mie scoperte.
Un uomo della piccola nobilta di campagna, di nome Kutukov, di guardia ad
un gregge di renne, vide che quest! animali mangiavano frequentemente
quest! funghi e con grande piacere. Dopo essersi comportati come ubria-
chi, gli animali crollavano in un sonno profondo. Quando i Koryachi incon-
trano una renna Intossicata, le legano le zampe finchd il fungo non ha perso
forza ed effetto. Poi uccldono la renna. Se uccidono I’animale mentre 6
ubriaco o addormentato e ne mangiano la came, tutti coloro che I’hanno
assaggiata si intossicano come se avessero mangiato il fungo stesso."
Georg Wilhelm Steller, Leipzig, 1774
Un esemplare
adulto di
Amanita
Muscana
disegnato da
Michael Smith
/ MISTERI D!
MO TRA CIA
E IL CUETO DE! CABIRI:
un 'ipotesi m/co/og/ca
L’isola di Samotracia
Lisola di Samotracia si trova nell’Egeo nord-orientale, di fronte alia citta di
Alexandroupolis da cui dista 29 miglia marine, sulla rotta che anticamehte
portava ai ricchi giacimenti minerari dell’Asia minore e del Mar Nero.
Le sue minacciose montagne sembrano sorgere direttamente dalle acque
per innalzarsi fino agli oltre 1.600 metri del monte Fengari che domina la
costa e I’arcipelago della Tracia. Narra la leggenda che da questa vetta Po-
seidone osservasse la distruzione di Troia (OMERO, lliade, XIII, 10).
AI tempo di Omero I’isola era ricoperta da fitti boschi, e sicuramente era
molto piu fertile di quanto non lo sia oggi, ma nonostante secoli di
deforestazione e di erosione, ancora oggi Samotracia e ricca di acque pu-
rissime: le fonti solforose di Loutra, nella parte centrale del nord dell’isola,
sono frequentate nel periodo estivo da numerosi pellegrini, oggi come al
tempo deirimpero bizantino. Dal piccolo porto di Kamariotissa, all’estremi-
ta nord-occidentale dell’isola, parte una strada che conduce al villaggio
principale, Chora, nascosta tra i pendii degli aspri monti; un’altra strada
porta, sempre da Kamariotissa, alia zona archeologica, Paleopolis, la “Citta
Vecchia".
La vita dell’uomo non e mai stata facile in questa terra selvaggia: I’isola e
sempre stata famosa per il suo mare burrascoso, agitato dai venti che sof-
fiano impetuosi da nord, e da quelli, altrettanto impetuosi, che nascono dai
pendii interni, oltre che dalle forti e temibili correnti marine provenienti dai
Dardanelli. L’inverno a Samotracia e rigido, caratterizzato da piogge gelide
e da frequenti nevicate che ricoprono non solo le montagne, ma a volte
anche le pianure e le coste.
Per contro I’isola 6 sempre stata agevolata proprio per la sua posizione e la
sua conformazione geografica: situata sulla rotta che college la Grecia con
lo stretto dei Dardanelli, in una regione priva di porti naturali, Samotracia,
con le sue alte vette, visibili da lontano, 6 sempre stata il punto naturale di
attracco e di guida per tutti i colonizzatori, i mercanti, i viaggiatori, gli esuli
politici.
Gilberto
Camilla
Psicoanalista
direttore
scientifico di
Altrove, Torino
87
Nella pagina a
fianco: Nike di
Samotracia, 190
a.C. circa,
marmo, museo
del Louvre
Dip, Antichit^
greche. etrusche
e romane
T
Le prime fasi della civilta di Samotracia non sono ancora ben decitrate,
anche se una serie di reperti archeologici dimostrano che I’isola era gia
abitata nel neolitico, per lo meno a partire dal secondo millennio a.C.
I mitografi greci riferiscono che i primi abitanti nacquero dalla terra stessa,
prima di qualsiasi altra razza greca. Altri li fanno discendere dai mitici Pelasgi
provenienti dalle terre Danubiane.
Certo e che la religione di Samotracia e antichissima e conservo un carat-
tere primitive fine ai tempi classici; ancora ai tempi di Diodoro gli abitanti di
Samotracia parlavano una lingua non greca, usata come lingua rituale: le
iscrizioni recentemente rinvenute nella contigua isola di Lemnos ci danno
un’idea di quell’antica lingua, che sembrerebbe affine all’etrusco (FEO,
1997).
L’ultimo strato di questo popolo pregreco sembra essere appartenuto alia
famiglia delle genti trade, che all’alba della storia dominarono il sud-est
balcanico, e che certamente lasciarono traccia nei concetti fondamentali
della religione di Samotracia: a loro viene abitualmente attribuita I’edifica-
zione delle piu antiche costruzioni rinvenute nel santuario misterico, un muro
“ciclopico” e un altare di pietra situate sotto I’Arsineion.
La sopravvivenza di un’antica lingua pregreca, unitamente alia presenza di
elementi non greci nella religione di Samotracia, la mescolanza di cerami-
che greche e native rinvenute insieme nel Santuario in un deposito del VII
secolo a.C. indicano che i colon! greci giunsero suH’isola soltanto intorno
al 700 a.C., integrandosi pacificamente con la popolazione autoctona.
Alcuni scrittori classici facevano provenire quest! primi gruppi di colon!
88
MAR
dall’isola di Samos anteponendo la loro venuta di qualche secolo: Omero
parla esplicitamente di Samotracia definendola la “Samos dei Traci”: ma
I’archeologia smentisce queste tradizioni letterarie, nate probabilmente per
la similarita dei nomi.
Un frammento di un’iscrizione su stele del IV secolo a.C. suggerisce che il
dialetto greco di Samotracia fu I’Aeoliano, e non lo loniano, facendo cosi
derivare i primi coloni greci dall’Anatolia nord-occidentale o da Lesbos, re-
gioni collegate a Samotracia da testimonianze sia mitologiche che
archeologiche.
I coloni costruirono la loro citta, Paleopolis, la capitale di una Citta-Stato di
tipo greco, comprendente I’intera isola; questa fu probabilmente retta da un
re denominate Basileo, il cui appellative sopravvisse a lungo, sia a
Samotracia che in tutta la Grecia, a designare un alto magistrate. I cittadini
erano organizzati in cinque tribu; come dea tutelare fu scelta Atena - come
nella maggior parte delle citta aeoliane - il cui santuario e state localizzato
nella parte alta della citta. Contemporaneamente i coloni greci si preoccu-
parono di sviluppare e di elaborare il culto originario dell’isola alio scope di
integrarlo meglio nella religione “greca”.
La fama dei misteri di Samotracia durante il periodo ellenico superb i con-
fini deirisola e assunse una particolare importanza: se Eleusi fu il centre
misterico del mondo panellenico, Samotracia rappresentb il luogo di inizia-
zione piu importante per la Grecia settentrionale e orientale; il Santuario dei
Cabiri attirava visitatori da ogni luogo e divenne famoso in tutto il mondo
greco. Numerosi sono i document! letterari che si riferiscono al culto mi¬
sterico, sia in epoca ellenica che nella prima era cristiana.
Erodoto fu un iniziato ai misteri di Samotracia, cosi come Lisandro, Re di
Sparta: Aristofane fa spesso riferimento ai Misteri, e presumibilmente mol-
te persone del suo seguito furono iniziate proprio a Samotracia. Qui Filippo
il Macedone incontrb la sua futura moglie, Olimpia, che gli avrebbe date
come figlio Alessandro Magno: il Santuario fu sempre protetto dalla Dina-
stia macedone, e qui si rifugib I’ultimo loro re, Perseo, nel tentative dispe-
rato di sfuggire ai Romani.
Samotracia visse un altro periodo di grande splendore proprio sotto i Ro¬
mani, e molti famosi personaggi della Repubblica di Roma solevano recarsi
a visitare il Santuario dell’isola: interne al 200 a.C. vi si recb anche I’lmpe-
ratore Adriano.
II decline di Samotracia incomincib a manhestarsi nel tormentoso terzo
secolo dell’era cristiana, e,,analogamente al culto eleusino, il Santuario venne
definitivamente chiuso.
II santuario dei “Grandi Dei"
Quando i primi coloni greci giunsero a Samotracia, fondarono la loro capi¬
tale nelle vicinanze di un luogo di culto dedicate alle antiche divinita
autoctone: dope la distruzione del prime tempio da loro costruito in seguito
a un terremoto (560 a.C. circa), venne eretta una nuova costruzione,
I’Anaktoron, sul modello eleusino. L’Anaktoron era destinato all’iniziazione
dei candidati che, come ad Eleusi, si dividevano in due gradi, i mystoi e gli
epoptoi, gradi che si conseguivano nel corso di cerimonie distinte.
La sala delle Iniziazioni era lunga circa 27 metri e larga 12, e conteneva sul
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lato minore un piccolo vano separato dalla sala principale da una parete
con due porte; in quel vano e stata rinvenuta una stele di marmo con I’iscri-
zione in greco-latino che recitava: “Vietato I’ingresso ai non iniziati”.
L’Anaktoron e rimasto inalterato - tranne che piccoli restauri - per quasi 900
anni, da quando fu eretto fino alia chiusura del Santuario. A fianco di que-
sto edificio troviamo una sorta di “sacrestia” chiamata un tempo “la Casa
Sacra”, le cui pareti erano ricoperte di iscrizioni recanti i nomi di tutti gll
iniziati; questa piccola costruzione (7 metri quadrat! di diametro) 6 collega-
ta all’Anaktoron e ne forma la parete nord. L’edificio successive e I’Arsineion,
fatto erigere dalla Regina d’Egitto Arsinoe II nel 280 a.C. circa.
Si tratta di un edificio rotondo che, con i suoi 20 metri di diametro, rappre-
senta la Rotunda piu grande di tutta la Grecia.
La funzione dell’Arsineion non e del tutto chiara: torse servi come amplia-
mento dell’Anaktoron, torse come luogo di raccolta dei partecipanti alle
cerimonie estive in onore dei “Grandi Dei”, cerimonie aperte a tutti, iniziati
e non. Gli scavi archeologici all’interno e alia periteria dell’Arsineion hanno
riportato alia luce altri rest! che tanno pensare che in origine I’intera area
tosse usata nei riti sacriticali; in protondita gli archeologi hanno scoperto la
parte maggiore di una struttura arcaica, il “doppio precinto”.
Questo era orientate in direzione nord-sud e si divideva in una sezione piu
ampia a nord e in una minore a sud: il doppio precinto tu costruito
presumibilmente nel VII secolo a.C., ma comprendeva una struttura ancor
piu primitiva. Nella parte orientale si possono vedere i resti di una “terraz-
za” arcaica costruita in stile “ciclopico”, con immensi blocchi di pietra; il
muro risale ai primi abitanti di Samotracia, ed e databile tra il prime e il
secondo millennio a.C.
II muro termina con una scalinata di pietra che porta ad un basamento di
portido la cui superticie tu adattata alio scope di permettere ad una perso¬
na - presumibilmente un sacerdote - di prendervi posto. Uno stretto canale
al tondo della roccia-altare serviva con ogni probabilita come raccoglitore
delle libagioni sacre. Piu avanti troviamo il Temenos, situate praticamente
al centre del Santuario; si tratta di una costruzione rettangolare con porti-
cato (propylon) con accanto lo Hieron (o “Nuovo Tempio”) dove i mystoi
ricevevano - a distanza di settimane o mesi dalla prima - la seconda inizia-
zione.
Sul lato occidentale si trova la Stanza dei Doni Votivi; a sud il Cortile dell’AI-
tare; accanto il teatro, assai poco conservato, sotto la cui orchestra scorre
un torrente incanalato in una galleria artiticiale. Dietro il teatro si pud notare
la lunga stoa, un porticato di circa 80 metri in stile dorico. Tra la stoa e il
teatro vi e la base del monumento torse piu tamoso di Samotracia, la Nike
di Samotracia o Vittoria Alata, statua oggi conservata nel Louvre di Parigi.
Originariamente la statua era collocata in un ninteo, una costruzione con
tontane e zampilli, su una base a torma di prua che guardava il mare.
I “Grandi Dei” e I’iniziazione ai Misteri
Cid che costitui la tama dell’antica Samotracia tu il culto dei “Grandi Dei”,
come erano utticialmente chiamati.
II culto comprendeva le pratiche misteriche considerate di origine divina e
riniziazione ai Misteri che, presso i Greci e i Romani non era considerata
interiore a quella di Eleusi. A Samotracia comunque, a ditterenza di Eleusi,
riniziazione non era una condizione richiesta: il suo Santuario, come tutti i
santuari pubblici greci, era aperto a tutti, e la venerazione degli dei avveni-
va anche in torma pubblica. Come i santuari di Delphi e di Olimpia,
Samotracia aveva un carattere internazionale e nel corso delle testivita an¬
nual! raccoglieva le rappresentanze di molti Stati.
Una plurality di divinita era raggruppata intorno ad una tigura maggiore,
una "Grande Madre” la cui immagine, seduta in mezzo a due leoni, tormava
una taccia delle monete dell’isola. Questa dea era collegata alia Grande Madre
dell’Asia Minore, Cibele, e alia Madre del Monte Ida di Troia.
92
Era la Signora del mondo selvaggio e delle montagne, adorata su altari di
pietra sui quali venivano compiuti sacrifici, altari che gli scavi hanno ripor-
tato alia luce. L’origine della Dea di Samotracia e indubbiamente pregreca e
precede I’arrivo dei Greci e le loro costruzioni, come dimostra I’altare di
pietra rinvenuto sotto I’Arsineion. Nella lingua di Samotracia era chiamata
Axieros, e dai coloni greci venne identificata con la loro Madre Terra,
Demetra. E probabile che i primi greci I’avessero chiamata Elektra, la “Ri-
splendente”, che in seguito venne trasformata dalla religione olimpica in
una sorta di mitica eroina. Insieme alia Grande Madre, e a lei subordinate,
vi era un dio itifallico, Kadmillos, dai Greci assimilate ad Hermes.
Important! erano anche i Kaboiroi, raffigurati come giovani itifallici, imper¬
sonal! demon! della natura present! in molte culture, dai Greci assimilati ai
loro gemelli Dioscuri.
Questo complesso di divinita, Axieros, Kadmillos e i Cabiri formano una
“unita” pregreca: ma i “Grand! Dei” comprendevano anche altre figure, tra
cui una dea del mondo sotterraneo, Axiokersa, e il suo sposo, Axiokersos,
che i Greci identificavano con Ade e Persefone. L’insieme dell’area sacra di
Samotracia si estende da nord a sud, in uno scenario ancor oggi di rara
bellezza paesaggistica; le costruzioni si trovano in parte su collinette e in
parte a valle, cosicche il corteo degli iniziandi scopriva gradualmente la via
dell’iniziazione. II corteo giungeva dalla citta lungo la via sacra ed entrava
nel recinto del Santuario attraverso il Propylon.
Come ad Eleusi, i novizi dovevano sottoporsi a riti propiziatori che com¬
prendevano il digiuno e vari sacrifici, poi dovevano purificarsi con un ba-
gno nei corsi d’acqua che anticamente attraversavano il recinto sacro.
L’iniziazione in senso stretto avveniva sempre di notte, al chiarore di alte
fiaccole i cui support! in pietra sono ancora oggi visibili.
Ogni iniziando portava una lampada come attestano i reperti in terracotta
rinvenuti, con il monogramma greco degli dei, la “TH”. Indossavano lunghe
vest! bianche, e quando entravano nell’Anaktoron iniziavano le danze ritua-
li. Tutto intorno alia sala aspettavano, seduti su panche o gradini, coloro
che gia avevano superato I’iniziazione, i parent! o gli amici dei novizi, ma
anche semplici curiosi del popolo.
Gli iniziandi entravano poi uno alia volta in una nicchia dove versavano la
loro offerta nel pozzetto sul cui fondo si trovava la pietra sacra. Simbolica-
mente si legavano cost alle forze del mondo sotterraneo, perche in quella
pietra - si credeva - risiedeva la forza della Grande Madre.
Gli iniziandi prendevano poi posto su un’alta tribuna di legno, di cui sono
state trovate le tracce, che si ergeva in mezzo alia sala; durante questa
fase, detta “insediamento sul trono”, venivano accerchiati da persone che
imitavano i Coribanti che li dileggiavano con alte grida e scherzi pesanti.
Ritroviamo qui I’eco dei gephyresmoi eleusini, che i pellegrini dovevano
subire attraversando il ponte sul fiume Kephysios (CAMILLA,!996: 20).
Le danze, la tensione emotiva, le uria dei coribanti che rimbombavano tra le
mura dell’Anaktoron, portavano ad un passo dalla “grande visione" che i
novizi avrebbero esperimentato di li a poco; ma prima di accedere alia con-
sacrazione, essi ricevevano una sciarpa rossa con cui si dovevano coprire
le spalle o il capo, e i telesmata, gli “oggetti sacri” che da questo momento
avrebbero sempre portato con s6, a testimonianza della protezione divina e
deiriniziazione ottenuta.
Entravano poi neiradyton, la parte del tempio riservata all’iniziazione vera e
propria: davanti alia porta d’ingresso vi erano due statue di divinita itifalliche
Che Erodoto afferma essere quelle di Hermes di derivazione pelasgica
(ERODOTO, II, 51). Cosa poi avvenisse all’interno della stanza non ci e dato
di sapere, se non che bevevano una pozione rituale.
Nel mistero completo e avvolto anche il secondo grado iniziatico, quello
dell’epopte, raggiunto nel cosiddetto “Nuovo Tempio”, lo Hieron.
Dagli elenchi di coloro che si sottoponevano a questo rito sappiamo che il
loro numero era molto limitato: al fatto non vi e una spiegazione sicura, ma
Lemno, museo
archeologico
Sirena alata in
terracotta.
VII sec 3 C
Tempio dei Cabiri si presume che i costi per ottenere I’epopte fossero molto elevati, oppure
a Lemno. venissero impost! comandamenti moral! particolarmente rigid!. Certo e
che chi aspirava al secondo grado iniziatico doveva, come ad Eleusi, esse-
re immune ai peccati di sangue. A Samotracia vi era infatti un sacerdote
incaricato specificamente della confessione dei peccati. Prima di entrare
nella sala delle iniziazioni il novizio doveva giurare solennemente di mante-
nere il piu stretto silenzio su cio che avveniva all’interno. Poi in un’abside
protetta da tende, si aveva la “visione”, una specie di “rottura” con la vita
precedente, una ristrutturazione dell’lo, come trapela dalle parole di Diodoro,
secondo il quale coloro che erano iniziati erano piu devoti, piu giusti e mi-
gliori di quanto non fossero stati in precedenza (DIODORO, 5, 49).
Allucinogeni a Samotracia?
Se il culto eleusino fu appoggiato da una mitologia sostanzialmente lineare
e coerente che verteva sulla ricerca da parte di Demetra della figlia Perse-
fone rapita da Ade, altrettanto non si pud dire dei Mister! di Samotracia che
coinvolgevano piu personaggi e piu element! mitici. Si narra che nell’anti-
chita le acque del Ponto (il Mar Nero) si riversarono su tutta la regions
affondando tutte le terre; solo I’alta vetta di Samotracia resto fuori dalle
acque, offrendo riparo e scampo ai fuggiaschi (DIODORO, 5, 47-49). Uno
degli scampati era Dardano, figlio di Zeus e di Elettra, la “Risplendente”,
figlia di Atlanta. Dardano giunse a Samotracia, dove istitui i Misteri, su una
zattera in cui era riuscito a mettere in salvo il Palladio, il cofanetto conte-
nente le “immagini” degli Dei. I suoi discendenti fondarono la citta di Troia,
trasferendovi il Palladio. Dopo la distruzione della citta, Enea, unico super-
stite fra gli eroi troiani, salvo il cofanetto portandolo con se in Italia: i Ro¬
mani chiamarono quest! “dei” Penati: Virgilio li chiama sia Penati che Magni
Dei (VIRGILIO, Eneide, VIII, 679). L’autore di solito assai precise, li lascia
avvolti in una insolita vaghezza: sappiamo solo che il Palladio era un cofanetto
trasportabile, contenente le “immagini” di questi Grandi Dei, nel quale era-
no presenti gli dei stessi. Virgilio non ci dice pero nulla circa il loro numero,
il loro “aspetto”, il loro sesso. II fatto curioso e che alcuni li consideravano
giganti, altri nani (ERODOTO, III, 37).
Siamo evidentemente in presenza di una religiosita pregreca e pratiche ri-
tuali ed estatiche risalenti probabilmente al neolitico. Quando la religione
greca assunse sempre piu caratteristiche antropomorfiche, quando tutte le
divinita assunsero un nome e un sesso, si cerco di darne uno anche agli
dei di Samotracia: Erodoto li chiamo Cabiri (ERODOTO, II, 51), nome da
tutti accettato ma che sostituisce un enigma con un altro enigma, perche
dalle fonti letterarie apprendiamo che i Cabiri erano di fatto intercambiabili
con altre divinita impersonali, i Cureti e i Coribanti: Nonno chiama esplicita-
mente i Coribanti “Cabiri che amano la danza” (NONNO, Dionisiache, 3,
73). L’indeterminatezza dei “Grandi Dei” di Samotracia ci rimanda ai popoli
presso cui e storicamente accertato I’uso di piante o funghi psicotropi: i
siberiani credono che gli spiriti del fungo Amanita muscaria siano uomini o
donne di piccola statura, a volte visti come giganti, il cui numero non pud
essere stabilito con precisione.
La stessa indeterminatezza la ritroviamo presso i Mazatec del Messico, che
chiamano i funghi psilocibinici con il generico appellativo di “figli delle ac-
que”. In una prima fase del pensiero religiose i nomi e I’identita degli “dei”
venivano sottoposti ad un rigido tabu e mai pronunciati pubblicamente. I
“veri” nomi venivano tramandati dai sacerdoti soltanto agli iniziati e sempre
per via orale; questi, dal canto loro, erano tenuti a mantenere il piu stretto
segreto. Lesatta trasmissione dipendeva quindi dalla memoria soggettiva
degli adepti, e se, per qualche ragione, era necessario trasmettere il con¬
cetto, ad esempio attraverso le rappresentazioni artistiche, questo veniva
fatto in maniera ermetica, in modo che fosse comprensibile ai soli iniziati.
Come gia evidenziato in precedenza (CAMILLA, 1997: 31), molte associa-
zioni divinita-elemento botanico presenti nell’antica Grecia possono essere
spiegabili solo come metafore final! di una lunga evoluzione culturale parti¬
ta proprio per nascondere dietro a nomi simbolici I’identita della pianta sa¬
cra, innominabile.
AI pari dell’esperienza eleusina anche quella vissuta a Samotracia era tut-
t’altro che simbolica, bens’i, presumibilmente, visionaria.
Ma per ipotizzare che dietro al culto dei “Grandi Dei” vi fosse I’assunzione
di una pianta allucinogena e necessario che i dati mitologici e letterari ab-
biano un “simbolismo enteogenico”, o per lo meno che possano essere
interpreted in chiave etnobotanica.
In effetti tutta una serie di figure mitiche che, direttamente o indirettamente,
hanno a che fare con i Mister! di Samotracia sono gia state interpretate
come personificazioni di vegetal! psicotropi, in particolare del Soma, la pianta
sacra della tradizione vedica, identificata da Wasson come il fungo Amanita
muscaria (WASSON, 1968).
Innanzitutto Prometeo, al quale C.A.R Ruck ha dedicate un’interessante
analisi (RUCK, 1986): secondo I’autore, il furto del fuoco di cui si rese
responsabile Prometeo, 6 un simbolismo enteogenico; Prometeo 6 descrit-
to aver nascosto il fuoco nel nartex (ESIODO, Le Opere e i Giorni, 52),
assimilabile al tirso dionisiaco; altri parlano del fuoco come di un “fiore", o
95
anthos (ESCHILO, Prometeo, 7) che dona agli uomini conoscenza e chiaro-
veggenza. II dono del fuoco rientra nelle tradizioni misteriche del Cabiri,
perche si narra che il furto ebbe luogo a Lemnos, il cui volcano ospitava la
fucina di Efesto. Beneficiari del furto furono quindi, presumibilmente, i pri-
mitivi abitanti dell’isola, i Cabiri, ritenuti essere nati dalla terra. La loro na-
scita “miracolosa” e una probabile metafora per indicare che i “Grandi Dei"
erano creature botaniche, piu specificamente creature fungine.
Al primitive il fungo doveva apparire ben misterioso e “miracoloso”: il suo
cicio riproduttivo diverse da qualsiasi altro vegetale, senza fieri, ne foglie,
ne semi; la rapidita con cui il fungo compare dope la pioggia, I’altrettanto
rapida sua scomparsa, dovevano incutere sentiment! di meraviglia e di “sa-
cro terrore”.
E poi la forma stessa del fungo, che si presta sempre ad allusion! e metafo-
re sessuali. Non e’e da stupirsi se nel “primitive” quest! sentiment! di sacro
terrore aumentarono ancor di piu quando I’uomo scopri - per case - che
certi funghi possedevano un intrinseco potere, e consumandoli ci si trova-
va faccia a faccia con vision! ed esperienze schiaccianti che confermavano
e rafforzavano la sua credenza nella realta di un mondo soprannaturale.
Ruck ipotizza che lo stesso Prometeo, stando ad alcune version! mitiche,
altri non sarebbe che I’antropomorfizzazione di una pianta psicotropa: una
pianta color zafferano, parassita di un albero, crebbe dal sangue di Prome¬
teo (RUCK, 1986:172). Medea uso il succo di questa “pianta” per proteg-
gere Giasone dai tori che custodivano il vello d’oro (APOLLONIO RODIO,
Argonautiche, 3, 845).
Questa misteriosa “pianta” dai magici poteri cresceva presumibilmente sulle
montagne, perche Prometeo venne incatenato da Zeus su di una vetta del
Caucaso, e divide interessanti e non casual! caratteristiche con il Soma,
prototipo del fungo sacro in tutta la tradizione euroasiatica.
La branca “ellenica” dei popoli indoeuropei, al pari degli Ari che si
insediarono in Persia e in India, porto con se la conoscenza delle tradizioni
sciamaniche in terra greca; il fatto sembra confermato dalla conservazione
nell’epoca greca di un modello per la mistura delle pozioni magiche che
presenta molte analogie con il materiale vedico.
II termine Soma (haoma in persiano) deriverebbe da una radice linguistica
indoeuropea, “su”, che significa “schiacciare”, “frantumare”, “spremere”.
Lambrosia e il nettare di cui si nutrivano gli dei olimpici non e null’altro che
la versione deformata di quello che nel contesto ariano era chiamato Soma,
infatti anche questa “pianta” cresceva solo sulle montagne:
Sulle piante hai disteso I’aere, nel cavalli la forza conquistatrice, nelle vac-
che I I latte. Varuna pose nel cuori rintelletto, nelle acque 11 fuoco, nel cielo
il sole, sul monte Soma (RIG VEDA, V, 85, 2).
Anche Efesto, il dio del fuoco, e collegato a Samotracia, in quanto i Cabiri
sono genealogicamente classificati come suoi figli, ed e anch’egli una pos-
sibile versione ellenica del Soma. Ricordiamo che nel Rir Veda molt! inni
collegano Soma ad Agni, il dio del fuoco, fino a rendere le due figure quasi
intercambiabili.
E inoltre curioso, e anche qui non certo casuale, come Efesto sia tradizio-
nalmente descritto come “zoppo”, caratteristica che in molte tradizioni fa
riferimento al fungo Amanita muscaria (WASSON & WASSON, 1957;
WASSON, 1986; GRAVES, 1992). Ancora, nella Francia medioevale il ter-
mine le bot (“storpio”, “zoppo”) designava sia Satana che I’Amanita mu-
scaria. Caratteristiche enteogeniche sono possedute anche da Atlante, la
cui punizione pud essere considerata parallela a quella del fratello Prome-
teo, e queste caratteristiche ci riportano ancora al Soma. Atlante fu infatti
condannato a “far da sostegno al cielo”, e analogamente il Soma viene de-
scritto nel Rig Veda in questi termini:
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Sostegno del grande cielo neH’ornbelico della terra, colato neironda entro
I fiumi (...) sipurifica Soma che da ebbrezza al cuore (RIG VEDA, IX, 72, 7).
Entra nel cuore di Indra, ricettacolo del Soma (...) gradito a Mitra, a Varuna,
a Vayu, sei I’eccelso sostegno del cielo (RIG VEDA, IX, 108,16).
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Erodoto, il primo a parlare di “misteri” a Samotracia, li attribuisce a quella
popolazione autoctona che definisce pelasgica.
Narra la tradizione che i piu bellicosi fra i Pelasgi furono i Centauri, capitanati
dal re Chirone; in un famoso saggio, purtroppo di difficile reperibilita, Robert
Graves propose I’ipotesi che i Centauri usassero proprio I’agarico muscarico
(GRAVES, 1964). La dea madre dei Centauri era chiamata in greco Leukotea,
la “Dea Bianca” (GRAVES, 1992:73) e curiosamente anche I’isola di
Samotracia si chiamava Leukonia, I’isola bianca. Ma Samotracia era anche
detta Elektania, I’isola risplendente, riportandoci da un lato alia grande madre
Elektra, ma dall’altro al sole, al fuoco, al colore rosso. Bianco e rosso, dun-
que i colori del fungo deH’immortalita, i colon del Soma:
Con I’immutabile abito splendente, appena indossato, I’immortale rosso si
avvolge. Ha preso la volta del cielo per vestirsi, un abito color delle nubi
(RIG VEDA, IX, 69, 5).
Soma muggisce, terrificante toro, mentre affila le sue derate coma (...)
La pelle e del toro, I’abito dell’agnello (RIG VEDA, IX, 70, 7).
Di glorno ha il colore del fuoco, di notte e bianco come I’argento
(RIG VEDA, IX, 97, 9).
La contrapposizione fra rosso e bianco, i colori caratteristici dell’amanita
muscaria, e inoltre evidente proprio all’interno del rituale misterico di
Samotracia, talmente evidente che sorprende il fatto che non sia mai stato
evidenziato finora: gli iniziandi prima di entrare nella stanza delle iniziazioni
e here la bevanda sacra dei Cabiri dovevano indossare sopra le loro blan¬
che vesti una sciarpa rossa. Non e questa una probabile forma di identifica-
zione con il fungo dell’lmmortalita?
Un panno (o una sciarpa) rosso come cappello e presente in una tradizione
micologica di Tessalonica, la piu grande citta greca della penisola calcidica,
non lontano da Samotracia, che riferisce che due dei fratelli Cabiri avrebbe-
ro assassinate il terzo, nascondendo poi la sua testa in un panno rosso
sanguigno (KERENYI, 1979:163).
La sciarpa rossa ci riporta infine al vello d’oro e agli Argonaut!, la cui vicen-
da pud essere letta come metafora di un percorso iniziatico-sciamanico,
dove, ancora una volta, il vello d’oro sembra una versione ellenica del Soma.
Gli argonaut! sono inoltre direttamente collegati a Samotracia e ai suoi Mi¬
steri, in quanto si narra che durante il viaggio alia conquista del vello d’oro
approdassero proprio a Samotracia perche ‘'scoprissero nella dolce inizia-
zione leggi segrete” (APOLLONIO RODIO, Argonautiche, 1, 917 ).
Conclusioni
Quella che abitualmente definiamo cultura greca rappresenta I’espressione
piu chiara e meno deformata del sincretismo fra la tradizione mediterranea
e quella dei popoli indoeuropei che penetrarono in terra greca intorno al
secondo millenio a.C. Ma e anche la tradizione europea dove maggiormen-
te si possono incontrare racconti mitici che evidenziano, simbolicamente,
una profonda conoscenza di vegetal! psicoattivi, sia di tradizione mediter¬
ranea che di tradizione indoeuropea (CAMILLA, 1997).
L’ipotesi di Wasson e Hofmann che gli ingredient! del kykeon eleusino con-
tenessero derivati dell’acido lisergico e stata sostenuta da evidenze sia far-
macologiche che linguistiche (WASSON et al. 1996), e negli ultimi anche
Dioniso, almeno nelia sua forma originaria, e stato interpretato come il dio
delle piante allucinogene, in particolare del fungo Amanita muscaria
(SAMORINI E CAMILLA, 1995; CAMILLA, 1997).
Crediamo che I’ipotesi che i Misteri di Samotracia e il culto dei “Grand! Dei”
vadano anch’essi interpretati in chiave enteogenica sia qualcosa di piu di
una pura fantasticheria, ipotesi implicitamente sostenuta anche da Lehmann
quando affermava che ‘Tintossicazione da vino sembra essere stata un’an-
tica pratica nei riti di Samotracia” (LEHMANN, 1995:31).
D’altra parte il “vino” greco non era altro che un liquido madre in cui veni-
vano infuse piante e vegetal! inebrianti (SAMORINI E CAMILLA, 1995;
CAMILLA, 1997).
Su Samotracia e i suoi Misteri esistono in realta pochissimi studi, nessuno
dei quali va nella direzione di una lettura etnobotanica come proposto in
questo articolo.
Ma se questa lettura fosse attendibile, allora dovremmo riconoscere che
anche nell’estremo nord del territorio greco, al confine con la Tracia, fiori e
si sviluppo un importante culto estatico-visionario il cui nucleo rituale fu
rappresentato da un vegetale psicotropo. Molti aspetti rimangono ancora
oscuri, e la ricerca e ancora tutta da sviluppare; ma se si dovessero trovare
indizi piu convincenti di quelli trovati su queste pagine, allora dovremmo
porci I’interrogativo sul reale significato non solo su Samotracia, ma su
tutti i culti misterici dell’antichita, dall’Orfismo ai culti in onore di Cibele e
Attis, fino ai Misteri di Mitra e quelli dedicati a Iside e Osiride.
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fortezza di
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MONTANO E
L’ES TAS! FRIG/A
Ezio Albrile
Torino
II Montanismo fu un movimento profetico cristiano sorto nel terzo quarto
del II secolo d. C., che si diffuse in tutti gli angoli del mondo greco-roma-
no. Eusebio di Cesarea, che cita uno sconosciuto oppositore del Montanismo
che oggi viene chiamato I’Anonimo, ci da un resoconto delle origini di que-
sto movimento (cfr. H\sl eccl. 5, 16, 6-9) sorto in Frigia in un villaggio
chiamato Ardaba. Per tale motive i seguaci del Montanismo furono chiama-
ti anche “Catafrigi”, dal greco oikata Phrygas, oppure “Pepuziani”, dal luo-
go (Pepuza) dove sarebbe dovuta apparire la Gerusalemme celeste, mentre
gli stessi si autodefinivano adepti della “Nuova Profezia”, a causa delle pre-
tese rivelazioni ricevute dal Paracleto del Vangelo di Giovanni.
Poco si sa della figura del fondatore Montano. Prima della sua conversione
alia fede cristiana, secondo San Gerolamo (Ep. 41,4) era forse stato sacer-
dote della grande dea frigia Cybele, “mutilato e castrato” (abscisum et
semivirum habuisse). Secondo altri era stato sacerdote di un idolo (cfr.
Didimo Alessandrino, De trin. 3, 41, 3), mentre una fonte anonima lo fa
sacerdote di Apollo. Non e neanche certo quando inizio il movimento: se¬
condo Epifanio di Salamina avrebbe avuto origine nel 156-157 d. C. circa,
mentre Eusebio di Cesarea lo colloca negli anni tra il 172 ed il 173 d.C.,
questa seconda data e la piu probabile.
Secondo le fonti piu antiche Montano si proclamo lo strumento del
Parakletos, il “soccorritore”, il Cristo celeste degli scritti giovannei che in¬
tercede per I’umanita nella qualita d’inviato di Dio sulla terra. Annunziato il
giorno della Pentecoste non era ancora disceso sugli Apostoli, ma si dove-
va manifestare attraverso lo stesso Montano, onde introdurre la Chiesa nel¬
la verity ultima e definitiva. Due donne, Priscilla (o Prisca) e Massimilla,
furono le prime discepole conquistate alia nuova dottrina; divenute anch’esse
partecipl del dono profetico acquisito durante la trance di possessione del¬
la setta, furono presto venerate accanto alio stesso Montano.
La profezia si annuncid nuova, specialmente per la sua forma estatica, con-
traria per certi versi al concetto cattolico di profezia, cosi come espresso
da San Paolo nella prima lettera ai Corinti (14). Della letteratura montanisti-
ca sono giunti sino a nol unicamente sedici frammenti oracolari, conservati
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Nella pagina a
fianco: immagine
del dio Sabazios
da una laminetta
in bronzo
proveniente dalla
Spagna.
La divinity con il
tipico cappello
frigio 6 associata
a Cybele.
In basso a destra
si pud notare un
boscaiolo pronto
a recidere un
pino sacro,
mentre a sinistra
6 presente
Dioniso senza
barba con una
corona di rami di
vite
Iside di Cyrere.
sotto forma di citazioni da alcuni scrittori protocristiani (antimontanisti ed
eresiologi). Tra questi il quinto esprime con chiaro linguaggio simbolico la
confessione estatica che fa da sfondo alle esperienze visionarie della setta,
dove in uno stato di rapimento e di estasi gli adepti enunciavano le
rivelazioni del Paracleto:
"Ecco, I’uomo e come una lira,
e io (=Montano) volo sopra
come un plettro. L’uomo dorme
e io son desto. Ecco e il
Signore colui che fa uscire
di se i cuori degli uomini e li
rinnova".
In questa caratteristica violenza estatica si riconosce I’appor-
to dominante della religione frigia arcaica, intrisa di fenomeni
legati alia trance di possessione e al culto della “Grande ma-
dre” anatolica riconoscibile nella dea “eviratrice” Cy-
bele. A quest’ultimo aspetto, connesso alia disinte-
grazione del games matrimoniale, va inoltre ricondotta
I’ossessione montanista verso il rigorismo sessuale
e I’ascetismo intenso. Alla rinuncia totale al matri-
monio vanno aggiunte le prescrizioni rituali circa i
digiuni prolungati ed austeri. Montano stesso proba-
bilmente richiese che tutta la vita del fedele, sino al
ritorno del Signore, fosse un continue, ininterrotto
digiuno. A questi postulati va unita I’assoluta dispo-
nibilita e predisposizione al martirio, come sottoli-
neato piu volte da Tertulliano (cfr. De fuga, 9), Io ze-
lante padre della Chiesa che per eccesso di zelo si
fece egli stesso montanista.
Le trance di possessione della setta sono certamen-
te tra gli aspetti piu suggestivi della prassi dottrinale
montanistica. Montano “vittima della follia e delle
convulsion!” si autodefinisce veicolo del Paracleto:
differentemente dal “Padre di tutte le eresie” Simon
Mago che parlava di se stesso come della “potenza
di Dio, quella chiamata la Grande”, egli parla in prima
persona quale medium di Dio, colmandosi del suo
spirito profetico. II medesimo pneuma che riempie e
fa parlare “in modo folle, inopportune e bizzarre” le
due profetesse Priscilla e Massimilla. Anche se non
unanime, sembra chiaro il retaggio pagano di tale pro-
fetologia: Apollo e il dio oracolare vividamente descrit-
to nella novella di Par Lagerkvist, che parla attraver-
so la sua profetessa, la Pizia delfica; essa enuncia i
suoi responsi quando e en-theos, plena deo, "ricolma
di Dio”. Virgilio oeW'Eneide (6, 77) descrive plastica-
mente I’evento quando narra di Enea, che giunto nei
penetrali dell’antro cumano interpella la Sibilla scos-
sa dai fremiti di Dio, pregandola di fargli udire “il suono del futuro”. Una
situazione parallela si trova nelle Metamorfosi di Ovidio (14, 107) dove la
Sibilla deo furibonda recepto e una vergine recalcitrante alle proposte di
matrimonio del dio Febo (Apollo), e per questo punita con una effimera
forma di immortalita che si protrae nel tempo, ma non nel corpo. II raccon-
to della Sibilla trova una sorprendente analogia con quanto narra Ovidio
sempre nelle Metamorfosi (1, 689-712), a proposito di un’altra vergine ri-
belle all’amore di un dio. Syrinx (Siringa). E curioso come la divinita avente
I’epiteto di Nomios “soffi” attraverso il corpo della vergine ribelle, colman-
dola del suo spirito. Ancor di piu e il nome della virgo Syirinx/Siringa, che
riporta alio strumento rituale della misteriosofia orfico-dionisiaca e metro-
aca: tempo addietro il Macchioro, in un epocale libro (Zagreus, Firenze,
1930, pp. 74-76), ha dimostrato I’importanza nei riti magici dell’atto del
syrizein, voglia o no cio significare il suonare la siringa. Da questo deriva
inoltre I’epiteto di syriktes dato ad Helios in un inno orfico, e il referente
cosmico attribuito al syrizein di Zeus.
Degno di nota e ancora I’episodio della soror montanista su cui si sofferma
Tertulliano nel De anima (9, 4). La comunione con il divino attuata dalla
visionaria in conversatur cum angelis, se non con Dio stesso, porta ad una
comunicazione tra I’umano e il mondo spirituale segnata non solo dalla
visibilita di realta sovramondane, ma anche e soprattutto al discernimento
del cuore degli uomini. La trasparenza, ineffabile, dell’anima divina, si rive-
la all’estatica in forma corporea: immagine che solo apparentemente e va¬
cua illusione, poiche possiede una sua “afferrabilita” e percepibilita ai sen-
si fisici. La visione angelica, divina, nelle parole dell’estatica assume la
concretezza di una sostanza
luminosa, che a livello compa¬
rative si pud avvicinare alia
auge teurgica, il lampo noeti-
co stigma dello splendore di
Hekate negli Oracoli caldaici
(cfr. il frammento 115 Des
Places).
Quest’avvicinamento compa¬
rative permette di approfondi-
re ulteriormente il presunto
retaggio pagano del Montani-
smo basandosi su una perce-
zione dell’altro mondo, quello
nascosto, precluso alia perce-
zione ordinaria, che per usare
la terminologia del Corpus her-
meticum 6 una thea ed una
theasasthai, ciod una “visio¬
ne" ed un “vedere” nella tra¬
sparenza del cosmo noetico.
Un parallelo interessante a tale
fenomenologia visionaria 6 il
caso di Dositea, la veggente
anatemizzata da Psello nella
Rilievo
raffigurante la
ierogamia,
I’unione col
divino.
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orazione contro il nemico di sempre Michele Cerulario (Orat. 1 = ed. Dennis
pp.5, 106ss.). L’accusa e grave: il Patriarca, in combutta con i monaci di
Ohio, Niceta e Giovanni ha ammesso nel suo palazzo e nella Basilica di
Santa Sofia una profetessa dotata di straordinari poteri visionari, che in
preda alia trance estatica si da ad “ignobili eccitamenti e furori bacchici”.
Lo stesso Psello e costretto ad ammettere che il “carattere inaudito ed in-
solito dell’ispirazione sconvolge I’ignorante” ed al medesimo tempo “desta
meraviglia e venerazione”. II caso e affine all’estatismo montanista e, in
linea con il piu zelante degli eresiologi, Psello paragona la trance di pos-
sessione ad una sorta di “ateismo” scaturito da una degenerazione religio-
sa ellenico-caldaica, ovverossia da una sorta di miscuglio tra orfismo,
mithraismo e culti metroachi. Dositea, colta da un’estasi febbrile, incon-
trollata, “profetizza le cose future ed enumera le legioni celesti”: I’enuncia-
zione delle taxeis, le “legioni” angeliche, rientra in quell’attivita visionaria
implicante \'ascensio nelle sfere arcontico-planetarie e il congiungimento
ultimo con la “Madre del logos” che comunica a Dositea i misteri scaturiti
dalla “generazione del logos”. Inutile dire che una simile ermeneutica visio¬
naria si collochi nell’alveo di una tradizione religiosa “materna” indirizzata
ad esaltare al massimo grado I’aspetto femminile del divino. Non e un caso
infatti che le stesse profetesse montaniste (Quintilla o Priscilla), secondo
I’oracolo riportato da Epifanio di Salamina (Pan. haer. 49, 2-3), percepi-
scano nella trance estatica il redentore in sembianze femminili:
"Cristo e venuto a me e m’infuse la
sapienza, coperto di splendida veste
sotto forma di donna fen idea gunaikosj,
e mi riveld che questo luogo e santo
e qui deve scendere la Gerusalemme
celeste”.
II “luogo santo” e ovviamente la citta frigia di Pepuza, spazio designato ad
accogliere la nuova e ultima manifestazione della Gerusalemme celeste.
Oltre a cio e importante rilevare come la visione del redentore in sembianze
femminili non sia un caso isolato: un importane scritto gnostico di Nag-
Hammadi intitolato “II Tuono, la mente perfetta” (NHC VI, 13, 1-21, 32)
descrive I’entita rivelatrice nei tratti contraddittori di una Madre celeste che
e “vergine e sposata, onorata e disprezzata, prostituta e santa”: una sorta
di aretalogia in negativo che, come ha mostrato la studiosa americana J.
Jacobsen Buckley, si ritrova anche nei testi gnostici dei Mandei.
Questa tematica ne introduce una molto piu ampia, che e quella della
“ierogamia visionaria”. E un tratto costante dell’ascetismo femminile de-
scrivere I’esperienza mistica in termini di unione con il Cristo. Le linee por-
tanti di tale mistica nuziale, che verranno ad esempio preconizzate da Santa
lldegarda di Bingen con le parole Lux vivens dicit, “La luce vivente dice...”,
intendendo con cio riferirsi alle parole rivelate da GesCi quale messaggero
celeste, si ritrovano ancora nella gnosi di Marco il Mago (cfr. U.Adv. haer. I,
13,2). Secondo Marco il Mago, incluso non a caso da Ireneo nel ramo siro-
anatolico della scuola valentiniana, il rito di comunione introdotto dalle pa¬
role del “rendere grazie” su di un calice assume la tipologia di un Sacra¬
mento estatico, nella forma di una comunione con il fluido luminoso di un’en-
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tita divina, la C/7ar/s, la “Grazia” che si manifesta improvvisamente in virtu
di una particolare azione magica di invocazione. Cid che appare specifico
in questa cerimonia e la descrizione del rito in termini di mistica nuziale: la
trasmutazione del vino contenuto nel calice coincide con I’infusione della
Charis alle donne che presenziano il rito, evento che porta alia trasmissio-
ne del dono della profezia: “Quella che e prima di ogni cosa, incomprensi-
bile e indicibile Grazia, riempia il tuo Uomo interiore e moltiplichi in te la sua
gnosi seminando il granello di senape sulla buona terra” (Ir. Adv. haer. I,
13,2). L’azione della Charis nella liturgia visionaria di Marco ha quindi la
funzione di donare la conoscenza profetica risvegliando I’uomo interiore,
\'anthropos photeinos sul quale si diffonde con ampiezza di metafore la
letteratura gnostica. L’invocazione dell’lmmagine divina che scende sulla
comunita degli eletti trova un altro parallelo nel Sacramento gnostico de-
scritto dal Vangelo di Filippo. In quest’opera, sempre proveniente dalla bi-
blioteca copta di Nag-Hammadi (NHC II, 32, 10-51, 28), I’uomo perfetto
potra essere realizzato dagli gnostic! se quest! riceveranno I’azione della
Charis e saranno capaci di rivestirsi della Luce perfetta, cioe di Charis e di
Phos (cfr. logion 106). Per poter penetrare nel pleroma di Luce, e cio pub
avvenire unicamente con la mediazione sacramentale, e precisamente con
I’eucarestia che introduce al “mistero della camera nuziale”, che in termini
gnostic! e effigiato dall’unione del Logos con lo Spirito Santo (si deve infatti
ricordare che secondo I’uso linguistico semitico la parola spirito, ruach, e
sempre femminile). Ascrivibile a una tale tipologia sacramentale e una ra-
mificazione araba del movimento montanista, i Collyridiani. Tratto rilevante
della setta e I’assunzione della Vergine Maria al rango di una dea vera e
propria, alia quale vengono otferti sacrifici rituali quotidian!. Conosciuti anche '
come “Filomarianiti”, i Collyridiani derivano il loro nome dal greco kollyra,
che si riferisce al pane o focaccia rituale offerto ritualmente alia
Vergine Maria. La consacrazione di pani o dole! rituali e una co-
stante della religibsita mediterranea arcaica, basti pensare al
Demetriakon karpon, il “grano di Demetra” inteso come cibo
cultuale nelle svariate cerimonie di area ellenica a lei consecra¬
te, oppure al tempio di Cerere (Demetra) descritto neW'Asino d’oro
di Apuleio (Metam. 6,1) dove la dea riceve offerte di “spighe di
grano, alcune in covoni e altre intrecciate in corone, e anche
spighe d’orzo...”. Ma il sacrificio dei cereali spiega poco o nulla
sul misterioso culto dei Collyridiani descritto da
Epifanio di Salamina (Pan. haer. 79,
1-9), e che ha un suggestive
V
'«>’V .
parallelo nella cerimonia eucaristica officiata negli atti di Tomaso, dove lo
stesso apostolo Tomaso benedicendo il pane sacramentale invoca la disce-
sa su di esso della Charis divina che e “silenziosa rivelatrice del misteri
sublimi” (cfr. Acta Thom. V, 49-50). Particolare importante e che I’apostolo
inizia a distribuire il pane eucaristico cominciando dalla donna che gli e
accanto e In tutta la liturgia non si fa menzione del vino.
Ma il rito che piu si avvicina tipologicamente al cerimoniale dei Collyridiani,
e il Sacramento estatico impartito dagli gnostic! Ofiti di cui ci rende edotti
sempre Epifanio (cfr. Pan. haer. 37, 5). Qui, in un’atmosfera di delirio oniri-
co, circondati da serpent! vivi, gli adept! della setta manducano focacce
cotte con farina di mandragore. Quest! pani rituali, il cui effetto allucinoge-
no e chiaramente testimoniato dalla presenza della mandragora, prima di
essere mangiati vengono offerti alia potenza “dracontica” e tellurica effigiata
nel serpente; immagine di quella forza duale e sorgiva che i Collyridiani
rappresentano plasticamente nelle fattezze della Vergine Maria, e che, per
esempio, altri gnostic! di area ofitico-sethiana, i Perati, chiamano piste
oikonomos tou ichnous ton aeron, cioe “la fedele tesoriera dell’impronta
fluidica” (cfr. Hipp. Ref. V, 14, 1).
Inutile ribadire come una simile ermeneutica visionaria non si sia potuta
mantenere a lungo in equilibrio con il potere ecclesiastico: appare quindi
abbastanza logica I’intransigente e violenta reazione della Chiesa, che com-
batte la pretesa di una cospicua parte della comunita religiosa di possedere
font! di rivelazione autonome, se non addirittura superior!. Iterando cio che
era gia avvenuto nel conflitto con lo Gnosticismo, la Chiesa condusse an-
che contro il Montanismo una doppia lotta, teologica ed ecclesiastica. La
polemica teologica e in gran parte conservata dal gia citato Anonimo tra-
mandato negli excerpta raccolti da Eusebio di Cesarea, mentre la lotta pro-
priamente ecclesiastica contro il Montanismo si manifesto prima in Asia:
qualche vescovo cerco di convertire i nuovi profeti senza risultati apprezza-
bili; e il caso di Zotico di Comana e di Giuliano d’Apamea che si recarono a
Pepuza per esorcizzare il demonic che a loro parere infestava Massimilla: il
tutto si risolse pero con un nulla di fatto, poiche vennero cacciati dai se-
guaci della profetessa.
Nonostante la dura lotta delle autorita ecclesiastiche il Montanismo, alia
fine del IV secolo, era ancora forte in Frigia, Galazia, Cappadocia e Cilicia,
come pure a Costantinopoli, e tale rimase sino all’VIII secolo. Non sembra-
no infine mancare i casi dove i montanisti arsero vivi nelle proprie chiese,
per non doverle abbandonare ai cattolici. La vittoria sul Montanismo rap-
presenta I’affermazione sempre piu decisa della Chiesa quale organizzazio-
ne gerarchica fondata sulla successione apostolica di Vescovi, e suH’idea
di un universalismo volto a conquistare a Cristo il mondo intero. E I’idea
dello “spazio vitale" cristiano (destinato ad una infelice posterita) che si
scontra duramente con I’estatismo montanista, reo forse di aver spostato
I'attenzione su un aspetto piu intimistico, e a suo mode “sacrificale”, del
problema religiose. Gli esordi del Montanismo vanno infatti collocati duran¬
te rimpero di Marco Aurelio, memento in cui le condizioni politiche forte-
mente oppressive favorirono la nascita di movimenti a sfondo millenaristico.
In particolare quello montanista si caratterizzd come un movimento di rin-
novamento all’interno della Chiesa del II secolo: la sua accettazione del
valore del martirio e I’importanza che esso ascriveva ad un’etica rigorosa
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Sacerdote della
“Grande madre"
Cybele.
tendeva a differenziarlo dalla grande Chiesa. E indubbio inoltre che I’assun-
zione della fede cristiana a dogma politico-costantiniano abbia ulteriormente
aggravate nei secoli successivi la gia precaria situazione di un'eresia come
quella frigia, totalmente disinteressata alia caducita del tempo presente.
LA LDANZA DEL VEMTO
Eimport^nza della^ da^nza^
e della musica ne!
candomble d! Bahia
Lo straniero ha gli occhi grandi,
ma non vede nulla In citta.
Proverbi Twi (in J.B.Danquah)
Rosamaria
Susanna
Barbara
Airinizio era il Caos. Ad un certo punto, comincio a sentirsi un rumore che
prese consistenza e si trasformo in ritmo. Cosi Shiva dette origine all’uni-
verso cantando e danzando sulle vibrazioni del suono. Anche Eunione, la
dea di tutte le cose, nacque dal Caos e non vedendo terra solida dove poter
sostare, ballando sulle onde separo il cielo dal mare. In Africa, presso gli
ioruba\ gli orixa danzavano per festeggiare la vita ed avvicinarsi ai mortall.
In gran parte delle cosmologie il mondo nacque dalla danza e dal canto di
una dea-ballerina o di un dio-musicista, come se tutte le culture ricono-
scessero il fascino e il potere organizzatore della musica.
L’articolo mostra la funzione ed il significato simbolico della danza e della
musica nel rituale pubblico del candomble, la religione afro-brasiliana che
ha il suo centre principale nella citta di Bahia, in Brasile e che gia Bastide
aveva definite la “Roma nera”.
Per Bastide (1978) il candomble riproduce “una piccola Africa in terra bra-
siliana” perche non e solo una religione, ma la comunita riproduce un modo
di vita africano basato sulla solidarieta e la difesa delle proprie tradizioni.
II candombib si basa sul culto degli orixa, le divinita della natura ioruba,
visibili durante il fenomeno della trance ed e costituita dalle credenze e dal¬
la visione di mondo di varie etnie, provenienti per la maggior parte dalla
Nigeria e dall’attuale Benin. Lentrata nella religione e segnata da un rito di
passaggio che prevede un tempo di reclusione. Gli orix^ sono degli ante¬
nati divinizzati che corrispondono alle energie della natura: Xango 6 il forte
e allegro dio del fuoco; Lemanja e la Grande Madre, regina degli oceani;
Oxum la vanitosa divinita dell’acqua dolce. Simili alle divinita del Pantheon
greco, gli orixa vengono venerati in tutto il Brasile.
Lo scopo del rito pubblico^ e I’incontro del fedele con il suo orix^ principa¬
le, il suo doppio spirituale, durante la trance, in modo da superare I’antica
separazione fra il mondo degli spiriti {orum) e il mondo terrestre (aiyd).
Separazione avvenuta a causa della trasgressione di un divieto da parte
dell'uomo.
In quel tempo gli uomini vivevano in armonia con gli dei, ma non dovevano
perO sporcare /'orum. Oxali, il padre di tutti gli dei, amava la pulizia e il
bianco. Ma un giorno un uomo macchid inavvertitamente /'orum.
Oxald lo seppe e arrabbiatosi spezzd il palo sacro che univa i due mondi,
Antropologa
Genova
L’articolo e
basato su una
ricerca di campo
della durata di
tre anni, a
Salvador
(Brasile), in uno
dei terreiros piu
tradizionali della
citt^, \’li6 Ax^
Op6 Afonja,
tondato nel
1910.
^ Etnia africana
proveniente dalla
Nigeria e
dall'attuale Benin
deportata
nell'ultimo cicio
della tratta degli
schiavi in
Brasile.Gli lorubd
erano a capo di
grandi civiltd che
avevano il loro
centro nella cittd
di Ife di Old e di
Ketu.
2 Essendo il
Candomble una
religione
misterica vi sono
riti pubblici a cui
tutti possono
partecipare e
una serie di riti
solo per le
persons della
religione.
3 Come spiega
PRANDI: "L'axe e
forza Vitale,
energia, principio
di vita, forza
sacra degli
orixa".
(1991:103)
110
* Per fundamento
si intends la
forma e gli
element! con i
quali sono
eseguiti i ritual!
Che fanno parte
dei segreti, awo,
della religione.
quello delle divinita e quello dei mortali, separandoli definitivamente. Dope
un po’ di tempo perd gli uomini cominciarono a sentire nostalgia delle bel-
lissime danze delle divinita e gli dei desideravano gustare nuovamente i
cibi Che i mortali preparavano per loro. Ecco allora che Oxala decise di fare
incontrare occasionalmente gli orixa e i loro fedeli, in grand! feste.
Essendo il candomble di chiara derivazione africana tratteremo di alcuni
elementi di questa cultura che si incontrano anche in Brasile. La musica e
la danza in Africa accompagnano il fluire della vita: tutti gli avvenimenti
sociali important sono sottolineati dalla loro celebrazione con la musica e
il corpo. L’arte fa parte del quotidiano e non e separata in una sfera a se
come nelle culture occidental!. Le civilta africane sono caratterizzate da una
visione olistica della vita. Ogni essere vivente - e non - e collegato ad un
altro in una catena infinita di significati in cui ogni singolo elemento esiste
in funzione dell’altro, partecipando cosi alia dinamica del cosmo, in un’eterna
ricerca di armonia e equilibrio. Esiste un legame indissolubile fra il cosmo,
I’uomo e il sacro che si manifesta nell’esistenza quotidiana e, in questo
legame fra sensibile e sovrasensibile, il suono e il movimento assumono
un’importanza fondamentale perche portano e trasmettono una forza di “rea-
lizzazione” considerata sacra, I’axel
Per suono non si intends solo la musica, ovvero tutto cio che e percepibile
attraverso I’organo uditivo, ma anche I’onda vibratoria che si propaga attra-
verso tutti i corpi: gassosi, liquid!, etc. Onda vibratoria che si manifesta
anche nel movimento, per questo il suono e la danza nel candomble fanno
parte di un processo dinamico che si articola fra vari elementi. Suono e
movimento si possono considerare come facenti parte dell’onda che muo-
vendosi muove il mondo e il cosmo, e che si esprime in tutta la sua bellezza
nelle danze sacre, dove si materializza nel corpo delle sacerdotesse e nella
musica degli atabaques (tamburi sacri).
Questa onda vibratoria potrebbe essere il ritmo che, come gia sottolineato
da Senghor:
“ E I’architettura dell’essere, la dinamica interna che lo costruisce... I ritmi
si esprimono attraverso i mezzi materiali: attraverso linee, colori, superfici
e forme nella pittura, nella plastica e neH’architettura... Attraverso gli ac¬
cent! nella poesia e nella musica, attraverso I movimenti nella danza. Con
quest! mezzi il ritmo conduce qualsiasi cosa nel piano spirituale; poiche si
incarna sensibilmente, il ritmo illumina lo spirlto”.
(SENGHOR, 1956:60)
Essendo il candomble di tradizione orale, la visione di mondo e trasmessa
attraverso il corpo, attraverso un lungo percorso di apprendimento e di in-
corporazione dei fundamentos"^ religiosi che propone il corpo come uno
strumento di saggezza ritualmente costruito e la musica come filo condut-
tore e memoria del rituale. A questo proposito Fuller Snyder presenta la
danza sacra e la musica associate al mito e aventi funzione di letteratura:
"La musica, la danza e I’arte tutta possono essere considerate la letteratu¬
ra di una socleta di tradizione orale, per questo possiede una pluralita di
significati: la storia dell’etnia, la visione di mondo, le credenze religiose.
I’organizzazione della socleta e varie funzioni interconnesse come quella
di fortificare if gruppo e la conoscenza della comunita su se stessa, oltre
ad esprimere ridentita del ballerino e I’energia di cui fa parte ."
(SNYDER, 1979:213)
Festa di Santa
Barbara, 4 Die.
1997, Salvador.
Le danze, infatti sono la riattualizzazione degli episodi mitologici e quest!
racconti sono la guida per le credenze religiose, per I’organizzazione socia-
le e per molti aspetti della vita in una societa di tradizione orale.
Tutti quest! aspetti sono trasmessi attraverso il simbolo principale della dan-
za: il corpo della sacerdotessa-ballerina che e considerate un microcosmo,
dove si incontrano tutte le energie della natura in un equilibrio unico, parti-
colare per ogni individuo, in contatto continue con le energie del macroco-
smo. La danza sacra contempla due aspetti: un lato esteriore e un lato inte-
riore. II prime e trasmesso con i movimenti, i vestiti liturgici e gli oggetti
sacri, il secondo e la trasformazione in qualcos’altro, diverse dall’identita
quotidiana: il doppio spirituale.
I simboli della danza vengono da alcune component! basiche:
1) I’ambiente (intendendo il luogo geografico dove la comunita abita);
2) / material!per la sopravvivenza (cibo, material! per le abitazioni, materiali
per i vestiti, ecc.);
3) il complesso mitico che e la base filosofica di quella societa.
Cosi, per semplificare, si potrebbe fare la seguente equazione:
/ simboli della danza (movimenti), vestiti liturgici, oggetti sacri =
= ambiente, modello di sopravvivenza e complesso mitico.
I movimenti della danza trasmettono una profonda simbologia appresa du¬
rante gli anni trascorsi nel terreiro e che costituiscono un codice simbolico
compreso solo dagli iniziati. Ogni parte del corpo possiede un significato
precise: le gambe sono in contatto continue con I’elemento terra, sede de¬
gli antepassati, attraverso i piedi che sono la base del corpo umano e sono
guidati dall’or/xa Ogum, colui che apre i cammini; mentre la testa e in con¬
tatto con le energie dell’elemento aria ed e la sede 6e\\'orR, la nostra indivi-
5 [Ion e un’altra
divinity, e
I’individualita e il
destine
personale di ogni
individuo.
112
® II master-drum
6 il tamburo piu
importante che
coordina gli altri.
duality Per questo nella danza africana i piedi devono stare sempre in con-
tatto con la terra da cui ricevono energia, differentemente dalla danza clas-
sica che tende a staccarsi da questa, nel tentative di congiungersi al cielo,
eliminando cosi la prossimita con la terra e simbolicamente, allontanandosi
dal mondo presente.
Studios! dell’arte e delle civilizzazioni africane, come Asante (1985:72) e
Thompson (1974:30) riconoscono nel movimento I’aspetto piu importante
e profondo dell’estetica di queste culture, sia nella danza che nella musica
che in tutte le arti.
II secondo aspetto esteriore sono gli abiti liturgici, i material! con i quali
sono fatti ci raccontano quali sono le fonti di sussistenza (per esempio un
vestito di conchiglie mostra che la comunita vive di pesca) e indica chi e la
persona che abbiamo di fronte e qual’e la sua posizione nella gerarchia
sociale (per esempio attraverso la posizione di alcune parti del vestito si
intuisce se sono iniziate o no e da quanto tempo lo sono; se sono filhas o
filhos di una divinita femminile o no, etc.)
II terzo aspetto, quello degli oggetti simbolici, trasmette la storia degli orixa
e dei suoi legami mitologici con le altre divinita e della sua funzione come
energia del cosmo, per esempio Oia che possiede una spada, ci racconta
del suo lato guerriero e del suo legame con Ogum, la divinita della guerra.
L’aspetto interiore della danza e la trasformazione che avviene dentro il bal-
lerino durante la trance. Questo fenomeno, di cui molto si e scritto, fonde
in un’unica sintesi mente e corpo; forma e contenuto si uniscono in un’unica
totalita difficilmente comprensibile in occidente, dove I’uomo e visto dico-
tomicamente. La trance e un'esperienza difficilmente esprimibile con paro¬
le, poiche e un fenomeno interno, delicato e comprensibile solo attraverso
immagini, simboli e sogni, ecco perche raramente le sacerdotesse o i sa-
cerdoti ne parlano. Strettamente legata alia danza e la musica, come se il
movimento fosse la forma, mentre la musica e I’essenza della divinitl Du¬
rante la ricerca di campo e risultato evidente che gli atabaques, i tamburi
sacri, sono i custodi della tradizione orale. Gia Chernoff sottolineava che:
"I musicisti sono frequentemente i guardiani della conoscenza esoterica...
come I griots del Sudan occidentale che sono una casta ereditaria di musi¬
cisti, II cui dove re politico e quello dl preservare e recitare la grande tradi¬
zione storica”.
(CHERNOFF, 1980:71)
I sacerdoti-musicisti sono chiamati alabe e passano attraverso un rito di
iniziazione, ma non vanno in trance, devono conoscere tutto il repertorio
musicale sacro, sono i detentori della memoria storica della comunita, per
questo i ritmi sono tramandati usualmente di padre in figlio.
L’orchestra e composta da tre tamburi: il rum, che e il master-drum^ e quin-
di il maggiore per dimension! e suona i fundamentos religiosi, e suonato
con le mani. II rump! e il tamburo di mezzo e ilid e il piu piccolo. II rump! e
il le eseguono la base ritmica e accompagnano il rum che 6 I’unico che si
permette variazioni. Come suggerisce Verger:
"/ tamburi godono di alto rispetto perchd non sono considerati semplici
strumenti musical!, bensi la voce stessa degli dei. F per mezzo di essi che
quest! vengono chiamati e che si inviano loro delle risposte
(VFRGFR, 1981:157)
\lagogd e uno strumento di metallo a forma di doppia campana, percosso
da un’asta di metallo che origina un ritmo che si ripete uguale per tutta la
durata del brano.
Ogni atabaque possiede una frase-ritmica propria che unendosi alle altre,
forma una poliritmia, propria della musica africana, dove ogni musicista
esegue la propria frase in armonia con gli altri percussionisti. Ogni frase-
ritmica muove una parte del corpo della filha-de-santo, come se il corpo
fosse un’orchestra e ogni parte umana uno strumento.
Gli alabes devono comunicare fra loro per eseguire in armonia e equilibrio il
brano e per concluderlo all’unisono. La sacerdotessa-ballerina danza in sin-
cronicita perfetta con la musica, perche il suo corpo e la forma della divi-
nita che segue simbolicamente la sua voce. La musica conduce I’energia
spirituale e I’organizza, mentre il corpo la esprime e con i suoi movimenti
collega fra loro i luoghi sacri del barracao\
II pubblico-fedele accompagna il rito cantando e battendo le mani, introdu-
cendo cosi un’altra frase ritmica nell’insieme musicale, in cui I’aspetto prin-
cipale e la comunicazione del gruppo. In Africa non esiste la divisione fra
maestro e esecutori, ogni strumento e ogni musicista hanno una funzione
specifica all’interno dell’orchestra.
Ogni elemento deve comunicare con I’altro, il master-drum con i musicisti
e tutta I’orchestra con la sacerdotessa-ballerina e il pubblico.
Le danze sacre
E difficile descrivere con le sole parole la danza sacra, perch6 durante il
rito la divinity! trasmette immagini profonde e poetiche cui solo la visione
diretta o la poesia darebbero la giusta dimensione artistica.
La storica Asante (1985) spiega i criteri estetici delle arti africane, applica-
bill alia danza e alia musica. Primo fra tutti la poliritmia, ogni parte del cor¬
po si muove con un ritmo diverso, i piedi seguono la base musicale, mentre
le spalle e le braccia seguono le variazioni; il corpo 6 diviso in piu parti che
si armonizzano in un’unica sinfonia.
Orchestra degli
Atabaques nel
Terreiro di Mae
Beata di
Logunede.
113
^ E lo spazio
sacro pubblico,
dove sono posti
alcuni elementi
sacri fondamen-
tali per la forza
e I'equilibrio
della comunit^.
Quest! sono il
centro, la porta
di entrata, lo
spazio del
musicisti e
quello dove
siede la M^e-de-
santo. Le filhas-
de-santo
danzando
uniscono quest!
punti per
collegare le
energie.
® Significa che si
suonera un
candomble e
rende evidente
I’importanza
della musica per
la religione.
® La parola toque
significa ritmo.
114
Coreutico
viene dal greco
coreuo =
danzare in
circolo e dalla
parola texne =
I'arte di, quindi e
I’arte di danzare
in cerchio ed
indica I’impor-
tanza della
musica e della
danza in questo
tipo di rituali.
'' Oid-lansa e la
divinity del vento
e della tempesta,
sposa preferita
di Xangd,
conosciuta per i
suoi amori, la
sua irruenza e
trasgressione. II
4 di dicembre 6
organizzata una
grande festa in
suo onore.
Un’altra caratteristica fondamentale e il policentrismo che indica I’esisten-
za net corpo e nella musica di piu centri energetici, cosi come avviene nel-
I’universo.
La forma curvilinea che si incontra in varie danze del mondo e un altro
aspetto e nasconde un chiaro significato esoterico. Le danze sacre infatti,
hanno spesso un andamento circolare, antiorario che si ritrova anche nella
posizione del corpo delle orixa femminili, dove si distacca una forma roton-
da che rimanda, come dicono varie leggende, al cerchio, simbolo antichis-
simo del tempo e dello spazio del mito e della fissita della Grande Madre.
La dimensionalita indica che la danza trasmette a tutti i sensi e non solo a
quello visivo, cosi come la musica non colpisce solo quello uditivo. II movi-
mento deve esprimere, vivendolo, il sentimento, I’emozione dell’energia che
sta danzando attraverso tutti i sensi. Infine la coreografia e la frase musica-
le ripetuta all’infinito da all’azione un carattere atemporale e ci dice della
continuita della vita. La ripetizione non e qualcosa di meccanico, ma “crea”
ogni volta, Oia-lansa non ripete il movimento della guerra freddamente, ma
con sentimento, con presenza, ogni volta e una nuova guerra, e qualcosa
che prima non esisteva e che nel futuro non esistera. Per semplificare e lo
stesso messaggio del mandala, dove i sacerdoti costruiscono un meravi-
glioso disegno che il vento distruggera, e il momento che bisogna vivere
seguendo il proprio ritmo-divino interiore.
II rito pubblico del candomble
A Bahia, quando si organizza una cerimonia religiosa del candomble, si
dice che "questa sera vai a tocar urn candomble ou vai baler urn candom-
ble^”, mostrando cosi chiaramente il potere simbolico-religioso della musi¬
ca. La musica infatti e uno degli elementi costitutivi del rito e da forma,
insieme alia danza, a contenuti inesprimibili con le parole a causa della loro
complessita e multivocalita.
Le divinita comunicano attraverso la musica che esprime il carattere del-
Yorixa e attraverso la danza che trasmette gli avvenimenti della sua vita.
Cosi, per esempio Oxala, Lemanja, Nana possiedono un ritmo calmo e tran-
quillo, mentre Ola e Xango che hanno una profonda relazione nelle storie
mitologiche, esprimono nelle loro musiche piu attivita, piu impazienza, at¬
traverso una poliritmia aggressiva e un tempo rapido.
II toque^ tipico di Oia-lansa, per esempio e \llu, chiamato anche “quebra-
pratos" (rompi-piatti) ed esprime tutta la carica energetica e vitale della
divinita. E una musica che esplode nello spazio, lo riempie cosi come I’ener-
gia che esprime: I’aria in movimento con tutte le sue caratteristiche di in-
stabilita, disequilibrio, furia maestosa, ma anche di pulizia e di leggerezza.
Cosi come esiste un ritmo musicale e cantigas appropriate per ogni mo¬
mento del rituale, esistono anche danze diversificate.
Per meglio comprendere il ruolo della musica e della danza nel rituale co-
reutico-musicale^o (Carpitella, 1994) del candombld, sar^ descritta breve-
mente una cerimonia organizzata in onore di 0/a-/ar?sa” nel terreiro //6 Axd
Op6 Afonjd il 23 ottobre 1995.
Gli atabaques, i tamburi sacri, cominciano a suonare, chiamando la comu-
nita a partecipare alia festa.
II prime toque e un ritmo rapido e continue con il quale si forma la ruota
sacra’2 che si apre con la Mae-de-santo^^ seguita in ordine gerarchico dalle
equede^\ dalle eb6mr\ dalle /ad^® e per ultime le abia^^ che chiudono la
ruota.
Questa prima parte del rito e \oxire ed ha la funzione di chiamare le divinita
in mezzo agli uomini e di invitarle a partecipare alia festa^® religiosa. Si
canta e si danza per ogni orixa tre volte, iniziando con Ogum, il dio guerrie-
ro e si conclude con Oxala, il padre di tutti i mortali e di tutti gli dei, passan-
do per tutte le divinita^®. Ognuna di loro possiede il proprio ritmo, per esem-
pio Oxossi, dio della caccia e della foresta, danza I'aguere’, mentre lemanja,
signora compassata e maestosa il cadenzato bravum: \'ijexa, piu tranquillo,
e di Oxum. Ogni ritmo e accompagnato da una danza specifica eseguita in
uno state normale di coscienza con movimenti di piccola dimensione. Que¬
sta parte potrebbe essere paragonata ad una cosmovisione, dove tutte le
energie del cosmo sono invitate a partecipare alia testa.
Esiste uno schema fisso nel rituale, ma la quantita delle danze e dei canti
pud variare dipendendo dall’orixa dono da festa^^e da altri complicati fattori
come il legame fra il dono-da-cabega^^ della Mae-de-santo e yorixa per cui
e stata organizzata la cerimonia o la presenza di persone famose di altri
terreiros^^, etc.
Tutte le danze e i canti sono eseguiti solo dalle sacerdotesse e dai sacerdoti
della comunita che possono entrare in trance e dalle equede, ma la parteci-
pazione del pubblico e molto sentita e dietro all’orchestra formata dagli ala-
be, un gruppo di bambini della comunita accompagna il rito cantando e
danzando con grande precisione.
A questo punto si suona un toque particolare chiamato adarrum che invita
la divinita a scendere nei propri “cavalli” e che a volte e seguito da cantigas
special!. Avvengono cosi le prime incorporazioni, facilmente visibili, le sa¬
cerdotesse perdono I’equilibrio, escono dalla ruota, si passano una mano
sul volto ed alcune cominciano a ruotare su se stesse fino ad assumere un
nuovo atteggiamento corporale e una nuova espressione del viso. Per esem-
pio le filhas di Oia-lansa, la divinita del vento e della tempesta, assumono
quasi un’aria di altezzosita. Poggiano le mani sui fianchi e camminano per
10 spazio sacro come se prendessero possesso del luogo. Ben diverse e
I’atteggiamento delle filhas di Oxum che, civettuole come la dea, si richiu-
dono sul proprio corpo seducendo tutti i present!, con piccoli movimenti
delle braccia. Dope le incorporazioni gli orixa emettono un suono, chiama¬
to Ha 0 ke, che le identifichera per tutta la vita. In questa prima parte \'adar-
rum ha la funzione di aprire il canale energetico che lega \'orum all’a/ye.
11 pubblico e gli atabaques salutano gli dei, mentre gli orixa esprimono at-
traverso una serie di gesti padronizzati la felicita di essere in mezzo ai fede-
li. Dope una serie di danze di “saluto” chiamate primeira de dar rum, le
divinity sono portate via per essere vestite con gli abiti liturgici e con gli
oggetti simbolici come per esempio Yabebe (una specie di ventaglio-spec-
chio) di Lemanj^i o la spada di Oi^-lansa o I’arco di Oxossi. Mentre si aspetta
che gli orixa siano paramentati, viene offerto al pubblico un vero e proprio
banchetto sacro”.
Nella seconda parte della cerimonia, gli orixa ritornano nel barracao, entra-
no in fila seguendo I’ordine gerarchico, le persone iniziate da piu tempo
’2 La maggior
parte dei fedeli
che riceve la
divinita sono di
sesso femminile
nei candomble
tradizionali.
La Mae-de-
santo 0 il Pae-
de-santo sono i
leader della
comunita
religiosa
Sacerdotesse
che non cadono
in trance, ma
passano
attraverso un
rito di reclusione
e aiutano coloro
115
che ricevono la
divinita.
Sacerdotesse
iniziate da piu di
sette anni.
Sacerdotesse
recentemente
iniziate.
Coloro che pur
non essendo
state iniziate
definitivamente,
sono gi^ state
sottoposte ad un
rito di pre-
iniziazione.
Si chiama cosi
per evidenziarne
I’aspetto gioioso.
’* Exu, la divinity
che porta agli
dei le richieste
dei mortali, viene
omaggiata con
un altro rito non
pubblico,
chiamato Pad6
La divinita per
cui e stata
organizzata la
cerimonia.
L’orixa
principale della
persona.
Uno del divers!
nomi per
chiamare una
comunita di
candomble.
22 La cucina del
candomble e
famosa. Ogni
divinita possiede
un piatto tipico
che le viene
offerto in cambio
116
della sua
protezione e che
viene consumato
anche dai
present!.
2'' Sacerdotesse
0 sacerdoti piu
vecchi che
conoscono il
repertorio delle
canzoni sacre.
25 Andare in
trance.
Terreiro di
Candombid di
Mae Beata di
Logunede.
Ogum della Mae
de santo.
sono davanti, seguite da quelle con minor tempo di iniziazione, mentre la
iatebexe o il babatebexe^"^ intonano dei canti specific! per salutarli e i fedeli
oftrono fiori alle divinitl Da questo momento ogni orixa danza le proprie
coreografie che insieme agli abiti sacri e agli oggetti simbolici raccontano
le loro vite e le loro caratteristiche. Per esempio Oia-lansa ha sul suo abito
due coma di bufalo che testimoniano il fatto che lei e una donna-bufalo e
che e della famiglia di Oxossi, il grande dio della foresta legato al mondo
animale o, altro simbolo, la corona di Oxum che ci dice che e una regina.
Se un'orixa danza particolarmente bene gli saranno dedicate piu cantigas
in modo da lasciarlo in mezzo ai fedeli piu tempo.
A volte le canzoni sacre suscitano aspetti cosi emozionanti che persino le
figlie di altri orixa possono cair no santo^^. Di solito sono orixa che hanno
relazioni specifiche tra di loro, per esempio sono mariti o figli della divinita
omaggiata. In questa parte della cerimonia I’energia e chiamata a manife-
starsi in tutte le sue forme possibili e insieme con le altre forze della natura.
Cos] quando 0/a, divinita del vento, danza con Xango, divinita del lampo, la
loro coreografia e la manifestazione del movimento dell’aria che genera il
fuoco. Gli orixa ridistribuiscono I’energia vitale, I’axe, e collegano il mondo
sacro con il quotidiano. Dopo le danze sacre gli orixa sono portati via con
una coreografia di saluto, di solito uguale per tutti. Le divinita salutano il
pubblico, la Mae-de-santo e gli atabaques, ristabilendo I’ordine iniziale. Le
forze della natura, chiamate a concentrarsi nello spazio sacro, sono nuova-
mente disperse e ripartite nei loro locus originari.
I
La danza del vento
Per rendere piu facile la comprensione del ruolo della musica e della danza,
descriveremo la coreografia di transe dell’or/xa Oia-lansa che per semplifi-
care pud essere divisa in; danza della guerra, del vento, dell’allontanamen-
to dei morti, della seduzione.
Oia-lansa, signora del vento e delle tempeste, originaria 6\Jeclda, in territo-
rio Nupe, secondo alcuni miti simbolizza la trasgressione e la vita avventu-
rosa. Non si sa come sia avvenuta la sua nascita, forse tramite un incante-
simo di Oxum, forse fu abbandonata e trovata da Oxossi in un mercato. E
famosa a Bahia per i suoi amori e per la sua liberta, possiede le caratteristi-
che della femminista, a meta fra Artemides e Atena. E una donna-bufalo,
quando si arrabbia si trasforma in questo animale e travolge tutto quanto si
trova davanti, ma e anche la sposa fedele di Xango con cui affronta mille
battaglie. E anche colei che ha il compito di accompagnare con il vento gli
spiriti dei morti neW'orum e li aiuta in questo difficile passaggio.
Le danze della prima parte del rito sono le stesse che vengono eseguite
durante la trance. Nelle danze di possessione cambia la “qualita” del movi-
mento, il corpo assume una fluidita difficilmente raggiungibile in uno stato
normale di coscienza.
II ritmo caratteristico di 0/a e Vilu che esprime la personalita vitale e com-
plessa della divinita. Quando gli atabaques cominciano a suonarlo, il pub-
blico si alza in piedi e grida EeparreH, il saluto della dea e comincia a batte-
re le mani. AH’inizio le divinita danzano con il corpo curvo verso il pavimen-
to e con le mani davanti al busto simbolizzando due spade, portandole una
avanti e I’altra dietro come in una minacciosa marcia guerriera.
Un’altra coreografia ci racconta del vento. II corpo si sposta seguendo le
lateral! verso sinistra e verso destra. Anche le braccia piegate davanti al
busto, con le mani verso I’alto, sono portate a destra o a sinistra seguendo
i movimenti dei piedi. Le braccia si alzano oltre la testa e pud accadere che
le Oia sollevino anche la gonna ad indicare che il vento si propaga da tutto
il corpo. In questa coreografia le dita dei piedi non toccano quasi terra, ma
rimangono sollevate indicando una forte tensione.
Dopo una rapida fermata dove le divinita-vento camminano nel barracao e
prendono possesso dello spazio, ricominciano le danze questa volta con gli
oggetti sacri. Eccole quindi con yeruexim^^ mentre si accingono “a pulire”
lo spazio dagli spiriti dei morti, gli Egurn^^ Con le braccia alte sopra la
testa, roteando lo scaccia-'mosche sacro, si dirigono danzando sulle late¬
ral!, purificando anche il pubblico.
Se per caso un figlio di Ogum e andato in trance, ecco che le due divinita si
accingono a lottare, ricordando il tradimento di Oia, che lo abbandono per
Xango. Pud anche accadere che la dea decida di incantarlo o di conquistare
qualche altra divinita, in questo caso le danze saranno di seduzione di fron-
te aW'orixd che la divinitd ha scelto, ondulando i fianchi. Durante il rito \'orixa
esce dall’entrata principale del barracao. Solo Oi^ con Omolu e Ogum pos-
sono farlo, perchd sono orixa de rua, divinita di strada^®. In questo modo
saluta gli spiriti ancestral! e Exu, che oltre ad essere il dio messaggero, 6
anche il guardiano delle entrate^.
La musica e la danza sacra ri-creano il tempo e lo spazio del mito, quando
esisteva I’antica armonia fra gli uomini e gli dei.
^ Uno scaccia
mosche, simbolo
di regalita in
Africa.
Gli Egum
sono spiriti
ancestrali. II loro
culto segreto si
incontra solo
nell’isola di
Itaparica, di
fronte a
Salvador.
Ogni divinita
possiede
significati
simbolici
profondi e
particolari.
117
^ II suo luogo
sacro (una
specie di altare)
e quello degli
antenati sono di
fronte all’entrata
del barracao.
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nel terreiro di
Mae Beata di
Logunede.
II simbolismo della danza di Oia-lansa
- un movimento circolare
all’inizio per delimitare uno
spazio “magico”. Questo
circolo e fatto anche con i
movimenti delle braccia
Che ruotano con tutto il
corpo e esprimono I’aria
Che in movimento diventa
vento e sempre piu rapida
tromba d’aria e tempesta;
- un movimento con linee
spezzate che cambia con-
tinuamente percorso e sim-
bolizza ledirezionidell’aria.
Come mi ha detto mafUha-
de-santo: “Laria e in tutti i
iuoghi, sopra, sotto, dilato,
dappertutto". Per questo
0/a incontra sempre nuovi
cammini, possedendo lo
spazio che occupa aggres-
sivamente;
II significato profondo delle danze, cosi come quello del rituale in genere,
non pud essere completamente reso esplicito, perche esistono vari signifi-
cati esoterici percepibili solo dagli iniziati. Inoltre la possibilita di danzare
in totale collegamento con la propria “energia-ritmo” e possibile solo a po-
chi eletti che si sottomettono a lunghi rituali e a un percorso religioso e di
autoconoscenza incomprensibile alia mentalita e ai tempi delle grand! citta
industrializzate.
Come gia aveva sottolineato Turner (1967), i simboli in generale e quindi
anche quelli della danza possono “condensare” piu significati contempora-
neamente, sia corporei analogic!, sia specific! dei gruppi social!. Per que¬
sto le danze sacre si prestano ad una molteplicita di significati. II corpo e lo
spirito, il contenuto e la forma si uniscono in un’unica sintesi trascendenta-
le. La forma diventa il contenuto e il mito vivente, perche sono i sentiment!
che modellano il corpo e lo rendono piu o meno fluido. Quest’ultimo si
trasforma in un oggetto, in un animale che materializza I’energia della divi-
nita che e venuta fra gli uomini. Oia-lansa diventa cosi vento, bufalo, spa-
da, in una corrente infinita di mutazioni che la vedono signora del passag-
gio piu importante, dal-
I’a/ye aW'orum, dalla terra al
cielo.
Dalle danze di 0/a si pos¬
sono riassumere i seguen-
ti aspetti general!:
- un movimento nervoso, con impulsi rapidi e repentini che descrive I’elet-
tricita e I’impazienza della sua energia;
- un movimento fluido e leggero che esprime la leggerezza e la dolcezza
dell’or/xa quando porta gli spiriti del morti dall’a/ye diW'orum.
Anche i livelli che il corpo occupa nello spazio, dal basso all’alto, sono
simbolici e ci trasmettono del messaggi. Oia-lansa utilizza il livello medio-
alto perche e aria ed e legata agli organi alti del corpo, la gola soprattutto,
mentre lemanja utilizza il livello medio-basso perche rappresenta la profon-
dita dell’acqua del mare ed e la signora della riproduzione, legata quindi
agli organi sessuali interni.
Analizzando i livelli spaziali si pub ricostruire la storia mitologica della dea:
- quando e curvata verso terra, e la guerriera che si prepara a lottare o e la
donna-bufalo. Le danze raccontano della sua vita affettiva con Ogum da cui
ricevette due spade e con Oxossi che la incontrb, secondo alcune leggen-
de, come bufalo nella foresta;
- quando si muove a livello medio-alto, rappresenta il suo legame conXar?-
gd, con cui condivide il potere sull’elemento magico per eccellenza: il fuoco;
- quando danza con il corpo diretto verso I’alto, rappresenta I’aria incon-
trollabile e in movimento ed il suo legame con gli Egum, gli spiriti dei morti.
L’uso dello spazio per 0/a e dinamico, diversamente da quello statico di
lemanja che si muove come se costruisse dei circoli concentrici sempre
maggiori. Questi contrasti sono originati dalle differenze cultural! dei popoli
che veneravano le due divinita. Secondo Leroi-Gourhan:
“/.a mitologia dei cacciatori si organizza intorno ad uno spazio itinerante,
come la traiettoria degli astri o degii eroi, mentre la mitologia degli agricol-
tori-sedentari si organizza intorno ad uno spazio radiante, come il Paradise
posto sopra una montagna con I’albero della conoscenza al centre e quat-
tro fiumi che vanno fino ai confini del mondo".
Le danze, la musica, gli abiti sacri ce la descrivono quindi come una guer¬
riera, azione pura che costruisce il proprio destine cambiando continua-
mente direzione. I simboli sacri: lo scaccia-mosche e le due coma di bue
cucite suH’abito ci dicono delle sue origin! antiche e agrarie. I suoi colon:
rosso e rosa ci raccontano della sua gioventu e del sangue mestruale, mentre
il bianco del suo legame con gli Egum e con la morte vista come un pas-
saggio.
'min-
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Conclusioni
La musica e il filo che lega tutte le varie componenti del rito, dal chiamare
gli del in mezzo ai mortal! al preparare I’atmosfera per la trance delle filhas-
de-santo, all’esprimere le caratteristiche sensual! delle dlvinlta, al conclu-
dere !l rito e rlportare un nuovo ordine e equ!l!br!o. La musica inoltre colle-
ga tutt!! component! della comunita fra loro e quest! con !l mondo spiritua-
le, mentre la danza esprlme questo legame e trasmette I’energla divina.
Per capire !l significato semantico della musica e della danza bisogna rlfars!
al contesto ollstico e simbollco dove ogn! elemento ha significato solo se
inserito nel “tutto”, ed e funzionale ad un altro.
La musica e la danza esprimono il lato sensuale e piu profondo delle divini-
ta. Le parole delle cantigas sono document! che raccontano la storia del-
I’etnia, le guerre, I fatti social! Important!, per questo tutte le espresslon!
artlstiche vanno lette In unlone una con I’altra.
La musica e la danza potrebbero essere nel candomble la propria definizio-
ne di comunicazione, comunicazione che non e solo fra due persone, ma
con tutti gli esseri e con tutte le energie dell’universo.
La comunicazione potrebbe essere proposta come la definizione per anto-
nomasia della filosofia dell’esistenza africana e quindi del candomble che
tende aH’armonia di tutti gli esseri con la natura attraverso un eterno e con-
tinuo “call and response” che college il tutto mediante una vibrazione sono-
ra che e energia di vita e ritmo-identita.
E il ritmo che comunica con i fedeli e le filhas-do-santo e gli orixa nel can¬
domble. Nella prime parte del rito, nello xire, la musica e la danza possono
essere interpretate come un linguaggio che trasmette la richiesta dei mor¬
tal! alle divinita affinche partecipino alia testa.
Nella seconda parte del rituale, durante le danze di possessione, la musica
e la danza, sintesi di forma e contenuto, esprimono il divino, la musica
sarebbe il respiro della divinita mentre la danza la sua forma visibile. In
questa parte il contenuto profondo trasmesso,^ “il non-detto” e compreso
solo dagli iniziati o dalle persone “sensibili”. E “un non detto” perche le
immagini, i ritmi, i canti comunicano sentiment! tanto profondi e emozio-
nanti che non sarebbe possibile trasmetterli con le parole. Per questo i
messaggi che la musica, la danza e le arti tutte trasmettono sono a un livel-
lo molto piu profondo di quello comprensibile ai non-iniziati. In questo le¬
game semantico, ogni aspetto artistico: musica, canto, danza, disegni, let-
teratura, pubblico ricevono uno dall’altro, ogni espressione artistica da senso
all’altra.
La musica e I’arte in generale trasmettono simboli che si riferiscono sia al
lato cognitivo, sia al lato affettivo. Essendo la musica e la danza conside¬
rate come un linguaggio non-verbale, il loro uso nel rituale suscita metafo-
ricamente immagini e sentiment! profondi ed e questo che da loro potere.
La musica ci parla del mondo interiore e della sua possibilita di trasforma-
zione, mentre la danza mostra questa possibilita di trasformazione.
La musica e la danza inoltre, nella mia interpretazione, preparano I’atmo-
sfera culturale e energetica che permettera la trance, fenomeno che non
avviene per caso, ma che prevede una lunga preparazione e una sensibility
particolare. Come gia Rouget aveva suggerito:
"La trance e uno stadio alterato transitorio di coscienza secondo un mo-
dello culturale”. (Rouget, 1985:56). Infatti, anche se la musica e sempre
associata alia trance, questa tuttavvia non e necessaria alia discesa della
divinita, come si e potato osservare durante la ricerca di campo, ma nel rito
pubblico ha la funzione di “pulire” il campo energetico, di permettere la
concentrazione affinche questa avvenga, di organizzarla e dirigerla.
Molte cose sono state scritte sulla possessione, spesso in una prospettiva
decisamente etnocentrica perche e un fenomeno lontano dal contesto cul-
turale delle grand! citta industrializzate europee o torse perche suscita pau-
ra e sgomento non essendo I’uomo moderno, strano ma vero, piu abituato
a confrontarsi con le emozioni interne che possono causare perdita di con-
trollo e stati alterati di coscienza. II fenomeno della trance nel candomble o
In altre religion! (ricordiamo il fenomeno del tarantismo in Puglia) non e
stato ancora spiegato perche e un’esperienza tanto profonda e personale
che solo coloro che la sperimentano possono parlarne o forse perche e
uno dei tanti misteri del mondo di cui Don Juan parlava con Castaneda,
misteri che forse non possono e non devono essere spiegati razionalmen-
te, ma solo attraverso le emozioni e i sentiment!.
A questo proposito e interessante notare
che una delle molte parole ioruba per dire
arte e ogbon, saggezza, mostrando cosi
che chi produce arte e un saggio che
ascolta e segue i messaggi della natura e
degli spirit!, senza tarsi molte domande. II
sacerdote-musicista o la sacerdotessa-
ballerina comprendono e trasmettono i
messaggi della natura e li ri-creano sim-
bolicamente nell’arte e nel rito.
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LA DANZA
DELLA TARANTA
“Coloro Che son morsi dalla tarantola, poche ore di poi, con voce inarticolata
si lamentano, e se li circostanti domandano loro che cosa I’affligge, molti
risposta non danno; ma solamente con gli occhi torvi li riguardano; ed altri
fanno cenno con la mano sul cuore. Per la qual cosa, gli abitatori di que’
paesi come persone prattiche, subito vengono in cognizione del malore che
li tormenta; onde senza perder tempo tantosto chiamano sonatori con vari
istrumenti, poiche altri balla al suon di chitarra, altri di cetera ed altri al
suon di violino. Sul principle del suono, plan piano cominciano a ballare;
chiedono spade, e come che siano inetti di scherma, se ne dimostrano con
tutto cid nel maneggiarli maestri.
Chiedono altresi anche speech! e mentre vi si mirano, gettano sospiri acu-
tissimi e innumerabilissimi. Vogliono bindelle, cateniglie, vest! preziose, e
quando son loro portate, le ricevono con allegrezza inesplicabile, e con
molta riverenza ringraziano chi loro le reca.
T utte le cose sopraddette dispongono con bell’ordinanza intorno alio stec-
cato, dove ballano servendosi da tempo a tempo or dell’una or dell’altra
secondo gli impulsi che glie ne da il malore. Danno principio al ballo un’ora
dopo I’apparir del sole, terminando un’ora prima di mezzogiorno, senza
prender mai riposo fuorchd se I’istrumento si scordasse; ed allora respira-
no con impazienza per insino a tanto che si ripone in accordo, notandosi
con meraviglia come gente si rozza ed incolta, come sono i cultori della
terra, custodi d’armenti e simili altri uomini camparecci, siano cos) buoni
conoscitori di consonanze e dissonanze de gl’instrumenti musical!, e che
tanto di quelle si inquietino, quanto di quelle si appagano. Un’ora dopo
mezzodi entrano di bel nuovo in danza, continuando sino al tramontar del
sole, come fanno col medesimo ordine senza stancarsi, come io ne ho molti
veduti, ne mai piu di tre giorni aver patito travaglio, se al male loro si fosse
dato piu tardo rimedio col suono, cid che altri ne dica di otto e di dieci
giorni, che col ballo abbiano avuto necessita di seguitarlo. Nel mentre che
danzano sono fuori dei sensi, e non distinguono parents, ne amico, ma li
son tutti uguali: ben’e vero che alle volte invitano qualche leggiadro
giovanetto al ballo. Gli arredi, dei quali si servono, sogliono per Io piu esse-
re di colore vago, come incarnato, rosso, ceruleo, e simili; e quando vedo-
no il nero, s’adirano in modo che colla spada corrono discacciando chi
n’e vestito. Ad uno solo, che io sappia, tra molti non dispiaceva il drappo
nero: e questo tale che non saltava con tanto vigors quanto gli altri, ma piu
agiatamente.”
Rev. Domenico Sangenito, Lettere memorabili istoriche
politiche ed erudite. Napoii, 1693.
123
A sinistra:
Napoli, ritorno
dalla Madonna
dell’Arco (1834).
particolare.
A fianco
danzatori di
tarantella in
un’immagine del
secolo scorso.
etnobotan/c^, chimica e
fsLrmsLCOIogiSL delTEpensL:
un 'introduzione
a cura di
Gilberto
Camilla
Narra un mito degli Indian! Tukano di come all’inizio del tempo il Sole com-
mise incesto con la figlia, e di come questa scopri il viho tagliando il pene
del padre. Ancora oggi I Tukano considerano sacra la polvere da fiuto otte-
nuta dallo “sperma del Sole”, e la conservano in appositi astucci chiamati
Muhipu-nuri, “pene del Sole”.
Questo potente allucinogeno permette a coloro che lo inalano di entrare in
contatto con gli spirit! della natura, in particolare con Viho-Mahse, “spirito-
della-polvere-da-fiuto”, che, dalla sua dimora nella Via Lattea, presiede alle
vicende umane. Gli stessi sciamani non possono comunicare con nessuna
forza soprannaturale senza I’intermediazione di Viho Mahse. A dispetto del-
le polveri da fiuto allucinogene, la cui antichita e confermata dall’archeolo-
gia (TORRES, 1996), la letteratura etnobotanica, soprattutto nel passato,
presenta lacune spesso grossolane: la fonte dello “sperma del sole” nel
genere arboreo Virola e stata identificata con sicurezza soltanto a meta de¬
gli anni ’50 (SCHULTES, 1954), e spesso si sono confusi i dati relativi a
questo albero della foresta tropicale con quelli relativi ad altre polveri da
fiuto, focalizzando I’attenzione soprattutto sulla Nicotiana e sulla
Anandenanthera. Oggi si e concord! nel ritenere che il genere Virola e la
fonte principale delle polveri da fiuto allucinogene, e che I’uso della
Anandenanthera e molto meno diffuse di quanto un tempo si riteneva.
L’uso delle polveri da fiuto ottenute dalla Virola comprende le tribu della
regione colombiana di Vaup6s, dell’alto Orinoco, e diffuse in Venezuela e
nel territorio brasiliano a nord del Rio Negro (SCHULTES & HOLMSTEDT,
1968; SCHULTES & HOFMANN, 1983). L’allucinogeno e conosciuto sotto
diversi nomi indigeni, a seconda dell’etnia: abbiamo cosi il termine di ya-
kee, ya-to e parik^ in Colombia, ep^na, ebene o nyakwana in Brasile, e via
di questo passo. Non bisogna comunque dimenticare che tutti quest! termi¬
ni indigeni non sembrano possedere un valore botanico specifico (DE SMET;
1985): ad esempio parik^ sembra riferirsi sia alia Virola che alia
Anandenanthera, ep6na 6 un nome generico per tutte le polveri da fiuto,
indipendentemente dalla loro fonte botanica (CHAGNON et al. 1971).
A sinistra uno
yanomami
mentre assume
la polvere
ottenuta dallo
“sperma
del sole".
Questa e tutte
le altre toto
dell'articolo sono
tratte da:
RE G&F, 1990
Amazzoma:
gli ultimi
Yanomami,
GIORGIO e
FABRIZIO RE,
Torino. Point
Coleur.
Un giovane
yanomami soffia
I’allucinogeno a
un esperto page
(sciamano).
Botanica, chimica e farmacologia della Virola
II genere Virola comprende fino a 60 specie di alberi tipici della foresta
tropicale del centre e sud America, particolarmente abbondanti nelle valli
amazzoniche (SCHULTES & HOFMANN,1983). Almeno sei di queste specie
sono (o sono state) utilizzate per procurare la polvere da fiuto: Virola theidora,
V cuspidata, V calophyla, V calophylloides, V elongata, V peruviana. Si
tratta per lo piu di alberi snelli, alti da 8 a 25 metri, col tronco cilindrico del
diametro fino a 50 cm.
La chimica della specie Virola e statastudiata nel corso degli ultimi trent’anni
(AGURELL et al. 1969; HOLMSTEDT et al. 1980; MC KENNA D. et al. 1984).
Tutti gli studi hanno evidenziato la presenza dei seguenti alcaloidi triptaminici:
Triptamina (T), N-monometiltriptamina (MMT), 5-metossi-N-mono-
metiltriptamina (5-MeO-MMT), N,N-dimetiltriptamina (DMT) e 5-metossi-
dimetiltriptamina (5-MeO-DMT). Anche se gli Indiani di solito utilizzano solo
la corteccia dell’albero, e soprattutto la sua linfa, tutte queste triptamine
sono state rinvenute anche nelle foglie, nei fiori e nelle radici.
Altri component! minor! isolati dalla pianta appartengono alle R-carboline:
2-metil-1,2,3,4-tetraidrobeta-carbolina (MTHC), 6-metossi-2-metil-1,2,3,4-
tetraidrobeta-carboiina (6-MeO-MTHC)e 6-metossi-1,2-dimetil-1,2,3,4-
tetraidrobeta-carbolina (6-MeO-MTHC). I dati farmacologici relativi al DMT
e al 5-MeO-DMT, i principal! alcaloidi present! nelle specie di Virola alluci-
nogene, sono stati riassunti da Peter de Smet (DE SMET, 1983).
La pronunciata attivita allLicinogena non sembra avere a che fare con la
triptamina, la MMT e la 5-MeO-MMT.
Gli effetti delle polveri da fiuto triptaminiche variano, come qiielli di qualsi-
asi altro allucinogeno, in base alle aspettative soggettive e al contesto cul-
turale, ma fra gli Indiani sono caratterizzati da una iniziale marcata eccitabilita
che compare pochi minuti dopo la prima “sniffata”. Seguono poi intorpidi-
mento degli arti, forte contrazione dei muscoli facciali che trasforma i volti
degli Indiani in maschere a volte grottesche, a volte di intense dolore; inca-
pacita di coordinamento motorio, nausea, vomito, allucinazioni visive (con
frequenti fenomeni di macropsia), ed infine un sonno profondo e agitato.
Gli stessi indiani riferiscono che 6 molto pericoloso abusare dello “sperma
del Sole": un informatore di Schultes racconto che uno sciamano della tri-
bu colombiana dei Puinave mori nel corso di una cerimonia con lo ya-kee
fSCHULTES, 1954).
Gii Indiani Waik^ (nome generico per indicare varie tribu. fra cui gli Yanomani)
Gli iniziati a pag6
alle prima armi
cominciano
annusando
I’epena e
prendendone un
pizzico fra le
dita
in genere inalano due dosi (circa due cucchiaini da caffe), una per narice,
Che provoca loro un’ebbrezza di circa un’ora o poco piu. Nel corso di una
delle sue numerose spedizioni in Amazzonia, Schultes prese personalmen-
te lo ya-kee, un terzo di cucchiaino in due inalazioni:
"La dose fu inalata alle cinque del pomeriggio. Nel giro di quindici mlnuti
avvertii una vaga sensazione sopra gli occhi, seguita molto presto da un
forte prurito alle dita delle man! e del piedl. La vaga sensazione alia fronte
si trasformd In una forte e costante emicrania. Dopo mezz’ora avevo I pled!
e le man! Intorpidite e scomparve la sensibilita alle dita; era possibile cam-
minare con difficolta, come nel beri-beri. Ebbi nausea fino alle otto di sera
con stanchezza ed ansia. Poco dopo le otto mi stesi suH’amaca, sopraffat-
to da una sonnolenza che, tuttavla, era accompagnata da una eccitazione
muscolare ad eccezione delle man! e del piedl. Verso le nove e mezzo spro-
fondai in un sonno Irregolare che continub con frequent! risvegli fino at
mattino. La forte emicrania durd fino a mezzogiorno. Una sudorazione ab-
bondante e una leggera febbre persistettero per tutta la notte. Le pupille
erano fortemente dilatate durante le prime ore dell'intossicazione.
Non ebbi nb allucinazioni nb sensazioni colorate.” (SCHULTES, 1990:44)
•... .
BIBLIOGRAFIA
Preparazione delle polveri da fiuto
Le tecniche di preparazione della polvere da fiuto sono diverse. Gli indiani
colombiani prelevano la scorza dall’albero di primo mattino, grattano il te-
nero strato del cambio e lo mettono in acqua fredda per una ventina di
minuti. II liquido brunastro cosi ottenuto viene filtrato e bollito fino a ridurlo
alia consistenza di uno sciroppo spesso che, una volta secco viene ridotto
in polvere e mescolato a cenere. I vari gruppi Waika conoscono molti altri
metodi di preparazione. Quelli che vivono lungo I’Orinoco grattano il cam¬
bio che aderisce alia corteccia e al tronco e lo fanno seccare delicatamente
sopra ad un fuoco, per poterlo cosi conservare. Quando hanno bisogno
dell’allucinogeno, immergono questo materiale in acqua e fanno bollire il
tutto per circa un’ora fino a ridurlo ad uno sciroppo che, una volta secco,
viene macinato e setacciato.
La polvere cosi ottenuta viene mescolata a foglie secche e polverizzate ri-
cavate da una piccola pianta ricavata appositamente a questo scopo, la
AGURELL S. et
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Intoxicating
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Emisphere”, in
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DE SMET
PA.G.M., 1985,
“A Multidisciplin¬
ary Overview of
Intoxicating Snuff
Rituals in the
Western
Emisphere”, in
Journal of
Ethnopharmacology
n» 13: 3-49
■ Jlr -
Justitia pectoralis, var. stenophylla. Inline aggiungono la cenere della cor-
teccia 6e\yElizabetha princeps, un rare albero della famiglia delle
leguminacee. Ad est del territorio Waika, la polvere da fiuto viene preparata
direttamente nella foresta. Gli alberi vengono abbattuti e lunghe strisce di
corteccia vengono tagliate per ricavare il liquido rosso sangue che affiora
dalla superficie interna della corteccia. Lo sciamano raccoglie questa spe¬
cie di resina in un pentolino di terracotta che viene messo sul fuoco; quan-
do questo liquido rosso raggiunge la consistenza giusta, viene fatto secca-
re al sole e inline ridotto in polvere. II nyakwana cosi ottenuto puo essere
utilizzato in lorma pura ma, molto spesso, viene ancora mescolato con le
loglie polverizzate della Justitia.
I Bora, i Muinane e i Witoto dell’Amazzonia colombiana invece non utilizza-
no la Virola in questo modo: dalla resina dell’albero lanno delle pallottoline
che vengono usate dallo sciamano per comunicare col “piccolo popolo degli
spiriti". I Bora del Peru a volte per lare queste pallottoline usano anche la
resina di un altro genere di myristicacee, I'lryanthera macrophylla. I Wikoto
della Colombia utilizzano invece tutta la scorza della Virola: la grattano al-
I’interno per ricavare il liquido del cambio che mettono poi in una zucca; a
poco a poco il liquido assume una colorazione bruno-rossastra: i pezzettini
ancora umidi sono impastati e pressati piu volte in un colino di vimini. II
liquido che si ottiene, color caffelatte, viene fatto bollire rapidamente, pro-
babilmente per neutralizzare gli enzimi che potrebbero alterare i principi
attivj. Poi lo lasciano sobbollire mescolandolo in continuazione finch6 non
diviene pastoso, e questa pasta cosi ottenuta viene lavorata a mano fino a
diventare pallottoline che sono consumate sul momento.
133
In preda
ail'allucinogeno
quest’uomo
mima una danza
propiziatoria per
la caccia.
HOLMSTEDT B.
et al. 1980
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in Amazonian
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Inhibitors in
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Journal of
Ettmophannacokyoy
n 12 179 211
Prima e dopo
I’assunzione
dell’epena.
Se non sono usate immediatamente, le pallottoline vengono ricoperte di
“sale”, come dicono gli Indian!. Questo “sale” e preparato con varie piante
attraverso un procedimento abbastanza complesso. Tra gli alberi utilizzati
sono da ricordare le specie della famiglia delle Lecythidacee, la Gustavia
poeppigiana, I'Eschweillera itayensis e una specie non identificata che gli
indiani chiamano cha-pe-na. Si utilizzano anche le foglie e le infiorescenze
della Spathiphyllum cannaefolium e la scorza di una Theobroma selvatica
oltre a numerose piccole palme appartenenti probabilmente alle specie
Geonoma e Bactris.
I Bora del Peru spogliano la base del tronco della sua corteccia, la tagliano
in modo da conservarne la parte interna, poi la battono ben bene con un
bastone fino a ridurla ad un composto filaccioso che viene messo a bagno
per almeno mezz’ora e mescolato di tanto in tanto. II tutto viene poi portato
ad ebollizione e dopo un’altra mezz’ora viene fatto sgocciolare; il liquido
che rimane viene ancora ridotto fino a raggiungere la consistenza di una
pasta con cui vengono fatte delle pallottoline. Per preparare il “sale” i Bora
utilizzano meno piante: solo le foglie e pezzi di tronco di una specie di
Carludovica e di una palma del gere Scheela. I principi allucinogeni sono
present! soprattutto nel liquido quasi incolore essudato dalla superficie in¬
terna della corteccia: questa sostanza, simile ad una resina, assume rapi-
damente una colorazione rossastra, poi sempre piu scura, solidificandosi
in una massa scura e brillante.
Negli esemplari seccati per I’analisi chimica, la sostanza appare elastica,
bruno-rossastra, e contiene triptamine e altri allucinogeni indolici. Gli In¬
diani grattano accuratamente la parte interna della corteccia alio scopo di
raccogliere tutto lo strato del cambio che vi aderisce. La droga e preparata
con la linfa di questo strato facendola bollire velocemente per permettere la
coagulazione delle proteine e torse anche del polisaccaridi; la bollitura dura
fino ad un quasi completo essiccamento. Questo processo sembra analogo
a quello che permette di isolare i prodotti naturali del cambio di altri alberi,
ad esempio le conifere, anche se oggi la tecnologia usa alcool o acetone al
posto del calore per neutralizzare I’attivita degli enzimi che potrebbero alte-
rare la qualita del prodotto desiderate. La “resina” della Virola ha un ruolo
importante anche nella farmacopea indigena: possiede infatti un’attivita
antimicotica. Gli Indian! spalmano la resina sulle superfici infette, soprat-
tutto nei casi di rogna e di altre dermatosi di origine fungina, malattie molto
frequent! nel clima umido della foresta tropicale.
A questo scope solo certe specie di Virola vengono impiegate e la scelta
non sembra avere alcun legame con le proprieta allucinogene della specie.
Gli indiani che utilizzano la specie Virola per produrre lo “sperma del Sole”
hanno una straordinaria conoscenza di quest! alberi: distinguono vari tipi di
Virola, cosa che a mala pena un botanico sarebbe in grado di fare.
Dopo aver tagliato la corteccia, gli Indiani sono perfettamente in grado di
prevedere in quanto tempo la resina assumera la colorazione rossastra, se
Sara dolce o piccante al sapore, persino per quanto tempo conservera in-
tatte le proprieta psicotrope. Ancora oggi la scienza occidentale non e in
grado di attribuire tutte queste differenze all’eta degli alberi, alia stagione di
raccolta, ad altri fattori ambientali.
Ma I’abilita degli Indiani nel riconoscere le sottili differenze non sembra mai
venire meno, e ancora oggi essi hanno una ricchissima terminologia per
designare i different! utilizzi di quest! alberi, sia dal punto di vista medicina-
le che da quello piu propriamente “enteogenico”.
SCHULTES R. E.
1954 “A New
Narcotic Snuff
from the
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Rhodora n® 70:
113-160.
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1996 “Polveri da
fiuto allucinoge¬
ne nel Cile
precolombiano",
in: Altrove n® 3.
L’ ALTROVE DELLA
CHIMICA D! SINTESI
Mirella
Castigli
Neolaureata in
chimica, Milano
’Come citato da
Alexander
Shulgin nel corso
della sua
corrispondenza
con Pynchon
(http://
www.nepenthes.
xo.com/).
La chimica combinatoria e possibili applicazioni nel campo della
chimica-tossicologica (ricerca di nuovi principi attivi)
La liberta della ricerca nella chimica di sintesi ha assunto, nell’ultimo
ventennio, le caratteristiche di un tabu relegate nell’angusta visuale di un
orizzonte soffocato tra le ferree logiche delle leggi di mercato e il
proibizionismo delle legislazioni mondiali. Dal 1986 e vietata, infatti, la pub-
blicazione di qualsiasi informazione scientifica a proposito di nuove so-
stanze psicoattive nell’ambito di ricerche (etnobotaniche, chimiche, antro-
pologiche, neurofisiologiche e psicoterapeutiche) sugli stati alterati di co-
scienza, in seguito alia promulgazione dell’Analogue Drug BilP.
La liberta di azione e pensiero dovrebbe essere invece la primaria aspira-
zione della comunita scientifica. Questo articolo nasce allora dalla tentazio-
ne, filosofica e libertaria, prima ancora che strettamente scientifica, di son-
dare eventuali sviluppi applicativi di una nuova strategia di sintesi chimica,
comunemente chiamata Chimica Combinatoria (abbreviata nella sigla
CombiChem). Questa nuova metodologia di ricerca potrebbe aprire uno
spiraglio nel panorama sterile e soffocato dalla logica proibizionista della
chimica di sintesi, focalizzando il discorso sulle “possibilita di nuove sinte-
s/” e sulla yicerca di nuovi pricipi attivi”. La CombiChem e attualmente il
piu potente strumento nelle mani delle multinazionali mondiali, ma dovreb¬
be diventare cultura comune per tutti i chimici che intendessero aprirsi ad
una nuova mentalita di ricerca nel campo della sintesi organica. Le applica¬
zioni potrebbero rivelarsi sorprendenti e di particolare importanza per chi
mostra ancora interesse nell’approfondimento della ricerca e dello studio
di nuove sostanze psicoattive.
Nell’ultimo decennio, la chimica organica di sintesi (della tradizione speri-
mentale di Hofmann, Shulgin,...) ha imboccato un nuovo sentiero di ricer¬
ca inaugurate dall’introduzione della CHIMICA COMBINATORIA. Purtrattan-
dosi di una disciplina di applicazione ancora troppo recente per essere de-
finitivamente consacrata come la rivoluzione copernicana nella chimica di
sintesi, ha espresso un vasto potenziale innovative nella ricerca scientifica,
presentandosi come una delle chiavi di accesso per future scoperte nel
campo dello studio di nuovi principi attivi. L’ “innovazione chimica", la crea-
zione cio6 di prodotti nuovi dal punto di vista della struttura molecolare, del
meccanismo d’azione e di eventual! risvolti applicativi, e infatti I’obiettivo
sintetico di questa strategia chimica^.
Lindustria farmaceutica, figlia della globalizzazione e del capitalismo eco-
nomico-finanziario su scala mondiale, nell’ultimo ventennio si e limitata a
sostenere il primato sul mercato delle multinazionali, rinunciando ad una
vera ricerca sperimentale: i lavori di Hofmann alia Sandoz sarebbero oggi
inimmaginabili (e non solo per i divieti connessi alle rigide legislazioni
proibizioniste).
Finora I’industria chimica mondiale si e limitata a sfruttare i brevetti, spes-
so limitandosi a lavorare suH’ottimizzazione di prodotti esistenti, piuttosto
Che esplorare autentiche alternative sintetiche. La sintesi tradizionale, dopo
un secolo di “magnifiche sorti e progressive” a partire dalla sintesi del-
I’aspirina, inizia ora a mostrare qualche ruga... L’obiettivo ultimo di una
sintesi, infatti, non dovrebbe consistere nel produrre semplicemente “nuo-
vi prodotti” da lanciare sul mercato con dubbie operazioni di marketing, ma
dovrebbe creare “innovazione” scientifica, cercando nuove proprieta far-
macologiche, biologiche, chimico-fisichel
La CombiChem nasce dunque con lo scopo di superare i limit! della sintesi
tradizionale e il sistema del ""drug design” fondato suH’implego di modelli e/
0 programmi computerizzati che, basandosi a loro volta su correlazioni fra
strutture/attivita di compost! gia noti, non sono in grado di generare vera
innovazione, ma solo variazioni minime, modulazioni tematiche, invece di
rivoluzioni sistematiche.
Lintroduzione della Chimica Combinatoria rappresenta innanzitutto un me-
todo rapido ed efficace per tentare nuove sperimentazioni, comportando
un’inversione intellettuale nell’approccio alia sintesi organica. La sintesi
classica, infatti, precede attraverso reazioni il piu possibile selettive,
chemioselettive, stereoselettive, al fine di ottenere un prodotto (o interme-
dio di reazione) in rese elevate e molto puro, a partire da un unico prodotto
iniziale posto a reagire con un solo reagente^
La sintesi ortodossa genera un unico prodotto per volta.
2 Scrip
Magazine, Nov.
1995, 33-34.
^Secondo la
nota affermazio-
ne di
HAMMOND G.S..
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KOBYLECKI R.J.
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1995,
Tethraedron
Report, 51, 30,
8135-8173.
s»HrE.si oRtooossav
AtB —^ A-ft -» /kBc
->
8.% ^
* 8
VVVVNA^
A-& A-c'
A-6 A-8
A-B
u/v^ \//v%Co p'vo
>JotTo
Al contrario, la CombiChem nasce con lo scopo di sintetizzare migliala (o
mllioni) di compost! contemporaneamente, combinando (in maniera random)
molte strutture chimiche different! ad ogni passaggio (o step di reazione).
138
5 GALLOP M..
BARRETT R.W.,
DOWER W.J..
FODOR S.RA.,
GORDO E.M..
1994, J. Med.
Chem., 37. 9,
1233-1251.
La sintesi combinatoria pub essere invece schematizzata cosi:
torie” {=combinazioni di piu composti simultanee):
MoUTt So
FASE SotiKA
ReAZ.
Com A
i,A-F-0 A 6-0
A-c-O
SihuLTfK^EX
La sintesi combinatoria, al contrario della sintesi tradizionale, pone infatti a
reagire un composto iniziale contemporaneamente con molti reagenti, op-
pure una miscela di molti prodotti iniziali con uno (o piu) reagenti.
La Chimica Combinatoria, che si sviluppa a partire dagli esperimenti di
Merrifield (premio Nobel per la chimica 1984) nel campo della sintesi di
librerie peptidiche, trae concettualmente origine da un’imitazione della sin¬
tesi naturale. La natura, nelle sue molteplici espressioni biologiche, tende a
costruire contemporaneamente una grande varieta-libreria di molecole a
partire da molti precursori simultanei: la sintesi naturale degli alcaloidi ne e
un esempio, come la creazione simultanea di proteine-enzimi-recettori-
antigeni derivanti dalla diversa combinazione dei soli 20 amminoacidi natu-
rali!^ La natura, una volta creata una vastissima libreria di composti, sele-
ziona tali combinazioni (o librerie) in base alle loro propriety.
Analogamente, la CombiChem si prefigge lo scopo di generare sintesi
“random” di un’enorme varieta di strutture, costituite di un numero
elevatissimo di composti, per selezionare successivamente tali “librerie
combinatorie” attraverso screening (test bio-chimici, tecniche piu sotisti-
cate basate suH’uso del laser, “monitoraggio” delle reazioni con microchip).
Una banale esemplificazione di Mix and Split Synthesis (una particolare
tecnica di sintesi random, basata su successive operazloni di
“mescolamento, separazione e ricombinazione” delle miscele combinato-
rie) pub servire a visualizzare il concetto di sintesi combinatoria. Questa
tecnica (che conduce alia formazione di un gran numero di prodotti) pud
essere schematizzata nei seguenti passaggi®:
® DEWITT S.H.,
CZARNIK W.,
1996, Ac. Chem.
Res., 29,
112-170.
a) divisione del materiale inerte di supporto in un determinate numero di
porzioni uguali;
b) ad ogni porzione posta in differenti recipient, si legano i vari composti di
reazione o building block: x, y, z...;
c) separazione e lavaggio dei composti ottenuti legati al materiale inerte,
che vengono poi mescolati fino ad ottenere una miscela omogenea;
d) divisione della miscela omogenea ottenuta, in diverse porzioni uguali;
e) ognuna di tali porzioni viene nuovamente fatta reagire con i vari reagenti
X. y, z...;
f) reiterazione delle operazioni “c, d, e” per N volte.
Per quanto concerne I’identificazione del composto piu attivo, si applichera
la deconvoluzione della miscela attiva attraverso successive sintesi e
screening. Schema generale della tecnica applicata alia sintesi (su fase so-
lida) di una libreria di 27 componenti trimeri:
kyv-o xzy-f
XXZ-# iCiZ-O XZZr#
>' 4 -
yy^-o
f^i-o yyy-o y'^y-oi
r*)*.*© izn-
rX.Y-«zy.^.« zzf-oj
zrz-Q
'LAM K.S..
LEBL M.,
KRCHNAK V..
1997, Chem.
Rev., 97,
411-448.
«NICOLAU K.C.,
XIAO-YI XIAO,
PARANDOOSH
Z., SENYEI A.,
NOVA M.R, 1995
Angew. Chem.
Int. Ed. Engl., 34,
20, 2289-2291.
In basso:
sezione
trasversale di un
sistema
contenente un
dispositivo
140
chiamato SMART
MEMORY
(SINGLE or
MULTIPLE
ADDRESSABLE
RF TAG).
Un campione di materiale su resina viene diviso in un numero di porzioni
uguali, ed ogni frazione viene singolarmente posta a reagire con un unico
difterente reagente. Completate le reazioni, una volta rimossi (per lavaggio)
i reagenti in eccesso, le singole frazioni vengono ri-combinate, fino all’otte-
nimento di una miscela, poi nuovamente divisa in altre porzioni. Reiterando
le operazioni, si giunge ad un set complete di possibilita combinatorie: la
creazione della “chemical library”.
II risultato di una sintesi combinatoria e, in ultima analisi, non un singolo
prodotto di reazione, ma un’immensa “libreria” derivante dalle possibili com-
binazioni dei reagenti impiegati. Le librerie combinatorie vengono co-
struite a partire dalla collezione di cosiddetti building-block (composti di
piccole dimensioni e particolarmente reattivi introdotti via via durante il per-
corso di reazione), i quali vengono uniti, tramite reazioni chimiche o biolo-
gico-enzimatiche, in una grande varieta di possibili combinazioni^
Le tecniche impiegate nella costruzione di librerie utilizzano un supporto
solido (come mostrato, agganciando ciascun prodotto iniziale ad un “bead”
0 perlina di supporto) o in fase liquida, cioe attraverso “mix and split
synthesis” oppure “sintesi parallele”: si tratta di tecniche rapide ed efficaci,
facilmente automatizzabili (con robot che lavorano anche a cicio continue).
II requisite essenziale che rende la CombiChem uno strumento potentissi-
mo di ricerca consiste sostanzialmente nella facilita di ricostruire il percor-
so sintetico e identificare il singolo composto piu attivo, a partire dalla com-
binazione (o miscela combinatoria) piu attiva. La localizzazione del compo¬
sto piu attivo nell’ambito di librerie di milioni di composti sintetizzati, avvie-
ne tramite screening oppure applicando una chimica combinatoria codifi-
cata (ad esempio con radiofrequenze).
Un nuovo approccio alia decodificazione delle librerie combinatorie provie-
ne dall’estensione di tecnologie elettroniche alia chimica combinatoria.
Innanzitutto si costruiscono librerie combinatorie codificate mediante I’im-
piego di segnali RF e semiconduttori-microchip®.
A tale scope, si preparano microreattori contenenti sia i microchip che i
“bead” agganciati ai composti da
sottoporre a sintesi. Inviando sin-
goli differenti segnali di radiofre-
quenza (uno per ciascun tipo di
composto), che vengono registrati
dal chip nella sua memoria, si ot-
tiene una libreria di prodotti gia
“etichettati” durante il percorso
reattivo. Dagli esperimenti svolti
dal professor Nicolau dell’lstituto
Scripps, e stata dimostrata I’effi-
cienza di questa tecnica, che si
basa sul concetto del monitorag-
gio della sintesi grazie alia succes-
siva decodificazione dei segnali
registrati dai dispositivi elettroni-
ci: dalla memoria del microchip si
ricostruisce (mediante decoding)
pAfitTE.
?o^oSA
^^vPSOPK^
TRVm.-^
K.MJ
\lTHICL,
1 t
[ f <4r\€l
^i*r i/miW.
J mL ' r
Pagina
precedente:
Cabala,
Speculum Artis
et Naturae,
tavola.
142
^ELLMAN J. A.,
1996, Acc.
Chem Res .,
29, 3.
la “storia sintetica” del microreattore. Analogamente si precede creando
librerie codificate col LASER, e impiegando al posto dei microreattori, di-
spositivi chiamati LOSCs (chip codificati con codici a barre incisi con laser
a CO2).
Esempio di un’applicazione di CombiChem;
cH,
I *
TaVoR:
(wyeiH)
rP
Sintesi di nuove benzodiazepine
La sintesi delle benzodiazepine pud avvenire su supporto solido combinan-
do tra loro i tre diversi building block^:
Si pud legare al supporto solido il p-idrossi-o-amminobenzofenone:
a) il polimero e unite a un linker p-idrossimetil-fenossiacetico e suH’ OH del
gruppo -OH si legano poi gli orto-ammino-benzofenoni variamente sosti-
tuiti;
b) si fa reagire poi con vari amminoacidi protetti al gruppo amminico (come
FMOC), e una volta attivati al carbossile come fluoruro degli acidi in pre-
senza di 2,6-di-terbutil-4-metil-piridina (in quanto scavenger di acidi);
c) con piperidina/ dimetilformammide si elimina il FMOC;
d) con acido acetico 5% in dimetilformammide a 60° C si ciclizza la
benzodiazepina;
e) si introduce un qualsiasi alchile suH’N usando il Li-5-(fenilmetil)-2-
ossazolinone;
f) la benzodiazepina viene poi staccata dal supporto solido con acido
trifluoroacetico acquoso. Le rese globali risultano molto elevate ed il centre
chirale non viene affatto racemizzato.
Partendo da 5 different amminoacidi e 8 different ammino-benzofenoni, si
possono preparare 40 diverse benzodiazepine.
I
Hoo C ^ Ri
>-^3+ I
:Nt4
b.b.Z
h.h.%
CO
I
..Cf
oH
Ri
0"
I
3)
nH
6
.-a’
Wl4 2.
CO
^ o
Ri
/or
c
CO
6
0
Fmoc ^nH^coF
I'CX V
k»H-FMOc
144
Concludendo questa brevissima e incompleta presentazione della
CombiChem, interessante strategia innovativa che sta mutando in modo
radicale la ricerca scientifica in ambito chimico, possiamo sottolineare al-
tre interessanti conseguenze. La robotizzazione progressiva dei processi di
sintesi e di determinazione di attivita e alia base del crescente successo di
tale strategia nell’industria farmaceutica. Inoltre, la CombiChem permette
I’evoluzione della sintesi organica verso I’impiego di sistemi acquosi, evi-
tando le problematiche ecologiche connesse con I’uso industriale dannoso
dei solventi organici. La CombiChem sta modificando profondamente il pa¬
norama della ricerca chimica, passando dal concetto di sintesi classica di
singole molecole, a quella di sintesi di combinazioni (o librerie di molecole)
e rivoluzionando lo stesso ruolo del chimico.
I successi sperimentali di tale metodologia riguardano finora la costruzione
di grandissime librerie oligo e poli-peptidiche, di oligo e poli-saccaridi, e la
ricerca di nuovi materiali. Rimanendo in ambito farmacologico, un interes¬
sante campo applicative si focalizza nelle vaste possibilita di sintesi di nuo-
ve small drug. Se Shulgin con i vecchi metodi ha sondato un campo cosi
ampio come quello delle amfetamine e derivati, delle metamfetamine e di
altri analoghi, la CombiChem potrebbe rivelarsi uno strumento formidabile
di sintesi di intere librerie di derivati a partire da semplici precursori.
40 nuove benzodiazepine sono state create dal prof. Ellmann ricorrendo
alia split synthesis’, quante combinazioni sono state ancora trascurate tra le
(x, y)-fenil-isopropilammine? e tra feniletilammine?
Riflessioni
Da un punto di vista puramente “filosofico”, epistemologico, la CombiChem
forse sarebbe piaciuta a Deleuze e a Guattari, i filosofi che hanno piu amato
la tradizione alchemica, dedicando studi all’idea dell’uno-che-si-fa-molte-
plice. In un certo senso, la sintesi combinatoria non e arborescente
(=gerarchizzante) come la chimica tradizionale dove A implica B che impli-
ca C; ma si tratta di una sintesi random che imita la sintesi naturale,
rizomatica. La CombiChem e una chimica “meticciata”, randomizzata, che
nasce dalla contaminazione con la bio-chimica, con la biologia molecolare
e lo studio delle vie naturali di sintesi. La sintesi combinatoria, volendo fare
una metafora con la filosofia, non e “aristotelica”, ma assomiglia alia teoria
degli speech! di Plotino, dove si esaltano la riflessione moltiplicata, e il de-
lirio-creativo delle molteplicitl.. La trasformazione chimica nella
CombiChem non e semplice evoluzione da un sistema ad un altro (lungo le
coordinate di reazione) ma esprime una vera metamorfosi: nomadismo lungo
una via-di-fuga/piano-di-liberta. Infatti la principale differenza, dal punto di
vista “filosofico”, con la chimica tradizionale, consiste nel fatto che questa
innovativa strategia mette in cortocircuito il linguaggio chimico ortodosso,
la stereochimica organica in quanto unici-sistemi di sintesi. La CombiChem,
forse direbbe Deleuze, “fa delirare” la sistematicita rigorosa e univoca della
sintesi classica, esprimendo un’autentica “perdita di centrality" (e
centralismo soffocante!). Ora il chimico diventa una sorta di Alice che gio-
ca coi nonsense, decontestualizzando lo schematismo monodimensionale
della grammatica-chimica, e facendo esplodere I’apparato coercitivo della
vecchia chimica... II vecchio delirio di onnipotenza dell’alchimista per cui,
nel laboratorio, “Lindividuo (chimico?) e dio” (concetto spinoziano-
panteista), acquista un nuovo significato nella rivoluzione della chimica or-
ganica. Ora il chimico perde le caratteristiche di soggetto-demiurgo, ma
diventa parte di un processo di ricerca globale: diventa una maglia della
rete (come direbbe F. Capra) entro cui si verifica I’evento, ovvero I’esperi-
mento chimico di sintesi-random. Inoltre, e interessante sottolineare come
la CombiChem non si ponga come disciplina-unica, ma crei concatenamenti,
a partire dalla bio-chimica, per interagire con una rete di relazioni e cono-
scenze interdisciplinari, ripudiando una ottusa specificita, e impedendo alia
chimica stessa di chiudersi nei suoi ambiti per esplorare la biologia, la bo-
tanica, I’elettronica, la chimica-fisica... e approdare a nuove ulterior! cono-
scenze d’interesse anche antropologico e cultural! in senso lato. La chimi¬
ca pud allora diventare, come auspicavano Deleuze e Guattari, veramente
un espediente-di-moltiplicazione per produrre varieta/ moltiplicita (“purche
le droghe non diventino binario-unico: la dipendenza e una tautologia, non
e rizoma/via di fuga”, ma affinche le sostanze psicoattive continuino ad
essere manifestazione della curiosta umana, prolungamento esistenziale di
un vero “umanesimo centrato suH’uomo”, in un viaggio attraverso desideri
profondi e esplorazioni dell’Altrove...).
II modesto
laboratorio dove
operd I’alchimi-
sta Fulcanelli,
dipinto da
E. Canseliet.
A cura di Giorgio Samorini,
pagine 64, iiiustrato, L 5000.
luso deirAmanita Muscaria fra le popolazioni della
Kamchatka; In una yurta siberiana; Riconoscimento
delle specie; I principi attivi; Esperienze con Amanita
Muscaria e con Amanita Pantherina; Lamanita musca¬
ria in Italia; II nostro agarico muscarico sperimentato
come alimento nervoso; Psiconauti amanitinici; Biblio-
grafia minima.
Giorgio Samorini:
LERBA Dl CARLO ERBA,
178 pp.. L 18000
Giorgio Samorini:
GLI ALLUCINOGENI
NEL MITO,
192 pp., L 20000
Matteo Guarnaccia:
ALMANACCO PSICHE-
DELICO,
208 pp., L. 25000
Silvio Pagani:
FUNGHETTI,
36 pp., L. 4000
AA.VV.: ROSPI PSICHE-
DELICI, 44 pp., L. 4500
INTERNAZIONALE
SITUAZIONISTA 1958-
1969, 752 pp. L. 37000
Bob Black: LABOLIZIO-
NE DEL LAVORO,
40 pp., L.3500
John Zerzan: AMMAZ-
ZARE IL TEMPO,
48 pp., L.4500
SuperCiano:
ULTIMA GUERRA,
48 pp., L.4000
Luigi Bontempi: GENE-
PALE LUDD & CAPITAN
|WING, 48 pp., L. 5000
Bontfmpi;
BYT€^RUGGINOSj,
>8 pp.,-C
Gkisapf^Bucai^LA
MALATTIA.MENTALE
NON ESlSfU
48 pp., t.^^0
Telefono Viola: EFFETTI
COLLATERAL!, uso e
abuso di psicofarmaci,
48 pp., L. 5000
Guy Debord:
I SITUAZIONISTI E LE
NUOVE FORME D’AZIO-
NE NELLA POLITICA E
NELLARTE,
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Internal Situationniste:
LA CRITICA DEL
LINGUAGGIO COME
LINGUAGGIO DELLA
CRITICA,
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Stud di Strasburgo e
I.S.: DELLA MISERIA
DELL’AMBIENTE STU-
DENTESCO,
48 pp., L. 4000
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Situazionista (sez.
inglese): LA RIVOLUZIO-
NE DELLARTE MODER-
NA E LARTE MODERNA
DELLA RIVOLUZIONE,
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Raoul Vaneigem: Al
VIVENTI. Sulla morte
Che li governa e suH’op-
portunit^ di disfarsene,
176 pp., L 18000
#1- 1994, pagine 152, L. 15000
Universalita dell’esperienza psichedelica;
L’utilizzo degli allucinogeni per scopi religiosi;
Luomo deinSD; Albert Hofmann;
Sciamanesimo fra i Matses; Tabacco: poteri
divini e cancerosita; Anoressia e misticismo;
L’uso del cactus mescalinico Trichocereus
Pachanoi nella medicina tradizionale andina;
Realta virtuale e autogestione della coscienza;
L’immagine terapeutica nello sciamanesimo *
amazzonico; Ayahuasca: la sacra bevanda
dell’Amazzonia; Funghi allucinogeni italiani.
#2- 1995, pagine 152, L. 15000
Ayahuasca e analoghi dell’Ayahuasca, enteogeni universali
per il prossimo millennio; Psiconauti del 2000; L’uomo e la
cannabis; La cannabis di dentro; La marijuana come
medicina; L’addomesticamento della molecola selvaggia;
Bibliografia italiana sulla Cannabis; Danza e stati modificati
di coscienza; Possessione, Trance e vita quotidiana;
Ecstasy; Le erbe del diavolo: aspetti antropologici, botani-
ca, chimica e farmacologia; Bibliografia sulle solanacee
allucinogene.
#3- 1996, pagine 152, L. 1500p«m
Ritorno ad Eleusi; polveri da fiuto alluci¬
nogene nel Cile precolombiano; (Jabala
ed enteogeni; Droghe da guej;#^j,r
profumi della notte Gnaua, Benzoifio e
ruta siriaca; II dojppio omosessuale e la
trance; L’MDMA e le terapie psichedeli-
che: una prospettiva storica; Un viaggio
con una forte dose di 2C-B; Ecstasy:
neurodanze ed abusi; Rave, sostanze e
rit(m)o; Sonority rave: una discografia
minima; Bibliografia sugli empatogeni.
#4- 1997, pagine 152, L 15000
lerobotanica Mesopotamica; miti e credenze
enteogeniche nell’antica Grecia; I culti misterici
e la nascita del pensiero greco; Allucinogeni,
psichedelici, enteogeni: come li chiamiamo?;
Stati di coscienza e psicopatologia: storia di un
equivoco; Aspetti simbolici dell’intervento
terapeutico nello sciamanesimo nepalese; Le
droghe allucinogene nella ricerca e nel tratta-
mento psichiatrico; Applicazioni terapeutiche
,deoJi stati modificati di coscienza; Iboga: la
fidice degli antenati.
#§• 1998, pagine 152, L 15000
Stati modificati di coscienza, allucinogeni e
sessualita; La dissociazione estatica;
L’importanza del peyote nella cultura
Huichol; In sintonia con it mondo verso
Virikuta sulla via di Hikuri il peyote; Arte
HuichoLI Navajo e il peyote; Cactus
mescalinici; Peyote e mescalina; bibliogra-
fia essbnziale; Intervista alia sciamana
Nadia Stepanova; II manifesto della nuova
psichedelia; I’alba della transe; Ayahuasca
• e sciamanesimo nella terapia della
tossicodipendenza; II viaggio del paziente
Jakiwasi; Ayahuasca: un fenomeno
sciamanico per il terzo millennio;
Stirti modificati di coscienza della e nella
reclusione.
Stampato
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nel Febbraio 1999
da Stampatre
Torino
]JI
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^'’antropologia, laHiotanipa, retnollffi|m
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-'dairess^rsi conclusa. Nk "
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